Franco Ricciardiello e la Scrittura
La sesta puntata del racconto sul mio rapporto con la scrittura è presa dalla prefazione al romanzo “Radio Hasselblad”, che ho reso disponibile in autopubblicazione dopo che è uscito dal catalogo Mondadori: racconta l’inizio del nuovo millennio, la pubblicazione di “Aux frontières du Chaos” in Francia presso Gallimard, e poi altre traduzioni in Francia e Grecia; termina con la vittoria al premio Gran Giallo Città di Cattolica.
continua dalla quinta parte
Io e lei, parte III
(da Franco Ricciardiello, “Radio Hasselblad”, 2015)
Il nuovo millennio si apriva per me sotto i migliori auspici. La notte di San Silvestro inaugurai l’anno 2001 iniziando la lettura di Mason & Dixon di Thomas Pynchon, acquistato un mese prima e messo da parte per l’occasione. Oramai la fantascienza aveva uno spazio sempre minore nelle mie letture. A Pynchon ero arrivato grazie alla “guida schematica” scritta da Richard Kadrey e Larry McCaffery in appendice al volume rilegato Cyberpunk curato da Piergiorgio Nicolazzini per l’Editrice Nord. Già qualche anno prima avevo letto V. e L’incanto del lotto 49, anche se fu L’arcobaleno della gravità a cambiare la mia idea di letteratura. Da Pynchon in poi il mondo aveva un sapore nuovo, e lo sterminato continente postmoderno sul quale mi affacciai (DeLillo, Wallace, Gaddis, Vollmann, Rushdie, Eco, Chandra, Murakami, Mo Yan e molti altri ancora) è ancora in buona parte da esplorare.
Il 18 gennaio 2001 apparve nella collana Imagine della casa editrice Flammarion il romanzo Aux frontières du chaos, edizione francese di Ai margini del caos. Avevo ottenuto dal traduttore Jacques Barbéri di supervisionare in anteprima il testo. In primavera fui invitato ufficialmente alle Utopiales a Nantes, grande appuntamento della fantascienza transalpina, insieme a autori di tutta Europa. In Francia era davvero il momento degli italiani, grazie al fantastico exploit di Valerio Evangelisti che ci aveva trascinati con sé, a partire da Luca Masali che ebbe un buon successo con la traduzione di I biplani di D’annunzio.
Non era la prima volta che partecipavo a un congresso francese: ero già stato a quello di Nancy e anche a Poitiers, in entrambi i casi insieme a Nicolazzini, che era divenuto il mio agente letterario, e ogni volta avevamo fatto tappa a Parigi. In una di queste occasioni ci recammo in visita alla sede di Flammarion, che allora era in rue Racine, pieno Quartiere latino; incontrammo l’editor Jacques Chambon, che purtroppo sarebbe morto prematuramente pochi anni dopo. In occasione della presentazione al pubblico dell’antologia Fragments d’un miroir brisé, raccolta di autori italiani selezionati da Evangelisti, conobbi un altro editor, Doug Headline, e anche Cesare Battisti, che in quegli anni non era ancora famoso perché la sua latitanza non sembrava indignare che i pochi che in Italia si ricordavo di lui. Battisti era ben inserito nel milieu letterario parigino, e pubblicava romanzi neri per Payot.
Il 2001 fu un anno anomalo nella mia carriera: l’unico in cui fui pubblicato solo all’estero e non in Italia. Sulla raccolta Utopiae 2001- Fin de l’Odyssée? apparve Torino nella traduzione di Éric Vial. Intanto Aux frontières du chaos raccoglieva in Francia molte recensioni, quasi tutte positive; quella su Litteraire.com, a firma di Isabelle Roche, arrivò a commuovermi:
Continua a leggereAu fond, c’est la sensation confuse que ce roman n’obéit à aucun des codes romanesques habituellement en vigueur qui dérange tant. […] L’expérience qui constitue la lecture de ce livre se situe, elle aussi, “aux frontières du chaos”. In fondo, è la confusa sensazione che questo romanzo non obbedisca a nessuno dei codici romanzeschi in vigore che disturba tanto. L’esperienza che costituisce la lettura di questo libro si situa, essa stessa, “ai margini del caos”.