«Oltre l’Eden»: il doppio film di Alain Robbe-Grillet

La prima presentazione libraria organizzata per l’uscita di “Storie di Parigi” mi dà l’occasione di pubblicare in questo post l’ultimo brano stralciato dal testo.

Catherine Jourdan

L’argomento è un doppio film del regista Alain Robbe-Grillet, probabilmente più conosciuto come scrittore, meglio ancora come teorico del Nouveau Roman o École du regard, corrente che prende le distanze dallo psicologismo; per esempio nel romanzo “Le gomme” (Les Gommes, 1953), con il pretesto di un’indagine poliziesca per catturare il responsabile di un omicidio che ancora non c’è stato, Robbe-Grillet inscena uno stile fenomenologico: invece di immedesimarsi nei personaggi (il punto-di-vista) descrive le cose. È la “teoria della superficie pura” — a proposito di un successivo romanzo, “La gelosia” (La jalousie, 1957) l’autore stesso lo definisce scritto da un narratore in “terza persona assente”, rovesciamento di prospettiva della “terza persona immersa” della creative writing.

È facile per i contemporanei percepire la sua narrativa come una serie di film abortiti, o tentativi cinematografici in potenza. Naturale quindi che questa poetica della superficie lo porti a interessarsi di cinema, l’arte dell’immagine, del suono, dei cinque sensi: prima scrive sceneggiatura e dialoghi di uno dei più fortunati film francesi degli anni Sessanta, “L’anno scorso a Marienbad” (1961) di Alain Resnais, poi passa egli stesso alla regia per dirigere dieci pellicole tra il ’67 e il 2006. Due di queste sono in realtà prodotte con lo stesso materiale montato in maniera differente. Dopo tre film in bianco e nero, esigenze commerciali richiedono che Robbe-Grillet cominci a lavorare con il colore; il regista temporeggia, soprattutto perché prova un’avversione irrazionale per il verde. L’ispirazione gli viene mentre si trova in Tunisia, osservando il paesaggio diviso tra l’azzurro saturo del cielo estivo e il bianco assoluto dei muri affrescati a calce. Sull’isola di Djerba, il verde è assente persino dalla vegetazione.

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Persepolis

Lucio Flavio Arriano, “Anabasi di Alessandro”, libro III, 18

10. Alessandro di nuovo marciò spedito verso il fiume e, trovando il ponte già costruito, passò agevolmente con l’esercito. Di qui si diresse rapidamente verso Persepoli cosicché giunse prima che le sentinelle rubassero le ricchezze. 11. Si impadronì anche delle ricchezze a Pasargade, che erano state tra i tesori di Ciro il vecchio. Incendiò la reggia persiana, contro il parere di Parmenione che la voleva salvare: non era bello, diceva tra l’altro, che Alessandro distruggesse ricchezze che ormai gli appartenevano; gli abitanti dell’Asia inoltre, non l’avrebbero accolto benevolmente vedendo che non aveva in animo di conservare per sé l’impero dell’Asia, ma di percorrerlo da conquistatore. 12. Alessandro però diceva di voler punire così i Persiani che avevano distrutto Atene e bruciato i templi al tempo della spedizione in Grecia. E disse che intendeva punirli per tutti gli altri mali che avevano inflitto ai Greci. Quanto a me, io non credo che Alessandro abbia agito ragionevolmente in questa occasione, né penso che questa fosse una punizione per i Persiani di un tempo.