DALL’IMMAGINE ALLA SCRITTURA.
La casa editrice Delos Digital ha pubblicato in eBook la nuova versione di un mio romanzo breve che prende il nome da un dipinto del pre-raffaellita Edward Burne-Jones (nel racconto, è citato come «Edward Burnett-Jones»), La scala d’oro: si tratta di un’avventura di fantascienza ambientata di un mondo futuro, o forse parallelo al nostro, abitato solo da esseri umani di sesso femminile. Il plot ha la struttura narrativa del giallo: un’allieva in un’esclusiva università in Islanda, che attrae studentesse da tutta Europa, viene ritrovata strangolata. Una sua cara amica si trova al centro di un turbine di mistero che coinvolge un libro proibito, morti violente, segreti forse inconfessabili e il tradizionale dominio delle Madri Andate, le decane dell’istituzione universitaria così vecchie da rimanere sospese in uno stato di quasi morte.
Non è certo la prima volta che un’opera d’arte, quasi sempre un dipinto, ha un ruolo fondamentale in un mio testo: il mio romanzo più conosciuto, dal quale prende il nome questo blog, ruota intorno alle cinque versioni dell’Isola dei morti dipinte da Arnold Böcklin, e contiene molte riflessioni a proposito della forza evocativa delle immagini.
A mio avviso, ci sono tre modi in cui un oggetto d’arte può interagire con un testo letterario: come ispirazione, come documentazione, come elemento della trama.
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