I «Ragazzi Morti» di Richard Calder

Questa è la seconda parte di un post dedicato alla trilogia di Richard Calder; la prima parte è stata pubblicata due settimane fa.

Il secondo volume della trilogia, pubblicato a due anni di distanza, è un’opera di carattere molto differente. I dettagli romantici del primo episodio lasciano posto a uno scenario terrificante, giocato sulla sanguinosa lotta tra le lilim, che ormai sono diventate milioni perché Titania è riuscita a spargere il morbo delle bambole in tutto il mondo, e la loro controparte maschile, gli elohim (parola che nell’ebraico dell’Antico Testamento è il titolo del dio di Israele): questi ultimi, nell’ordine di un migliaio, sono i “ragazzi morti”, che hanno contratto il morbo delle bambole: o forse sono una creazione di Meta, l’evoluzione finale che rappresenta la fusione delle coscienze di tutte le “ragazze morte”. La funzione degli elohim sembra essere quella di tenere sotto controllo la rapida espansione demografica delle lilim. Infatti, così come la matrice delle dead girls contiene un insopprimibile desiderio di morte, gli elohim provano l’irresistibile impulso di uccidere senza sosta le loro “sorelle” in Meta.

Come due razze diverse, o come due facce della stessa medaglia, gli uni rappresentano un’estremizzazione radicale dell’aggressività maschile, della violenza possessiva che si spinge fino al femminicidio; le altre sono l’apoteosi di una concezione leziosa e gotica del femminile, simili a bambole di porcellana che adorano vestirsi di indumenti Belle époque, forse ispirati da certi eccessi delle cosplayers giapponesi di oggi.

Il romanzo è costruito a capitoli alterni, nel presente del 1994 e nel futuro. Dopo la morte di Primavera, Ignatz Zwakh ha preservato l’utero della sua amata lilim che ne contiene la matrice quantistica. Iniettandosi sostanze lilim, Ignatz vede un futuro in cui le bambole si sono evolute in Meta: le lilim cercano di infettare i maschi umani, e gli elohim danno loro la caccia uccidendole in maniera rituale, di solito con armi bianche, come si iniziò a fare sotto il governo del Fronte Umano. In questo indesiderabile futuro, l’inquisitore elohim Dagon dà la caccia alla lilim Vanity St Viridiana che si sta dirigendo su Marte, dove le è stato offerto rifugio.

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Franco Ricciardiello, turista non per caso

di Guido Michelone

Negli ultimi tre anni ha pubblicato per Odoya quattro volumi riferiti ad altrettante splendide metropoli: Torino, Venezia, Berlino, Parigi. I testi si intitolano ‘Storie di’

Il presente è il repost di un articolo apparso su InfoVercelli24.

Il Covid-19 o Coronavirus sta massacrando il turismo in tutto il mondo, in particolare in Italia dove si trova il 50% del patrimonio artistico internazionale. Al di là dei limiti dei viaggi internazionali, ci sono via via la paura di nuovi contagi, la mancanza di aperture totali per luoghi come i musei, la difficoltà per le famiglie di disporre dei mezzi per lunghe o medie vacanze a frenare il gusto della scoperta, dell’avventura o di un semplice relax ai mari, ai monti o in città d’arte. E proprio quest’ultime, che patiscono di una crisi senza precedenti, diventano l’inedito soggetto per nuovi libri di un noto autore vercellese che da sempre si dedica al romanzo noir e science-fiction: Franco Ricciardiello.

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Le «Ragazze Morte» di Richard Calder

La vicenda editoriale di Richard Calder in Italia è il tipico esempio di come la fantascienza nostrana, ancora più di quella anglosassone e di altre fantascienze autoctone, non riesca a valorizzare le voci che potrebbero portare a un radicale cambiamento della percezione del genere, agli occhi del pubblico e della critica.

Richard Calder, nato nel 1956 a Londra e vissuto per oltre un decennio in Thailandia e Filippine per sfuggire ai «vincoli fisici e psicologici della nauseante periferia della sua infanzia», ha iniziato a pubblicare a trentasei anni. Non sono molte le opere nella sua bibliografia; in Italia sono apparsi negli anni Novanta tre racconti in antologie cyberpunk (benché sia decisamente opinabile la sua appartenenza al sottogenere), più due romanzi: per l’Editrice Nord Virus ginoide (Dead Girls, 1992), titolo orribile ma splendida traduzione di Fabio Zucchella, e su Urania L’ultima invasione (The Twist, 1999), grazie a una precisa scelta del compianto Giuseppe Lippi. In totale, in 18 anni di carriera (dal 2010 non pubblica più) Calder ha pubblicato in inglese solo dieci romanzi.

Eppure apparentemente Richard Calder ha tutti i requisiti per piacere: un’immaginazione pirotecnica, una capacità rara di creare mondi, società, situazioni narrative squisitamente fantascientifiche (anche se egli si definisce piuttosto surrealista), una fantasia visionaria e un’invidiabile padronanza del “futuribile”. Perché allora ha avuto un successo limitato, conservando solo uno zoccolo duro di estimatori; e soprattutto, perché in Italia non ha proprio sfondato?

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