Horrakh all’infinito. La (de)coerenza della fs italiana

Avendo fatto nelle settimane scorse alcuni post su un social media, nei quali parlavo di fantascienza scritta da italiani, sono costretto a constatare un fatto singolare (ma, dopotutto, assolutamente in linea con la nostra psicologia di fan): se scrivo bene di un determinato libro, i commenti dicono che “le mie recensioni sono analitiche e puntuali”, “accendono la voglia di leggere”, “aiutano gli autori a migliorarsi”; quando invece in un altro post lamento che il panorama della sf italiana è “un po’ ingessato, asfittico”, vengo accusato (non necessariamente dagli stessi commentatori e commentatrici) di “commenti gratuiti e negativi” e di pensare che “i miei gusti siano universali”.

C’è una parte del fandom, non so quanto consistente, che ha la coda di paglia; i commentatori potrebbero anche essere autori esordienti, rimane il fatto che non abbiamo l’abitudine ad accogliere le critiche negative. Va da sé che molti recensori si regolano come il sottoscritto: se un testo non mi piace, non ne scrivo, per evitare di danneggiare un ambiente già di per se spento, svigorito.

Non per questo ho intenzione di astenermi dal disapprovare lo stato dell’arte.

Bene, allora qual è la soluzione? Cosa possiamo fare per migliorare il livello della fantascienza italiana — ammesso che qualcosa si possa fare?

La mia risposta è semplice: una Macchina del Tempo.

Una macchina del tempo per tornare agli anni Settanta e Ottanta, quando è successo qualcosa di irreparabile e abbiamo perduto, o lasciato andare, un autore come Livio Horrakh. Perché è questo il mio antidoto alla irrilevanza della sf italiana: dateci più Horrakh, riportiamo la fantascienza sull’altra diramazione dell’albero, quella che avrebbe potuto essere e non fu. Siamo noi per primi ad avere bisogno di un’ucronia. In quell’altro mondo, un romanzo come Memphis all’infinito di Livio Horrakh sarebbe uscito per Einaudi, e l’avrebbe letto anche chi non ha mai preso in mano un libro di fantascienza, e magari sarebbe finito nella cinquina del Premio Strega.

L’immagine è tratta dalla pagina autore sul sito Amazon
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eBook in offerta da Delos

La casa editrice Delos Digital effettua a rotazione un’offerta-sconto del 50%, ogni mese sui titoli di una signola collana. Per questo mese di luglio tocca alla collana Futuro Presente, che pubblica opere di fantacienza sociale, la social SF che negli anni Settanta veniva tradotta con una locuzione orribile, “fantascienza sociologica”. Futuro Presente è curata da Giulia Abbate e Elena Di Fazio. Ho pubblicato ben cinque racconti lunghi/romanzi brevi nella collana, adesso sono tutti in offerta a € 0,99.

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Futuro Presente n. 9

Ottobre 2028. L’osservatore della FAO Nicola Cassarà partecipa alla Nīlēmārca, la Marcia Azzurra, attraverso l’Indostan fino a Nuova Dehli. Il suo scopo è toccare con mano il più controverso esperimento agricolo della storia: la coltivazione estensiva del nīlējau, l’orzoblù, cereale azzurro il cui genoma è giunto dallo spazio attraverso un messaggio interstellare. Salvezza o invasione aliena? In un piano di esistenza onirico e impalpabile, l’esercito del Teikoku si prepara a entrare nel cuore azzurro dell’Indostan…

Tra scienza e fede, sogno e realtà, l’immenso Franco Ricciardiello ci conduce in una storia suggestiva, dove le implicazioni sociali, politiche ed economiche fanno da contraltare a scenari esotici e incredibilmente vividi.

Incipit

Seduto subito dietro le spalle dell’autista dalla pelle scura come cuoio, Nicola Cassarà si trova alla stessa altezza della testa dell’elefante che cammina in strada, appena fuori dal finestrino dell’autobus. L’animale volta di lato il capo per guardarlo attraverso il cristallo, l’enorme occhio nero chiuso da una palpebra di pelle spessa, grigia come roccia. Onde di vividi colori dipinte sulla pelle corrono dalla proboscide al dorso e più indietro, fino alla piccola coda ridicola che frusta l’aria per cacciare le mosche. Nicola vive per interminabili secondi in una sospensione onirica, perde i riferimenti spaziali a causa della massa dell’elefante che fluttua come un miraggio oltre il fragile cristallo. Ha l’impressione di poter toccare con la mano il giaietto vivo dell’occhio grande come un pugno; poi l’autista dell’autobus svolta a passo d’uomo in mezzo alla folla, appoggiando tutto il peso sul clacson e fermandosi con grande sollievo di Cassarà nel vastissimo parcheggio sterrato dove migliaia di altri automezzi sono disposti a pettine.

Fa meno di un’ora avrà inizio la Marcia Azzurra che in cinque settimane raggiungerà Delhi, risalendo a piedi il corso del Gange per millecinquecento chilometri in linea d’aria. Nicola Cassarà si alza in piedi nel corridoio dell’autobus e tenta di stirare le membra indolenzite mentre l’aria condizionata viene meno, e un muro di calore appiccicoso s’insinua dalle porte che si aprono con un sospiro. Gli ricorda la sensazione di poche ore fa, quando il suo volo da Delhi è atterrato nel cuore della notte, e lui è uscito insieme a ondate di passeggeri dall’aeroporto di Kolkata nell’aria soffocante di ottobre, spessa come vapore acqueo. Gli automezzi grandi come pachidermi aspettavano in fila nel parcheggio del Chandra Bose, gli autisti indossavano camicie bianche impeccabili, senza traccia di fatica.

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«Termidoro», un’avventura nel cuore della Rivoluzione

UN ROMANZO DI VIAGGIO NEL TEMPO

termidoro-franco-ricciardielloEsce oggi giovedì 27 ottobre nella collana Odissea della casa editrice Delos Digital, un mio romanzo di fantascienza inedito. Non è la prima volta che metto il tema del viaggio nel tempo al centro di una storia, e non ho mai fatto mistero della mia predilezione per questo sottogenere. La science-fiction ha avuto origine dai romanzi di Verne e H.G.Wells, dunque dal primo contatto con gli extraterrestri, dai viaggi spaziali, dalle visioni del futuro tecnologico, dai viaggi nel tempo.

Due possono essere i centri di interesse nel sottogenere letterario “viaggi nel tempo”: le speculazioni intorno ai paradossi logici (di recente, ottimo esempio è quello di La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger), oppure il pretesto per “viaggiare nella Storia”. È evidente che quello che da sempre mi interessa è il secondo.

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