Quella che segue è la presentazione che ho scritto per il libro “Un Batman inadeguato“, poesie e racconti di Donato Scienza, uscito ad aprile per la casa editrice Il Punto Rosso
Italiani popolo di santi, navigatori, influencer e poeti. Mi dicono che una certa influencer ha pubblicato un libro dopo aver confessato di non averne mai letto uno, che poi è come cucinare una torta a sette piani senza aver mai messo neppure una moka sul fuoco, o scrivere una sinfonia perché hai sentito fischiettare una canzonetta per strada, o ancora decidere di affrescare la Cappella Sistina perché ti piacciono le emoticons.
Il problema è che tutti noi usiamo le parole ogni giorno, da quando impariamo a parlare fino a quando chiudiamo per l’ultima volta gli occhi, e siamo convinti che scrivere significhi mettere lì sulla carta le parole così come ci vengono in mente.
Nulla di più falso. Provate a farlo e sarà come sbattere la faccia contro un muro. Prendiamo qualche verso apparentemente semplice; per esempio
Parlami dell’amore.
Parlami
e deludimi
se un poco mi ami!
Davvero siamo convinti che basti pensarle, così, e mettere le mani sulla tastiera del computer, per trasformare le parole in poesia? E cosa ci fa pensare che la poesia sia fatta di parole?
Le parole sono unicamente la punta dell’iceberg, la parte visibile, la poesia è sotto la superficie, nel profondo inconfessabile che l’autore e il lettore hanno in comune. I versi sono il dito sul grilletto, la poesia è il colpo che ti esplode nello stomaco. Ecco il grande fraintendimento: tutti usiamo le parole, ma quanti vivono e quanti si lasciano vivere? Leggiamo:
Sposami gli occhi
la mattina,
Nebbia e furore.
e cosa sentiamo sotto, nell’iceberg sommerso? Perché ci sono anche poeti che non hanno conoscenza della vita, ma non ce ne sono che non conoscano le parole, o se sì, significa che proprio poeti non sono.
E poi naturalmente ecco anche quelli che conoscono l’una e le altre, ed è una fortuna per tutti, tranne che per loro. Perché di solito per scrivere il bello e per scrivere il vero non basta aver vissuto: devi aver sofferto. E se hai sofferto e conosci le parole, il tuo dolore sarà ancora più profondo, tanto fondo quanto possono descriverlo tutte le parole che conosci, perché più ne conosci per un sentimento, amore o sofferenza, passione o scontento, più intenso sarà quel sentimento.
Questo inadeguato Batman è un uomo che ha vissuto. Scrive di cose comuni, amore, rimpianti, la nebbia, le gomme dure delle biciclette, e di altre meno ordinarie, l’Australia, Freud e Lacan, l’essere antifascista. Quando racconta l’amore sembra che parli di politica, quando scrive di anarchia sembra il testo di una canzone d’amore — ma è giusto così, perché c’è più significato nelle parole che nella vita, e c’è più sentimento nei segni che nel loro significato.
E dunque, per favore, provaci ancora, Ippolito.