Sognavamo metropoli d’acciaio

Il presente post è il testo dell’intervento che ho tenuto in pubblico al MuFant, Museo dalla fantascienza e del fantastico di Torino, il 13 novembre 2022, in occasione della Biennale Tecnologia Torino, il cui programma era dedicato alla Città.


La Città Futura nella letteratura di fantascienza: non solo macchine volanti

Nel suo secolo abbondante di vita, la fantascienza non ha raccontato solo extraterrestri, astronavi, robot e viaggi nel tempo; fino dai suoi albori come genere letterario, al centro del suo immaginario c’è stata anche la Città.

La città è il centro propulsore della seconda rivoluzione industriale, il luogo dove la tecnica si dispiega con tutta la forza, dove la scienza trova laboratori, cervelli, centri di ricerca, dove sorgono fabbriche e si concentra la manodopera, dove il denaro si forma e si moltiplica. La città sembrava, alle generazioni di inizio Novecento, una porta su un magnifico futuro di progresso.

Ancora più che nel passato, oggi la città diventa una vetrina dell’intelligenza umana, il volto della civiltà, ed è facile intuire che la sua importanza crescerà ancora nei prossimi anni.

La città del futuro ha affascinato non solo scrittori e scrittrici, ovviamente; anche l’illustrazione di fantascienza si è nutrita dei medesimi sogni, anzi parola e immagine si sono alimentate l’una con l’altra:

“Le città del futuro hanno affascinato gli illustratori di fantascienza almeno quanto hanno affascinato gli scrittori e molte illustrazioni hanno dipinto vaste e complesse strutture che gli artisti si sono raffigurate con gli occhi della mente. Strade scorrevoli, marciapiedi sopraelevati, marciapiedi mobili, taxi aerei, apparecchiature per lo spostamento aereo individuale, corsie per il traffico automatizzato per macchine controllate da computer, enormi edifici di vetro e grandiose cupole che racchiudono intere metropoli… La lista è infinita e la varietà senza fine.”

(Frederik Pohl, “Introduzione a una sociologia aliena”, in Enciclopedia della fantascienza, vol,. 5, editoriale Del Drago 1980)

Questo intervento vuole presentare, per sommi i capi ma spero anche, in maniera approfondita, la varietà dei modi in cui la Città è stata protagonista della letteratura di fantascienza, tenendo anche presente l’immaginario degli artisti visuali, in omaggio a quel “circolo virtuoso” di ispirazione che attinge a un sense of wonder rintracciabile nell’illustrazione di fantascienza, come nella narrativa.

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Io e Lei (2)

Franco Ricciardiello e la Scrittura

Continuo a pubblicare il lungo racconto sul mio rapporto con la scrittura che riprende, nella sua pare iniziale, un intervento pubblicato sulla fanzine Intercom, dietro invito di Danilo Santoni, nel 1989: Io e lei, dedicato al rapporto personale con la fantascienza.

Il post stavolta riproduce la seconda metà di quel primo intervento, e racconta gli anni dal 1985 sino a fine decade, con le prime affermazioni nel campo della fantascienza, e i primi sostanziali riconoscimeni, quelli che ti incoraggiano a continuare.


Io e Lei: Franco Ricciardiello e la fantascienza (parte II)

(da Intercom n. 105/106, 1989)

continua dalla prima parte

Il Premio Letterario città di Montepulciano con il suo milione di lire di primo premio faceva gola a tutti. Era il gennaio 1986 e avevo bisogno di un racconto per partecipare. Ancora una volta lo scrissi in una settimana, influenzato dalle mie letture sulla guerra di Spagna, da un libro fotografico del Touring Club, dal trench blu aviazione di una ragazza che frequentava con me un corso di spagnolo e dal ricordo di una finlandese dai capelli color del lino conosciuta più a nord del Circolo polare artico. Il titolo del racconto, Tutti i miti dell’Ebro, può essere fuorviante perché la narrazione si svolge a Córdoba. E, coincidenza, proprio mentre mi trovavo in viaggio a Córdoba mi raggiunse la notizia (per bocca di mio fratello) che mi ero piazzato secondo, che Prassi aveva portato a casa per me un attestato con la firma di Moravia (che fa sempre impressione sui genitori) e una targa di velluto e alluminio con il mio cognome scritto correttamente. L’assegno di cinquecentomila lire ci permise di acquistare la nostra prima automobile.

Considero a tutt’oggi [1989, NdA] questo racconto come il mio migliore, soprattutto per i seguenti motivi: 1) perché, come ho già detto, lo scrissi di getto, quasi senza cambiare una parola; 2) perché volevo creare per me una Spagna che ritenevo di non poter visitare quell’anno; 3) perché è il più politico dei miei racconti; 4) perché rappresenta la sessualità nel modo che mi è più congeniale; 5) per quel trench blu aviazione e quei capelli di lino; 6) perché trovo che luoghi come la Porta del Perdono e il Patio degli Aranci abbiano suoni ben più fantastici che Minas Tirith o Cimmeria; 7) perché per la prima volta usai in modo sistematico il dizionario dei sinonimi; 8) perché sono riuscito (mi pare) a scrivere venti cartelle con una trama pressoché inesistente, con un tempo soggettivo frantumato fra il passato, il presente e il futuro che alla fine mi ha lasciato in mente solo una sensazione di stagnazione, d’immobilità e fatalismo che mi pare rappresentino emblematicamente la letteratura odierna di fronte al tramonto culturale dell’occidente.

Nel frattempo il romanzo La rocca dei Celti era stato accettato dagli amici della Cooperativa Ambra, cui io stesso mi unii, e previa modifica di un capitolo si diede il via alla pubblicazione. Il secondo romanzo da me scritto abortì, perché avevo affrontato un tema troppo ampio per le mie forze: l’influenza della filosofia politica ed economica di John Locke su una società mondiale in cui la proprietà statale è suddivisa tra i cittadini a mezzo di azioni[i].

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Io e Lei

Franco Ricciardiello e la Scrittura

Inizio a pubblicare in una serie di post successivi, data la lunghezza, questo racconto, che spero risulti esaustivo, sul mio rapporto con la scrittura.
La stesura delle prime parti risale a molto tempo fa.
Nel 1989 Danilo Santoni propose a alcuni collaboratori fissi della sua fanzine Intercom di scrivere un testo intitolato Io e lei, dedicato al rapporto personale con la fantascienza; se non ricordo male ne apparvero tre edizioni su numeri consecutivi, a firma del sottoscritto, di Roberto Sturm e di Santoni stesso. Nel mio intervento raccontavo di come mi fossi lasciato sedurre dal sense of wonder fin da ragazzo, e dei miei esordi nella narrativa di genere; scrissi poi un seguito, dalla fine degli anni ottanta e fino all’inizio del nuovo millennio, per la prefazione dell’antologia Compagno di viaggio uscita nell’agosto 2015 dall’editore Marco Cordero. La terza parte apparve per la prima volta come prefazione all’edizione eBook del mio romanzo Radio Hasselblad, uscito originariamente su Urania Mondadori nel 2002 con il titolo Radio aliena Hasselblad, rimesso a disposizione del pubblico come auto-produzione dopo essere uscito dal catalogo.
Ho poi deciso di continuare periodicamente il racconto; ho quindi scritto la quarta parte, che racconta il periodo dal 2011 al 2020, all’inizio del 2021.

Nel 1981, a 19 anni, appena prima del servizio militare
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