Decrescita felice

di LAURA GARONZI

Il presente post è un estratto della tesi di laurea di Laura Garonzi, università degli studi di Verona, anno accademico 2016-2017, intitolata “Fantaeconomia – la narrativa che immagina l’economia del futuro”, relatore prof. Matteo Rima, e viene pubblicato per gentile concessione dell’autrice.

Aykut Aydoğdu (Turchia), dal set “Behance”

[…] Dal 2011 al 2013 il Pil italiano è calato per due anni consecutivi registrando un periodo di recessione provocato dalla contrazione dei consumi e dalla diminuzione degli investimenti nell’economia. In quel periodo l’estenuante situazione di crisi e la consapevolezza della non sostenibilità del modello economico fino ad allora mantenuto ha alimentato il dibattito politico facendo così diventare la decrescita felice un tema caldo. La raccolta di racconti Terra Promessa  […] affronta proprio questo argomento molto specifico dell’economia, come si riscontra subito dal sottotitolo Racconti di fantadecrescita. I racconti si basano infatti sulla teoria della decrescita, sviluppata da Serge Latouche (1940), filosofo ed economista francese che ha criticato l’ideologia del produttivismo e del consumismo. Latouche definisce il significato della decrescita attraverso otto obiettivi (o comportamenti virtuosi) per un circolo virtuoso di decrescita serena, conviviale e sostenibile affermando che «il cambiamento reale di prospettiva può essere realizzato attraverso il programma radicale, sistematico, ambizioso delle “otto R”: rivalutare, ridefinire, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare».[1]

È vero che rinunciando a qualcosa della nostra modernità si vivrebbe meglio?

È in questo contesto politico ed economico che Gian Filippo Pizzo ha deciso di porre a diversi autori una domanda su cui riflettere: è vero che rinunciando a qualcosa della nostra modernità si vivrebbe meglio? Su questo interrogativo si strutturano i dieci racconti di fanta-decrescita che sono stati raggruppati nella raccolta Terra Promessa. Nella sua introduzione al libro il curatore ammette sinceramente che quando Marco Solfanelli, direttore editoriale della casa editrice Tabula fati, gli ha proposto di occuparsi di un’antologia sul tema della decrescita non era del tutto convinto. Credeva infatti che questo argomento fosse abbastanza ostico e soprattutto temeva che gli autori a cui normalmente faceva riferimento rispondessero con testi a senso unico in favore della decrescita. Tuttavia così non è stato; Gian Filippo Pizzo ci tiene infatti fin da subito ad avvisare il lettore che all’interno della raccolta «ci sono autori a favore e altri contro, e quelli contro criticano la decrescita sia da destra che da sinistra. E altri che pur favorevoli ne mettono in luce le possibili devianze. E chi invece propone un sostanziale pareggio, mantenendosi neutrale».[2]

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L’approdo della pittura nella science-fiction: «Ai margini del Caos» di Franco Ricciardiello

di JACQUELINE SPACCINI
docente di italiano all’università di Caen

Il presente post è tratto da un capitolo di:
Jacqueline Spaccini
Sotto la protezione di Artemide Diana. L’elemento pittorico nella narrativa italiana contemporanea
ed. Rubbettino 2008
ISBN 9788849822564

Ai margini del Caos è un romanzo pubblicato per i tipi Urania Mondadori nel 1998 e successivamente tradotto in varie lingue. L’azione si sviluppa tra Basilea e Torino: la prima scena si apre sul Kunstmuseum della città svizzera, ove si conserva Die Insel der Toten (L’Isola dei morti, 1880), il quadro di Arnold Böcklin che è al centro del romanzo. Torino è la città dei due protagonisti, Leonida (detto Nico) e Vittoria (detta Vic).

La storia si svolge alla fine degli ani Novanta, in un contesto apparentemente radical-chic: Nico (Leonida Cassino) è, tra l’altro, paroliere di canzoni protestatarie, traduttore, sceneggiatore di documentari storici, redattore di «consegne» enciclopediche, autore di fiction televisive; Vic (Vittoria Rossa Altieri) è la moglie di Werther Bindi, professore universitario, studioso della Germania nazista. Altri personaggi sono: Antonio, che lavora presso un imprecisato ospedale, ma che ha superato un esame sulla caduta del terzo Reich all’università di Berlino; sua moglie Christa che crea software collegati all’analisi della Storia; Fabiana, Roberto, Skif e Dani che fanno parte degli Hasta Siempre, gruppo musicale dub[i]; Wendy che è una borsista universitaria, e così via.

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Shanghai 2012

Terza tappa di un viaggio in Cina, 2012

A metà mattina di giovedì prendiamo un treno veloce classe G per Shànghăi, percorrenza 45 minuti, e poi un taxi dalla stazione ferroviaria principale al nostro albergo, l’ostello della gioventù Le Tour nella zona del tempio Jìng’ān; l’ingresso di apre su un vicolo laterale (lĭlòng) al 319 di Jāozhōu Lù. Si tratta di una zona residenziale e di passaggio, tra l’ex Concessione francese e la Stazione ferroviaria, piena di ristoranti economici e negozi di vicinato. Shànghăi è la nuova frontiera della Cina in violenta espansione economica. Con i suoi 23 milioni di abitanti, oltre il doppio della capitale Bĕijīng, potrebbe essere la città più grande del mondo; questa cittadina di provincia comincia a svilupparsi a metà Ottocento, quando gli inglesi vi aprono una Concessione, forse nel tentativo di penetrare la Cina con il modello messo in pratica nel subcontinente indiano. Seguono i francesi e poi anche gli americani, in seguito italiani e giapponesi, al punto che Shànghăi diventa il primo porto commerciale dell’Impero; vi si esportano seta e tè e si importa oppio destinato al mercato interno. Buona parte della città è costruita da architetti occidentali, e questo si vede non solo nella Concessione francese ma soprattutto nel Bund, il lungofiume che è il cuore della città storica. Agli interessi finanziari seguono a ruota quelli della malavita. Qui, nella prima città operaia della Cina, la repressione contro i comunisti dopo il colpo di stato nazionalista del 1927 è feroce: il Guómíndăng si avvale non solo della collaborazione militare delle potenze straniere, ma anche della manovalanza delle Triadi contro le organizzazioni operaie (il PCC è stato fondato proprio qui nel 1921).

Dopo la vittoria comunista e la riunificazione nazionale nel 1949, Shànghăi si trasforma da capitale dell’oppio in una metropoli industriale. Da qui hanno inizio le prime mosse della Rivoluzione cultuale di Jiāng Qīng, la moglie di Mao, nel 1966: per un breve tempo vi si fonda addirittura una Comune che dovrebbe, nelle intenzioni dei radicali, richiamarsi a quella soffocata nel sangue nel ‘27. Al termine della funesta Rivoluzione culturale, quando la nuova dirigenza decide di aprirsi allo sviluppo economico, Shànghăi guida l’espansione della Cina: la nuova ZES di Pŭdōng è oggi il simbolo evidente del dinamismo del gigante asiatico.

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Il pregiudizio verso la fantascienza

di LAURA GARONZI

Chen Zezhou, Chengdu (Cina): “Il prezzo dell’ambizione”

Con il conferimento del premio Nobel per la letteratura allo scrittore Kazuo Ishiguro, che nel corso della sua carriera ha trattato anche temi fantascientifici, si è riaperto un dibattito sui generi della letteratura. Nel 2011, durante un’intervista per il giornale scozzese The Herald, l’autore ha dichiarato quanto segue: «per anni vi è stato un pregiudizio nei confronti del genere fantascientifico, che penso abbia arrecato danno al mondo letterario e non vice versa. Ora, con l’avvento dei graphic novels, le persone hanno iniziato a prendere il genere sul serio».[1]

Egli ha inoltre evidenziato come il genere fantascientifico per lungo tempo sia stato ghettizzato e stigmatizzato e per questa ragione la sua diffusione è rimasta spesso isolata ad un nucleo di appassionati. Partendo da questa riflessione offertaci da Ishiguro è interessante cercare di indagare come il pregiudizio verso la fantascienza agisca sui lettori.

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