Prigionieri dell’effimero


Nino Martino arriva alla prova del quarto romanzo, che si innesta sulla riflessione narrativa sull’intelligenza artificiale e i rapporti con l’umano che egli porta avanti con coerenza, complicata in questo caso dal tema del “primo contatto” con la vita extraterrestre.

Riprendendo atmosfere e anche personaggi dei precedenti romanzi, Martino li trasferisce in un’ambientazione nuova.

Il seme dell’umanità si è sparso tra le stelle, la terraformazione è una pratica usuale: nuovi pianeti vengono resi abitabili dall’umanità tramite tecniche che diffondono un’atmosfera e una biosfera compatibili con il nostro organismo. Uno di tali pianeti, terraformato poco più di dieci anni fa, è considerato dai propri abitanti un’utopia: su Sogno III si vive in armonia con l’ambiente, in una civiltà tecnologicamente avanzata che rifiuta di connettere la propria rete di intelligenze artificiali con quella degli altri mondi, per timore di un “contagio” con le IA di tipo “Irene” che hanno acquisito autocoscienza (nel precedente romanzo Irene) e adesso compongono una cultura che collabora con l’umanità, ma formalmente separata.

I protagonisti sono due giovani agenti della sicurezza, fratello e sorella, anzi gemelli, figli di due personaggi di precedenti romanzi; vengono inviati su  Sogno III per indagare sula morte di Abayomi, una scienziata terrestre chiamata a lavorare sul pianeta e ritrovata morta. C’è il sospetto che sia stata assassinata, anche se gli abitanti di Sogno III hanno difficoltà a crederlo, perché sul loro pianeta non esiste il crimine.

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Trombamici da cuccetta d’astronave

Sesso e amore nella science fiction

Finché la fantascienza venne considerata come una semplice estensione del mercato fumettistico per bambini, ovviamente essa si mantenne scrupolosamente lontana deal sesso, sia che si trattasse di riferimento espliciti, impliciti o in qualsiasi altro modo. […]
Gli scrittori di fantascienza […] hanno sempre dimostrato una specie di blocco psicologico verso le donne. Essi tendono a sublimarle, trasformandole in mostri o angeli. La cosa si nota chiaramente in un classico di Ray Bradbury, Cronache marziane (1951). Come si possono scordare le sue fragili ragazze marziane, fatte di seta, gioielli e luce di luna?

Keith Roberts, La fantascienza e la “Barriera del Sesso”, Enciclopedia della Fantascienza vol. V

1 — Niente sesso, siamo nerd

La science fiction è nata come letteratura per nerd. Hugo Gernsback, il fondatore delle prime riviste pulp, era un appassionato di elettrotecnica; è con questo spirito che pubblicò il suo romanzo Ralph 124C 41+ (1911), che oggi consideriamo giustamente illeggibile. Dello stesso spirito informò le pubblicazioni che dirigeva, e incoraggiò gli autori che attirava a sé: un “movimento non solo rozzo, ma investito dalla disapprovazione di quanti non ne facessero parte”.[1]

Questa letteratura si rivolgeva a un pubblico di fanatici della meccanica, e dunque della tecnologia più che della scienza: adolescenti di sesso maschile che la puritana morale americana teneva lontani dalle donne. Nella prima fantascienza, l’argomento standard in tema di sesso era quel “racconto di fate (ad esempio la space opera con il triangolo eroe-principessa-mostro in costume da astronauti” che Darko Suvin considera “un suicidio creativo”[2]: un finto romanticismo che manteneva rigorosamente separati i due sessi, e relegava le donne a una sfera di occupazioni tradizionali, all’irrazionale, ai sentimenti più che all’azione.

Per contrasto, questa letteratura da elettrotecnici non escludeva che le copertine di Amazing Stories (un po’ meno quelle dell’altra rivista gernsbackiana, Science Wonder Stories) riproponessero un’immagine stereotipata e fortemente sessualizzata della donna, di esplicito erotismo — formula che contaminerà anche le riviste concorrenti nate sull’onda di quel successo. Dunque, richiami sessuali in copertina, con damsels in distress o in mise imbarazzanti inadatte all’esplorazione spaziale, mentre i testi all’interno mantengono il riserbo più assoluto sul sesso: una forma di frustrazione bastone+carota che probabilmente attizza i lettori del tempo.

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