Per le ceneri dei padri

Si allunga la lista di autori italiani che hanno vinto due volte il premio Urania, in anni successivi: Francesco Grasso (1991, 2000), Donato Altomare (2001, 2008), Lanfranco Fabriani (2002, 2005), Alberto Costantini (2003, 2006), Francesco Verso (2008, 2014 ex æquo), Piero Schiavo Campo (2012, 2016). A questi sei si aggiunge quest’anno Davide Del Popolo Riolo, che già aveva vinto quattro anni fa, nel 2019, con Il pugno dell’uomo.

Il bando di alcune edizioni del premio, precisamente dal 2008 al 2012, conteneva il divieto di partecipazione ai vincitori delle precedenti edizioni. Questa regola però non ha funzionato, a differenza dell’analoga regola del premio Tedeschi per romanzi gialli: come ha spiegato il curatore di Urania, Franco Forte, in occasione della consegna del premio alla manifestazione Stranimondi, il 15 ottobre scorso, la norma ha provocato effetti indesiderati.

La realtà sconfortante, ma non così inattesa (almeno per il sottoscritto) è che con l’esclusione per regolamento di un serie di autrici e autori già vincitori, la rosa dei testi meritevoli si riduce a nulla. Purtroppo, la platea del fandom italiano non è mai stata in grado di “coltivare” un vivaio di scrittori sufficiente da “estrarne” uno ogni anno, il/la laureatǝ del concorso appunto, da elevare a una carriera professionale (o semi-professionale, dai!, siamo realisti).

Mentre nel giallo troviamo un pubblico vasto e eterogeneo, numerose collane editoriali di diverse case editrici, anche specializzate, un periodico da edicola (il Giallo Mondadori) con una distribuzione abbastanza capillare, e soprattutto aspiranti autori e autrici con un ampio bagaglio di letture, un livello culturale e un’abitudine alla scrittura affinata dalla prova di una vasta serie di concorsi letterari più o meno selettivi, più o meno prestigiosi — tutto questo alla fantascienza difetta. Il sottobosco è composto da autori che nella migliore delle ipotesi hanno letto tanta fantascienza, per lo più classica (anni 40-50-60), per lo più Urania della gestione Fruttero & Lucentini comprati sulle bancarelle dell’usato (come se per vincere il premio Urania fosse sufficiente leggere numeri di autori dimenticati di cinquanta, sessanta anni fa), e nella peggiore ipotesi sono patiti di film d’effetti speciali, serie tv e videogiochi, convinti che per scrivere un’opera di fantascienza basti avere un’idea più o meno originale e futuribile (magari solo uno scenario distopico, voilà!) perché disprezzano ogni livello di editing in quanto violazione della propria creatività ispirata.

Il problema della fantascienza italiana è questo: abbiamo fatto troppo poco per tirare su nuove generazioni di autori e autrici, e il risultato è che la competizione di un premio letterario importante come l’Urania viene meno. Mi auguro che con il nuovo incarico a Franco Forte di editor per tutta la fantascienza Mondadori, e non soltanto per Urania e addentellati, questa distorsione venga meno, grazie a una visione organica e complessiva, e magari grazie al consolidamento degli autori laureati in altre collane e pubblicazioni. Nel frattempo, però, questa è la realtà.

“Outrider” di Thomas Du Crest (Parigi), da ArtStation

Nella presente situazione, non esattamente ideale, Davide Del Popolo Riolo è tra gli autori più interessanti. Saluto con favore questo suo secondo Urania, sebbene alcune considerazioni che mi riservo per la fine rimetteranno in parte in discussione il mio ottimismo.

Davide DPR ha una cultura vasta, che va oltre la fantascienza; come ha dimostrato in prove precedenti, ha un’approfondita conoscenza del mondo classico greco-romano, che sfrutta simpaticamente anche in questo romanzo. Per esempio, il titolo è derivato da un verso di Thomas Babington Macaulay, per la precisione dall’Horatius, nei Lays of ancient Rome:

To every man upon this earth
Death cometh soon or late.
And how can man die better
Than facing fearful odds,
For the ashes of his fathers,
And the temples of his gods?

La società violenta e feroce che DPR crea per il suo pianeta Abisso è debitrice, almeno nella terminologia, della Grecia classica: gli affiliati delle grandi cosche mafiose che si contendono il dominio sull’economia della città di Corcyras si chiamano opliti, e indossano armature super-tecnologiche; i boss delle famiglie si chiamano wanax, in assonanza con l’anax omerico, il “re dei re”, e naturalmente in riferimento all’analogo wanax miceneo. Per il resto, le analogie sono più con Il padrino e le sue logiche di spartizione del mercato illegale e guerra fra clan.

L’idea di fondo è interessante. La protagonista Olympias, figlia prediletta di un wanax, viene allontanata dal pianeta su volontà del padre, che la invia nell’idilliaca Casa-tra-le-stelle, un idilliaco ambiente artificiale in movimento nello spazio. Nella Casa-tra-le-stelle DPR materializza il suo concetto di Utopia, una grande comunità esente da conflitti, una vita in armonia governata da solidi principi morali, con l’ausilio di una tecnologia molto avanzata, rapporti interpersonali di correttezza, sessualità disinibita etc.

Dopo anni di permanenza in questa utopia, Olympias (che ha cambiato nome in Sospiro di Giada) è completamente permeata dei suoi ideali. Per questa ragione, quando viene precipitosamente richiamata sul pianeta d’origine, Abisso, dopo la morte violenta del padre, sbatte la faccia contro una realtà incredibilmente violenta, spietata, senza regole morali, in cui omicidio, sacrificio, tradimento sono all’ordine del giorno. Abisso è diametralmente all’opposto della Casa-tra-le-stelle.

Questo è l’interessante, e originale, conflitto interiore della protagonista, e anche il conflitto narrativo sotteso al romanzo: come reagisce un individuo di moralità superiore inserito in un ambiente ostile, di guerra tutti-contro-tutti? Può mantenersi incorrotto, in coerenza ai propri principi? Oppure riesce a cambiare l’ambiente in cui si inserisce? O ancora, è costretto a abbandonare ciò in cui crede e commettere atti che considera riprovevoli?

DPR ha l’intelligenza narrativa di prevedere un secondo protagonista “di controllo” per evitare di appiattire la storia su un unico punto-di-vista: certo, Per le ceneri dei padri è un romanzo di formazione, ma bene ha fatto l’autore a inserirne un secondo e mantenere un significato non univoco, come già ha fatto in opere precedenti — o meglio, un significato ambivalente. È forse questo il pregio narrativo più evidente di questo romanzo: il suo senso non univoco, con preconfezionato, ma lasciato alla scelta di chi legge. Alla fine, con chi si identifica chi legge? Con le scelte di Olympias o con quelle di Vento Gioioso, l’amante che lei ha abbandonato nella Casa-tra-le-stelle quando è stata costretta a tornare al pianeta natale?

David Del Popolo Riolo ha un’ottima cultura generale, capacità di controllo della scrittura e conoscenza degli stereotipi della fantascienza, senza per questo correre il pericolo di rimanervi intrappolato.

Il problema cui accennavo all’inizio è però un altro. La mia sensazione personale è che DPR si sia adattato a “abbassare” il livello di complessità della sua scrittura fino a un prodotto YA (nella prima metà del presente romanzo) o poco superiore (nella seconda metà). Niente di male, intendiamoci, a scrivere letteratura per ragazzǝ —non però è una sensazione che ho soltanto da questa ultima prova di DPR, ma anche da diversi premi Urania precedenti, in gestioni editoriali anteriori a quella di Forte.

Ora, il mio dilemma è il seguente: si tratta di un effetto della modalità di selezione dei testi a concorso, o è proprio connaturato al tipo di fantascienza che produciamo in Italia? È dovuto al gusto prevalente dei lettori, cioè per una letteratura d’evasione, non impegnata (tra l’altro questo non è il caso di DPR, che comunque ha impostato un forte dilemma morale)? E in che modo è correlato con la scarsa permeabilità tra fantascienza italiana e letteratura mainstream, a parte il caso eclatante di Valerio Evangelisti — cioè: esiste una relazione tra questo fatto e il disinteresse degli addetti ai lavori per la fantascienza, che non si verifica in altre letterature nazionali?

E perché ciò non è vero anche nel giallo, per esempio? Davvero abbiamo perduto l’occasione di elevare la science fiction al livello del poliziesco, del thriller, di altre letterature di genere che si sono emancipate dalla trappola del disimpegno? Nessun autore considera più con sufficienza lo strumento della letteratura gialla.

Chiedo venia per le troppe domande senza risposta, però la mia riflessione è questa: dal momento che la sf ha molti più strumenti d’indagine del reale rispetto alle altre letterature di genere, è proprio la sua fama di letteratura per ragazzi, o per adulti mai cresciuti nel gusto, a mantenerla nel ghetto?

Credo che questo meriti una riflessione. Nel frattempo, ho deciso di nutrire aspettative per questa grande novità in casa Mondadori, una direzione univoca per tutta la fantascienza pubblicata dall’editore milanese.

Franco Ricciardiello
Davide Del Popolo Riolo

Era meglio domani

Nello scorso mese di febbraio ho inviato un mio racconto inedito a una call-for-paper di Copie Gauche, per il progetto di un’antologia solarpunk destinata al mercato francese.

Il racconto, intitolato Outremer, è stato selezionato e sarà pubblicato tra i cinque presenti nell’antologia, che si intitolerà probabilmnete C’était miex demain (“era meglio domani”).

Si legge nel bando:

Stiamo lanciando una raccolta di racconti di anticipazione con l’obiettivo di raccogliere un pool di idee per il futuro. Per questo chiediamo di partecipare! Dopo una preselezione e un’anonimizzazione, 50 testi saranno inviati a una giuria che ne selezionerà 5. Una vera e propria decimazione!
Questi testi saranno poi pubblicati in una raccolta con licenza CC-BY-SA, previa campagna di crowdfunding per la distribuzione.
La prima raccolta avrà per tema “Solarpunk“. Se è necessario un tentativo di definizione, il solarpunk è un movimento artistico, scientifico e politico che incoraggia una visione ottimistica del futuro, tenendo conto delle preoccupazioni attuali come il cambiamento climatico e la disuguaglianza sociale.

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Intelligenza artificiale e estinzione: un racconto di Vanessa West

Vanessa West, “La natura corregge i propri errori”, Futuro Presente n. 61, ed. Delos Digital, ebook € 1,99

La più recente uscita della collana Futuro Presente di Delos Digital conferma che questa serie di ebook curata da Giulia Abbate e Elena Di Fazio è una delle (poche) iniziative editoriali che cerchino di sfuggire al desolante appiattimento nel quale è regredita la fantascienza italiana. Svanita la forza propulsiva del cyberpunk, che in qualche modo aveva raccolto e rielaborato l’eredità della fantascienza sociale e della new wave, siamo tornati alla space opera, alle guerre aliene e a un distopico svuotato di qualsiasi intenzione di ammonimento verso il futuro.

Vanessa West è chiaramente lo pseudonimo di una scrittrice italiana. Non è che il contenuto di questo racconto lungo sia così radicale da richiedere un “paravento” per l’autrice: si tratta semplicemente di un ‘nom de plume’ già utilizzato in passato. “Lesbismo & meccanica quantistica” è il divertente titolo di un romanzo pubblicato da Vanessa West nel 2018; dell’anno prima è il più corposo “Venere vendicami”, la cui quarta di copertina recita:

Cosa succede quando gli dei ci accordano la vendetta che abbiamo richiesto? Qual è il prezzo da pagare? Tra delitti, rudimenti di agricoltura biodinamica, diatribe culturali e apparizioni fantasmatiche sdraiate su altari etruschi, ‘Venere vendicami’ è un viaggio nella circolarità del tempo, nelle inquietudini sentimentali e nelle potenzialità del desiderio rifratte da giochi di specchio.

Dunque Vanessa West, che le note biografiche di Delos Digital riferiscono essere “un’astrofisica di cultura classica, nata negli anni ’60 a Rimini”, la quale “nel 2018 ha preso un anno sabbatico per dedicarsi allo studio della fisica teorica” (il cui risultato è il primo dei due libri citati sopra), non è nuova a temi che un tempo erano affrontati solo da autrici dichiaratamente femministe. Non per nulla “La natura corregge i propri errori” è dedicato a Valerie Solanas, autrice di “Scum – manifesto per l’eliminazione dei maschi” nonché (quasi) omicida di Andy Warhol nel 1968.

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Un’educazione all’Utopia

A proposito di un racconto di Giovanna Repetto

Si astenga chi è allergico agli “spoiler”

Educazione critica di Giovanna Repetto, un racconto apparso nell’antologia Distopia vs Utopia, (sottotitolo Quattordici racconti dell’Italia che verrà) curata da Valeria Barbera e Andrea Tortoreto, è una delle utopie più interessanti pubblicate negli ultimi tempi.

Non è un mistero che l’utopia sociale è un genere letterario davvero poco frequentato, specialmente in Italia, dove autori e autrici preferiscono pascolare in scenari comunemente definiti “distopia”, ma che di distopico hanno solo l’ambientazione nella quale situare storie prettamente avventurose, nulla da spartire con il corrosivo monito libertario dell’anti-utopia.

Educazione critica, il cui titolo mi piace immaginare come omaggio a Éducation européenne di Romain Gary, è situato in un futuro non sappiamo quanto prossimo, nel quale la società italiana è profondamente cambiata grazie a un intervento educativo sulle giovani generazioni. Il risultato è una civiltà post-industriale, nella quale la motorizzazione individuale di massa non è più un tratto caratteristico. Non c’è una descrizione approfondita di questa Roma utopica, sia perché esulerebbe dalla logica della storia, sia per la brevità del racconto; spicca tuttavia il concetto di Esercito della Bellezza, un’istituzione civile che organizza gli adolescenti in gruppi che si prendono cura del patrimonio artistico, archeologico e monumentale della città.

Il conflitto letterario è costruito sull’imminenza della Revisione Annuale, la scadenza entro la quale le persone devono dichiarare la composizione della propria famiglia. Repetto usa questo termine in senso estensivo, come cellula di base sociale-abitativa-affettiva: nulla a che vedere né con la famiglia mononucleare divenuta predominante nel mondo occidentale nel tardo XX secolo, né con la famiglia patriarcale dei secoli precedenti.

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La città tenace

Alessandro Massasso, “La città tenace”, Dystopica Delos Digital, 2021 € 2,99

“Abbiamo bisogno di distopie che smettano di smascherare i mali dell’utopia collettivista e optino per criticare quelli dell’utopia neoliberale del mercato, nella quale interessi individuali producono ricchezza e progresso per tutti.”

Francisco Martorell Campos, “Contra la distopía”

Il nuovo distopico contemporaneo racconta società totalitarie, in cui lo Stato abolisce privacy e libertà, grazie a una tecnologia che permette un controllo pervasivo, trasformando i cittadini in una massa che non è in grado di reagire; oppure presenta scenari di coesione sociale in pezzi, dove vige un tutti contro tutti perché la dissoluzione dell’economia di mercato ha portato con sé la fine della civiltà.

Questi sono scenari semplicemente grotteschi.  I regimi totalitari si sono dissolti nel sangue il secolo scorso, e nell’ultimo quarto del Novecento si è imposto un ordine mondiale ben diverso, nel quale più che gli Stati, i governi e i parlamenti eletti, a detenere il potere reale è un complesso equilibrio sovranazionale di multinazionali, complessi militari-industriali e organizzazioni economiche che dettano l’agenda a istituzioni più o meno democratiche. Nonostante questa realtà di deregulation, differenze economiche spropositate, sfruttamento di interi continenti, la distopia continua a denunciare i pericoli dello Stato-Leviatano, invece del mostro neoliberale — punta il dito su futuri indesiderabili per dire che il capitalismo è l’unico sistema possibile.

Lo scenario italiano non sfugge a questa regola. Non è un caso che un romanzo interessante come Jennifer Government (2003) dell’australiano Max Barry, distopia in cui le Americhe e l’Oceania sono dominate da corporations che prevaricano gli stati, sia pubblicato in Italia con un titolo neutro, Logo Land, dalla casa editrice PiEmme con l’infelice slogan “Il primo thriller no-global”, e che di conseguenza non sia stato notato da nessuno.

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eBook in offerta da Delos

La casa editrice Delos Digital effettua a rotazione un’offerta-sconto del 50%, ogni mese sui titoli di una signola collana. Per questo mese di luglio tocca alla collana Futuro Presente, che pubblica opere di fantacienza sociale, la social SF che negli anni Settanta veniva tradotta con una locuzione orribile, “fantascienza sociologica”. Futuro Presente è curata da Giulia Abbate e Elena Di Fazio. Ho pubblicato ben cinque racconti lunghi/romanzi brevi nella collana, adesso sono tutti in offerta a € 0,99.

Blu Mandala

Futuro Presente n. 9

Ottobre 2028. L’osservatore della FAO Nicola Cassarà partecipa alla Nīlēmārca, la Marcia Azzurra, attraverso l’Indostan fino a Nuova Dehli. Il suo scopo è toccare con mano il più controverso esperimento agricolo della storia: la coltivazione estensiva del nīlējau, l’orzoblù, cereale azzurro il cui genoma è giunto dallo spazio attraverso un messaggio interstellare. Salvezza o invasione aliena? In un piano di esistenza onirico e impalpabile, l’esercito del Teikoku si prepara a entrare nel cuore azzurro dell’Indostan…

Tra scienza e fede, sogno e realtà, l’immenso Franco Ricciardiello ci conduce in una storia suggestiva, dove le implicazioni sociali, politiche ed economiche fanno da contraltare a scenari esotici e incredibilmente vividi.

Incipit

Seduto subito dietro le spalle dell’autista dalla pelle scura come cuoio, Nicola Cassarà si trova alla stessa altezza della testa dell’elefante che cammina in strada, appena fuori dal finestrino dell’autobus. L’animale volta di lato il capo per guardarlo attraverso il cristallo, l’enorme occhio nero chiuso da una palpebra di pelle spessa, grigia come roccia. Onde di vividi colori dipinte sulla pelle corrono dalla proboscide al dorso e più indietro, fino alla piccola coda ridicola che frusta l’aria per cacciare le mosche. Nicola vive per interminabili secondi in una sospensione onirica, perde i riferimenti spaziali a causa della massa dell’elefante che fluttua come un miraggio oltre il fragile cristallo. Ha l’impressione di poter toccare con la mano il giaietto vivo dell’occhio grande come un pugno; poi l’autista dell’autobus svolta a passo d’uomo in mezzo alla folla, appoggiando tutto il peso sul clacson e fermandosi con grande sollievo di Cassarà nel vastissimo parcheggio sterrato dove migliaia di altri automezzi sono disposti a pettine.

Fa meno di un’ora avrà inizio la Marcia Azzurra che in cinque settimane raggiungerà Delhi, risalendo a piedi il corso del Gange per millecinquecento chilometri in linea d’aria. Nicola Cassarà si alza in piedi nel corridoio dell’autobus e tenta di stirare le membra indolenzite mentre l’aria condizionata viene meno, e un muro di calore appiccicoso s’insinua dalle porte che si aprono con un sospiro. Gli ricorda la sensazione di poche ore fa, quando il suo volo da Delhi è atterrato nel cuore della notte, e lui è uscito insieme a ondate di passeggeri dall’aeroporto di Kolkata nell’aria soffocante di ottobre, spessa come vapore acqueo. Gli automezzi grandi come pachidermi aspettavano in fila nel parcheggio del Chandra Bose, gli autisti indossavano camicie bianche impeccabili, senza traccia di fatica.

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L’infinita leggerezza dei quanti

Martedì 30 marzo uscirà la seconda pubblicazione della nuova collana solarpunk Atlantis di Delos Digital, dedicata alla narrativa utopica, ottimista, speculativa.

Si tratta del romanzo breve L’infinita leggerezza dei quanti di Stefano Carducci e Alessandro Fambrini, autori di diversi racconti apparsi su riviste e antologie a partire dagli anni Novanta. Insieme hanno anche pubblicato con Delos Digital La breve estate della follia, romanzo atipico di indagine ambientato in un’Italia distopica.

L’infinita leggerezza dei quanti invece si situa idealmente all’estremo opposto della narrativa futuribile, perché pur prendendo le mosse da un’orribile America dominata da un blocco militare-industriale, racconta un viaggio di andata e ritorno verso una magnifica utopia solare.

scaricalo qui: L’infinita leggerezza dei quanti Delos Store

L’INFINITA LEGGEREZZA DEI QUANTI

Alzi la mano chi pensa che il nostro sia il migliore dei mondi possibili. Di certo non lo pensa Joseph Lovato, costretto dalla paranoica Giunta militare al governo a diventare soggetto di un esperimento dall’esito incerto: per provare l’utilità pratica delle ipotesi sulle particelle elementari, verrà “trasferito” istantaneamente come un oggetto quantistico tra due punti distanti. Qualcosa non funziona secondo le previsioni, Lovato si ritrova in una realtà parallela, agli antipodi rispetto al presente distopico da cui proviene. La società cui appartengono Mary, Peter e gli altri scienziati che entrano in contatto con lui, è una specie di anarchia democratica, decentrata in America settentrionale, decisamente orientata alla scienza, con un impatto antropico sostenibile per l’ambiente. Nella migliore tradizione della fantascienza sociologica, Carducci e Fambrini raccontano una società utopica che ha vinto contro il nemico peggiore: la natura umana. Tuttavia, l’utopia è circondata avversari agguerriti che preparano un’invasione, e Lovato sarà chiamato a contribuire, con la sua preparazione scientifica, a debellare la minaccia.

Distribuzione delle risorse, energia a buon mercato, civiltà post-industriale in questo romanzo breve della più famosa coppia d’autori del fantastico italiano.
scaricalo qui: L’infinita leggerezza dei quanti Delos Store
La prossima uscita di Atlantis, ad aprile, vedrà un racconto lungo di Romina Braggion.

Le catastrofi non devono finire in distopia

Cory Doctorow, da Wired

traduzione di Franco Ricciardiello

Il mio nuovo romanzo, Walkaway[1], parla di un mondo in cui i super ricchi creano forme di vita immortali così efficaci nell’automazione del lavoro che tutti noi diventiamo risorse in eccesso. La battaglia che ne segue – sulla possibilità che l’umanità possa infine dividersi per sempre tra un’élite trans-umana e un brulicare di profughi in balia del clima – innesca massacri e persecuzioni. È un romanzo utopico.

La differenza tra utopia e distopia non è nella misura di quanto le cose vadano bene. È in cosa succede quando tutto va a rotoli. Qui, nel mondo disastroso e reale, stiamo per scoprire in quale delle due viviamo.

Dai tempi di Thomas More, i progetti utopici si sono concentrati sulla descrizione dello stato perfetto e sulla mappatura del percorso per raggiungerlo. Ma questa non è ideologia, è un sogno ad occhi aperti. La società più perfetta esisterà in un universo imperfetto, in cui la seconda legge della termodinamica implica che tutto ha bisogno di costante riparazione, accomodamento e aggiustamento. Anche se la tua utopia ha abitudini rigide, è a rischio di venire distrutta da pericoli meno cogenti: asteroidi di passaggio, stati confinanti meno virtuosi, agenti patogeni mutanti. Se la tua utopia funziona bene in teoria, ma degenera in un’orgia di violenza cannibalistica la prima volta che si spengono le luci, non è in realtà un’utopia.

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Riflessioni sparse sul Solarpunk

di SILVIA TREVES

tratto da “Esercizi di dubbio” – il blog di Silvia Treves

La partecipazione all’antologia Assalto al Sole, prima antologia solarpunk di autori italiani, mi ha spinto a interrogarmi sulle caratteristiche e sui molteplici significati e obiettivi del solarpunk, che non è una semplice diramazione della fantascienza ma un vasto movimento, una visione del mondo, una riflessione sul futuro. Prendo a prestito queste parole da Solarpunk: l’utopia che vuole esistere1,un testo chiaro e ricco di spunti che consiglio a chi, per la prima volta, volesse avvicinarsi all’argomento:

Victoria Gee, Ottawa (Canada)

il solarpunk si fa interprete di sentimenti e istanze attualissime e utili a un progresso collettivo, organico, equo, ecologico, inclusivo; si esplicita in un comparto visuale che va oltre la mera suggestione estetica; fin dai suoi inizi esprime una visione politica complessa e aperta a vari contributi, ma chiara.

È un genere, insomma, che potrebbe essere un movimento: potrebbe aiutarci non solo a immaginare un futuro migliore, ma anche a costruire strategie operative per avvicinarci a tali visioni condivise.

Quando sono stata invitata a partecipare all’antologia ho pensato: “Io non sono ottimista, magari nutro qualche speranza sul futuro ma NON sono ottimista”.

Però sono curiosa e soprattutto ritengo decoroso fare del mio meglio. Fino a che ci sarà spazio per dire “questo mondo non mi piace, ne voglio uno diverso” io continuerò a farlo. Quindi eccomi qui. 

Per il resto non cercavo (e forse ancora non cerco) un’etichetta per il mio pensiero e la mia scrittura.

In sostanza, diversamente da chi prima ha scelto il pensiero solarpunk, cioè si è schierato, e poi ha letto e scritto, io – condividendone la visione generale, chiamiamola “ecopolitica”, – ho scritto e solo dopo mi sono chiesta “ma io ho bisogno del solarpunk, sono convinta che il solarpunk possa davvero fare la differenza?”

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E se la fantascienza ci salvasse dal fascismo?

Autori, traduttori ed editori riflettono sulla necessità di sostituire le distopie con utopie, poiché il loro messaggio può essere conservatore e reazionario

di Laura L. Ruiz, da El Salto

“Stelle cadenti” di Jurij Švedov, Mosca (Russia)

Gli inquilini di un vecchio edificio affrontano l’avidità di speculatori che vogliono cacciarli per costruire appartamenti di lusso. Dibattono se rinunciare o restare fino a quando non ricevono un aiuto alieno, e insieme intraprendono la battaglia per le loro case. Questo, che potrebbe sembrare l’ennesimo caso per PAH[1], è un film di fantascienza del 1987. In Miracolo sull’8a strada si parla di solidarietà, sostegno reciproco, giustizia sociale e resistenza grazie all’alleanza che si genera tra i residenti dell’edificio e alcuni piccoli esseri extraterrestri che finiscono per sbaglio tra loro.

Può davvero un film per bambini trasmettere un messaggio più progressista di IL racconto dell’ancella di Margaret Atwood o di 1984 di George Orwell? “Entrambe sono denunce del potere e fanno analisi piuttosto brillanti, come i concetti di bispluspensiero o neolingua, ma allo stesso tempo rappresentano un mondo da cui non c’è via d’uscita”, afferma Layla Martínez, collaboratrice di El Salto, scrittrice ed editrice di Antipersona.

“Penso che Orwell e Atwood volessero scrivere — e così fecero — importanti denunce del potere, ma i loro libri finiscono per provocare scoramento piuttosto che una lotta per cambiare le cose. Inoltre, il problema nasce quando questa è l’unica fiction che viene prodotta, quando vengono generati migliaia di serie, libri, fumetti, videogiochi su mondi distopici, e praticamente nessuno ambientato in un mondo migliore”, insiste.

Questa è precisamente una delle premesse che sia Martínez che Irati Jimenez difesero all’Ansible Fest, il primo festival di fantascienza femminista della Spagna, che includeva un tavolo sulla fantascienza e l’antifascismo sulla cui porta era affisso “posti esauriti” a causa dell’enorme interesse generato. “Quando pensiamo al fascismo pensiamo a aspetti come l’economia o l’immigrazione, ma a volte dimentichiamo la misoginia. Il fascismo è anti-donna, antifemminista e anti-femminile. È la morte”, ha detto Jiménez, co-curatrice di Sci-Fem. Variaciones feministas sobre teleseries de ciencia ficción, pubblicato da Txalaparta. “Dobbiamo distinguere a proposito di fascismo tra fiction che parlavano di nazismo (come Hunger Games o V) e altre che si occupano di democrazie in deterioramento con tagli ai diritti civili (come Battle Royale, Years and years o I figli degli uomini)”, ha specificato Martínez. Tutte distopie e pochissime utopie, mondi alternativi di speranza come Star Trek, il fumetto Mirror di Emma Ríos o il romanzo I reietti dell’altro pianeta di Ursula K. Le Guin.

“Questo la dice lunga — ha proseguito Martínez — su come stiamo vivendo oggi questa cosa: non siamo in grado di immaginare un orizzonte diverso, migliore, e così si genera un discorso molto reazionario e conservatore”.

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