Un manuale per chi scrive gialli

Quando decisi di scrivere un romanzo giallo, dopo avere vinto il primo premio per un racconto al concorso Gran giallo città di Cattolica, feci alcune scelte preliminari sulla figura del protagonista ‘detective’, colui che avrebbe indagato:

  1. doveva essere una figura istituzionale, non investigatore privato, avvocato, giornalista etc
  2. doveva essere adatto a una eventuale serie di gialli successivi
  3. doveva essere caratterizzato in modo differente dal detective tipico del romanzo italiano (buona forchetta, duro dal cuore tenero etc)

Soprattutto per rispettare il punto 1, mi domandai per quale ragione il protagonista abituale dei gialli italiani, quando è una figura istituzionalmente preposta all’indagine, è un poliziotto o un carabiniere e, in rari casi, una guardia di finanza — quando non addirittura un investigatore privato, che nel nostro paese ha davvero poco “spazio di  manovra” in indagini su omicidi.

Mi venne perciò naturale scegliere come protagonista la figura prevista dal sistema giudiziario italiano, cioè il pubblico ministero, che è da noi titolare dell’azione penale. Nella fiction italiana invece (sia quella tv che quella letteraria) il pubblico ministero, che è un magistrato, è spesso descritto come un intralcio all’astuzia del commissario, un incompetente o sfaccendato, una figura che appesantisce l’indagine (e la fiction) con noiosi risvolti burocratici.

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Una nuova edizione per “Cosa Succederà Alla Ragazza”

Nel luglio 2014 usciva per Cordero Editore, collana Crimen, il mio romanzo giallo “Cosa Succederà Alla Ragazza”; uscito poi di catalogo e irreperibile (tranne che per la versione in autopubblicazione che ho inserito io nelle librerie online), viene oggi ripreso in edizione integrale da Delos Digital editore – sempre in versione elettronica.


A differenza del giallo tradizionale italiano, dove di solito a indagare sono le forze dell’ordine (commissari di polizia o ufficiali dei carabinieri), investigatori privati, talvolta giornalisti, il protagonista di “L’anno della morte di Lucio Battisti” è un magistrato: il pubblico ministero Erasmo Mancini. Al contrario di altri più illustri colleghi letterari, Erasmo Mancini non è un detective esuberante dall’intuito fulmineo, né un tenero dal cuore d’oro, e neppure una buona forchetta; piuttosto, malgrado l’età relativamente giovane (36 anni) si è fatto la fama di incorruttibile: dotato di solidi principi morali, intransigente sul lavoro, rigidamente vegetariano e rigorosamente astemio, per i suoi trasferimenti in città usa la bicicletta e con le donne mantiene un atteggiamento riservato — il che non gli evita di essere al centro dell’attenzione femminile, grazie non solo al suo aspetto ma anche alla fama tenebrosa e “difficile” che lo circonda.

l’edizione originale Cordero (2014)

Dopo una brillante carriera di Pubblico ministero a Roma, il sostituto Procuratore della Repubblica Erasmo Mancini ha appena chiesto e ottenuto il trasferimento a Torino (città dove è nato e si è laureato) in conseguenza della separazione dalla moglie. La nuova assegnazione sarà effettiva solo a fine agosto, ma Erasmo conta di sfruttare il breve periodo di licenza per assecondare un vecchio desiderio: scrivere un libro sugli ultimi dischi di Lucio Battisti. Al suo ritorno nella città natale, deserta per le ferie estive, viene accolto da Mauro Ferrando, suo ottimo amico e ex compagno di studi universitari, attualmente commissario della Polizia inquirente. Il Procuratore della Repubblica, in partenza per le ferie estive come la maggior parte dei colleghi magistrati, prega Erasmo di affiancare ufficiosamente Mauro Ferrando nell’indagine sulla scomparsa di una bambina di dieci anni a Moncalieri, nell’hinterland torinese.

L’incarico apparentemente non dovrebbe impedire a Erasmo di scrivere il suo libro, ma l’inchiesta si aggroviglia: si scopre che la recente vittima di un pirata della strada sulla collina di Torino è in realtà una ragazza scomparsa nel nulla dieci anni prima a Ivrea, rapita con un furgone mentre andava a scuola, un caso insoluto. Cosa è stato per tutto questo tempo della bambina scomparsa?

La narrazione procede con rivelazioni e colpi di scena, lungo false piste, perquisizioni infruttuose, soffiate a giornalisti e invadenza dei mass media, ripercorrendo l’inchiesta irrisolta di dieci anni prima: a andarci di mezzo sarà la possibilità di Erasmo di scrivere in tranquillità il suo libro. Per la squadra investigativa la priorità è scoprire il nascondiglio della bambina rapita e liberarla il più presto possibile; Erasmo e Mauro procederanno attraverso lo studio di precedenti casi di sequestri di persona di durata molto lunga e la compilazione di un profilo psichiatrico del possibile autore del crimine.


Franco Ricciardiello, Cosa Succederà Alla Ragazza, Delos Crime n. 142, Delos Digital, 365 pagine (stimate), eBook € 4,99 isbn 9788825425307

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Lontano dal male


Il 16 maggio è uscito un mio romanzo breve nella collana Passepartout della casa editrice Sette Chiavi, specializzata in letteratura gialla, appartenente al gruppo editoriale Utterson. Si tratta di una storia che ho scritto su richiesta di Andrea Franco e Diego Di Dio, che sono editor della collana.

“Lontano dal male” è un giallo di tipo classico, nel quale l’indagine è condotta dal sottufficiale dei carabinieri Genatiempo, in forza alla polizia giudiziaria, diretto da un pubblico ministero di nome Quarta.

In un condominio di Torino abitato da ufficiali dell’esercito italiano e dalle loro famiglie, avviene un duplice omicidio: un tenente colonnello ucciso con un colpo di pistola al cuore e il suo attendente, un giovane di leva, precipitato dal quarto piano nel cortile del palazzo.

Siamo all’inizio dell’estate del 1971, un periodo particolare della nostra storia, pieno di inquietudini, che segue il Sessantotto, l’Autunno caldo e l’abortito golpe Borghese: tra poco inizierà la stagione dello stragismo di Stato, dei servizi segreti deviati, del tentativo di depistare una democrazia che non si è mai completamente riscattata dal fascismo.

Ecco un breve booktrailer del romanzo:

“Lontano dal male” 108 pagg. Sette Chiavi ed., euro 9,90 (cartaceo)

Incipit

Uscendo a fine pranzo dal circolo ufficiali, domenica 6 giugno 1971, il maggiore Valter Viera si rese conto con stupore di quanto fosse violento il suo odio per il tenente colonnello Marco Milani, suo collega nell’ufficio oa della divisione. Complice forse il Gattinara bevuto a tavola, si vide estrarre la Beretta dalla fondina, tendere la mano armata e sparare al centro della camicia immacolata color khaki dell’uomo, che camminava due passi avanti a lui.
Naturalmente Viera non aveva, purtroppo o per fortuna, la pistola con sé. L’attendente di Milani, che aspettava accanto alla 130 blu notte fumando una sigaretta, scattò sull’attenti e aprì la portiera.
«Andiamo, ti do un passaggio» disse Milani. Poi all’attendente: «Hai parcheggiato al sole, Beppino».
Viera accettò, la sua Saab era in carrozzeria dopo un incidente. Scoprì con fastidio che il sedile di vinile era bollente.
L’attendente Beppino si mise al volante, borbottando qualche scusa con il suo marcato accento veneto. Era un giovane di una certa bellezza, con folte sopracciglia lucide e una sfumatura bionda. Viera si era accorto del modo in cui sua figlia Giacomina, che aveva solo quattordici anni, lo fissava quando si incrociavano sulle scale di casa.
«Vai piano, Beppino» disse Milani, tirando giù il finestrino dalla propria parte.
Viera cominciò a sudare. Malgrado fosse solo inizio giugno, la bella stagione era già una cupola di afa sopra Torino. Invece di fare il solito giro lungo il Po, Beppino proseguì diritto davanti alle fabbriche chiuse. La domenica occorreva metà del tempo per arrivare dalla caserma al palazzo dove entrambi abitavano. Sperò che Milani non attaccasse con le consuete invettive sulla maniera di dare una lezione agli operai in sciopero; non faceva mistero di essere uno degli ufficiali che si erano messi a disposizione del principe Borghese, l’anno precedente, prima che il suo colpo di stato da operetta si arenasse come una balena su un litorale.

Buona lettura

Nouvelle Vague al Covo della Ladra

Uscito a fine febbraio, il mio romanzo Torino Nouvelle Vague comincia a collezionare recensioni favorevoli.

Ieri sera, 22 marzo, ho avuto l’opportunità di presentarlo alla libreria Covo della Ladra di Milano, specializzata in giallo, noi e fantasy, di Mariana Marenghi. Ho avuto il piacere di parlare del libro con Marina Visentin, esperta di cinema e scrittrice di fiction. Ne è uscita una delle più belle presentazioni librarie cui mi sia capitato di partecipare.

La registrazione dell’evento è disponibile su youtube:
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Torino Nouvelle Vague

Il 22 febbraio è la data di pubblicazione del mio nono romanzo, il giallo d’indagine Torino Nouvelle Vague, per Todaro Editore, la storica casa editrice milanese il cui nome è legato alla Libreria del Giallo di Tecla Dozio, e che oggi è diretta da Veronica Todaro.

Franco Ricciardiello, “Torino Nouvelle Vague“, collana Impronte,Todaro Editore, febbraio 2022, 248 pagg. € 16,00 (stampa), anche in ebook, ISBN 978-8832159394

Mentre al Museo del Cinema di Torino è in corso la Nuit blanche del Cinema francese, l’attrice musa della Nouvelle Vague, Sophie Alma, viene assassinata in un albergo del centro città. Il pm incaricato delle indagini, il trentaseienne Erasmo Mancini, è coadiuvato dal commissario Mauro Ferrando, suo ex compagno di università.

Mancini ha casualmente incrociato la vittima la sera precedente nella Mole Antonelliana, durante la serata di gala dedicata agli ottanta anni del regista Leclercq, ex marito di Sophie e grande vecchio del cinema francese.

I testimoni degli ultimi momenti dell’attrice sono l’attuale marito di Alma; il suo amante, cantante di grido negli anni Sessanta; un famoso critico cinematografico; infine l’attuale moglie di Leclercq. Tutti potrebbero in teoria possedere un movente per l’omicidio. L’unico dettaglio inspiegabile è il fatto che mentre il gruppo rientrava in albergo in auto, la vittima abbia improvvisamente preteso di scendere e continuare a piedi.

Questo romanzo è un omaggio a Jean-Luc Godard, facilmente identificabile dietro il personaggio del regista Leclercq, che parla e si comporta come farebbe al suo posto il grande vecchio del cinema postmoderno. Il personaggio femminile, Sophie Alma, è ispirato a Anna Karina, prima moglie di Godard e musa del grande momento del cinema francese, la Nouvelle Vague.

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Di Leonardo, encausto e Anghiari

Esce oggi per Delos Digital, nella collana History Crime, il mio racconto giallo che vinse nel 2004 la XXXI edizione del premio Gran giallo “città di Cattolica” (ex æquo con Matteo 19, 14. Lasciate che i bambini vengano a me, di Lorenzo Gioielli, premiato in quanto opera teatrale). Il mio racconto fu pubblicato l’anno successivo in appendice al n. 2870 de Il Giallo Mondadori.

Ecco l’estratto dal verbale della giuria:

La Giuria composta da: Mario Guaraldi, Luciana Leoni, Igor Longo, Carlo Lucarelli, Valerio Massimo Manfredi, Marinella Manicardi, David Riondino, riunitasi il giorno 8 novembre 2004 a Cattolica in Piazza Repubblica 12, dopo aver attentamente vagliato i 216 racconti pervenuti, ha deciso di assegnare all’unanimità il premio per il miglior racconto giallo di ambientazione italiana a BATTAGLIA D’ANGHIARI di Franco Ricciardiello, con la seguente motivazione: “Per la plasticità letteraria e l’incalzante partitura diacronica che trasferisce un odio antico nella progettazione di un efferato delitto configurabile solo dalla mente del genio leonardesco nell’attimo della sua rievocazione creativa”. La Giuria, favorevolmente colpita dalla qualità delle opere partecipanti assegna un premio ex-aequo al racconto MATTEO 19,14 LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME di Lorenzo Gioielli.

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Giallo in camera chiusa per il detective Kindaichi

“Scale”, di Guweiz, Singapore

La letteratura poliziesca giapponese è per i lettori italiani un oggetto sconosciuto, meno famigliare di un UFO. Gli appassionati che frequentano i cataloghi delle case editrici e le riviste di settore possono farsi una cultura nelle grandi letterature tradizionali del poliziesco, americana, inglese e francese, e negli ultimi anni anche di scuole nazionali più recenti, o meno conosciute, come quelle scandinave o spagnole. Così, l’appassionato si stupisce quando dalle poche notizie reperibili in rete, o nelle prefazioni delle rare traduzioni in volume, scopre che la letteratura polar ha in Giappone una tradizione secolare altrettanto solida e fortunata di quelle occidentali.

Le caratteristiche del tantei shosetsū, il giallo nipponico, sono sia autoctone che di importazione. La prima categoria è testimoniata dall’antica tradizione del saiban shosetsu, sviluppato durante l’era Tokugawa (1603-1879) a partire dal successo del Tōin Hiji, titolo giapponese del Táng yīn bǐ shì, (1211, “Casi giudiziari risulti sotto l’ombra del pero”) di Guì Wànróng: una raccolta di 144 casi giudiziari cinesi, che tra l’altro è anche l’ispirazione che spinge lo scrittore olandese Robert Van Gulik (1910-1967) a scrivere i celebri gialli del giudice Dee.

Avvicinandoci ai nostri giorni, l’epoca d’oro del poliziesco giapponese sono gli anni Venti, a partire dalla pubblicazione della serie Hanshichi torimonochō (“i blocchi degli appunti di Hansichi”), autore Okamoto Kido: si tratta di indagini che si inseriscono nel gusto cronachistico nero del Tōin Hiji, e per questo scontano un’ambientazione storica, nell’era Tokugawa appunto. Questo genere conosciuto come Torimonochō, sopravvive fino al secondo dopoguerra, con sensibili cambiamenti nella figura dell’okappiki, il detective polizia, che fino agli anni ‘40 è un eroe positivo, fautore della ricomposizione dell’ordine, per diventare poi sempre più spesso un prevaricatore che sconfina nell’abuso di potere.

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TERRORISTERNA

ROMANZO SU UN CRIMINE

di FRANCO RICCIARDIELLO

La serie di dieci libri che portano il titolo collettivo “Romanzo su un crimine” è la genesi della straordinaria fortuna odierna del giallo scandinavo. Il “crimine” del titolo non è il delitto che Martin Beck deve risolvere in ogni singolo romanzo, ma l’abbandono della classe lavoratrice al proprio destino di sfruttamento. Gli autori sono una coppia svedese, Maj Sjöwall e Per Wahlöö, che al ritmo di un volume l’anno pubblicano tra metà anni Sessanta e metà Settanta questo ciclo che rappresenta l’inizio del poliziesco di indagine sociologica. Henning Mankell e Stieg Larsson, per fare gli esempi più conosciuti, non avrebbero scritto le serie di Wallander e di Millenium se non avessero letto il Romanzo su un crimine.

Su interessamento personale di Andrea Camilleri, la casa editrice Sellerio ha tradotto e pubblicato tutti i dieci volumi. “Romanzo su un crimine” è un progetto unitario che si propone di attraversare tutta la casistica del genere poliziesco: omicidio in stanza chiusa, assassino seriale, pedofilia, finto suicidio, killer solitario etc. fino al delitto politico. Ogni volume è invariabilmente diviso in 30 capitoli, anche se la lunghezza dei romanzi non è omogenea.

Il personaggio principale è Martin Beck, commissario della polizia criminale di Stoccolma, eppure non è del tutto corretto chiamare il ciclo “Le indagini di Martin Beck” perché si rischia di spostare l’attenzione dall’oggetto della letteratura al suo pretesto, l’indagine come motore del plot. Il protagonista è un poliziotto inquirente solo perché questo fornisce l’opportunità di muoversi liberamente nella metropoli, e entrare in contatto con ogni strato sociale; se alla fine dei “romanzi su un crimine” si ottiene una ricomposizione dell’ordine, si percepisce chiaramente che questo è l’ordine borghese e ingiusto della società neocapitalista travestita da socialdemocrazia.

Oggi il lettore dà per scontato che il detective abbia una vita privata e rapporti anche conflittuali con i colleghi e con la propria coscienza, ma cinquant’anni fa gli stereotipi della letteratura poliziesca erano più rigidi. Nel 1965 non esisteva un altro detective letterario altrettanto realistico. Holmes, Maigret, Poirot, miss Marple sono macchine per indagini, protagonisti più o meno sofisticati inventati per rivelare al lettore la complessità del caso criminale, la costruzione intellettuale narrativa.

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Bolaño, La pista di giaccio

Quando Roberto Bolaño Ávalos muore all’età di cinquant’anni, nel luglio 2003, lascia tutti i diritti sulla propria opera alla moglie e ai figli minorenni; raccomanda che il monumentale 2666, forse la sua opera più interessante e conosciuta, venga pubblicato in cinque parti distinte e successive in modo da garantire un gettito economico alla famiglia. Tuttavia gli eredi e l’editore, ragionando sull’alto valore letterario del lungo romanzo, decisero di soprassedere alla volontà dell’autore e pubblicarlo in volume unico. L’edizione postuma di 2066 fu soltanto la prima puntata di una discreta serie di opere inedite trovate nei cassetti di Bolaño e mandate alle stampe, quasi tutte di valore letterario nettamente superiore alla media e già pronte in una stesura definitiva.

Da qualche anno l’editore Adelphi ha intrapreso la ripubblicazione di tutta l’opera di Roberto Bolaño, apparsa originariamente in Italia da Sellerio, con una nuova traduzione. Il ritmo è più o meno un titolo l’anno: nel 2018 è toccato a Lo spirito della fantascienza (titolo mai passato dalla casa editrice palermitana, perché si tratta di una delle ultime “riscoperte” di inediti), quest’anno è invece uscito il giovanile La pista di ghiaccio, a quindici anni dalla prima edizione, e nella nuova traduzione di Ilide Carmignani (la precedente era di Angelo Morino).

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L’infinito caos dei generi: Franco Ricciardiello fra giallo e fantascienza. Terza parte

di CLAUDIO ASCIUTI

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Terza parte della postfazione all’edizione eBook di Cosa Succederà Alla Ragazza

7. Rapimenti a scopo sessuale e musica: Cosa succederà alla ragazza.

E veniamo infine a Cosa succederà alla ragazza, partendo da una semplice constatazione: il meccanismo narrativo che R. adopera per questo romanzo, pur utilizzando le tradizionali tecniche investigative del “giallo” propriamente detto, non lesina il recupero dei topoi interni ai lavori precedenti; e rappresenta il punto di arrivo di una riflessione sui meccanismi della scrittura che a partire dagli anni Novanta si è man mano ampliata, quando cioè R. ha cominciato lentamente a staccarsi dal mondo della fantascienza cercando nuove vie espressive. Protagonista del romanzo, come abbiamo visto, è il PM Erasmo Mancini, figura anomala nel panorama della detection italiana, che solitamente predilige una serie di investigatori standard che vanno dal privato, al commissario o al massimo al graduato dei carabinieri e della polizia, senza mai andare oltre nella gerarchia, sebbene sia proprio il PM che deve istruire le indagini; figura anomala inoltre, con scarsissimo grado di correlazione con il cliché dell’investigatore che si è andato formando nel corso del tempo in Italia: non è un gourmet, ma un vegano e un naturista e viaggia solo in bicicletta; benché appena separato (una caratteristica che abbiamo visto in tutte le altre opere di R, quasi che lo scioglimento della coppia preluda al rientro on the road del protagonista, rendendolo nel medesimo tempo più vulnerabile) non corre dietro alle ragazze, anzi, immerso nelle sue riflessioni ne rimane un po’ distante; non è il tradizionale alcolista ereditato dagli eroi dell’hard-boiled americano, ma è invece astemio; e inoltre è inossidabile e incorruttibile; caratteristiche che vengono ben esplicitate da questo dialogo fra lo stesso Mancini e Marina:

— La polizia è responsabile delle indagini negli ordinamenti giudiziari di common law, per esempio i paesi anglosassoni. Negli ordinamenti di civil law invece, il tuo amato Giappone o anche l’Italia, l’azione penale spetta alla magistratura requirente, che può servirsi delle forze di polizia.
Marina si stringe nelle spalle. — Allora i film e i romanzi polizieschi ci prendono in giro?
— Probabilmente per il pubblico della fiction la figura del magistrato non ha nulla di romantico, — risponde Erasmo.
La ragazza lo osserva mentre finisce di mangiare l’insalata, poi aspetta che le riempia d’acqua il bicchiere di vetro naturale.
— Spero che non si offenda, signor Pi Emme, ma trovo che lei non abbia decisamente nulla del commissario. Pepe Carvalho mangia come un bulimico, Montalbano è meglio vestirlo che nutrirlo, il corpo di Philip Marlowe è composto al 70% di alcol anziché di acqua. A lei invece è sufficiente un piatto di vegetali crudi e un bicchiere di acqua fresca.
Erasmo svuota il bicchiere in gola prima di rispondere. — L’appetito pantagruelico di Montalbano è da attribuire all’età è alla salute del suo autore. Camilleri ha ammesso che con i suoi anni non può più permettersi di mangiare smodatamente, e allora si sfoga con il suo personaggio. Sospetto che fosse così anche per Vázquez Montalbán e il suo Pepe Carvalho.

(Cap. 11, Il doppio del gioco, pag. 91)

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