La Luna è rossa

Un certo interesse, quando non una vera e propria fascinazione, nei confronti della Cina è coltivato da diverso tempo dagli scrittori statunitensi. Non voglio percorrerne dettagliatamente le tappe, mi limito a individuarne qualche passaggio:

  • in A pochi passi dal sole (The steps of the Sun, 1982), Walter Tevis fa chiedere al suo protagonista asilo politico alla Cina comunista per sfuggire alla giustizia americana, ed è grazie alla mediazione della responsabile di una ditta farmaceutica che riesce a rientrare in patria;
  • nel magnifico Angeli di seta (China Mountain Zhang, 1992), vincitore del premio James Tiptree Jr, Maureen McHugh racconta una Cina del futuro prossimo che è la superpotenza mondiale, mentre gli USA sono sprofondati in una seconda Grande Depressione;
  • nella Repubblica popolare cinese è ambientato per buona parte lo straordinario L’era del diamante (The Diamond Age, 1995) di Neal Stephenson, sottotitolo Il sussidiario illustrato della giovinetta, che non a caso forse è tra le fiction più hard e al tempo stesso realistiche sulle possibilità della nanotecnologia;
  • non è da trascurare infine il grande successo americano della trilogia del Passato della Terra (2007-2010) di Liú Cíxīn, in parte tradotta in inglese da Ken Liu, che ha aperto la via alla pubblicazione di altri autori cinesi fino allora snobbati dal mercato occidentale.

Luna Rossa (Red Moon, 2019) di Kim Stanley Robinson è per certi versi l’apoteosi di questa affinità: non solo l’avventura si svolge interamente tra la Cina e le basi lunari di diverse nazioni, ma al centro della trama c’è, con una certa discrezione, lo Zhōngguó Mèng, il “sogno cinese” dell’attuale segretario del PCC, XíJìnpíng, l’idea di una speranza per ripristinare la perduta grandezza nazionale della Cina — un’idea che ha origini antiche nella cultura cinese, come ricorda anche il poeta Ta Shu, tra i protagonisti di Luna Rossa. Con notevole intelligenza speculativa, Robinson ci presenta un futuro in cui il sogno cinese sta per divenire realtà, anche se Xí non c’è più: l’ambientazione del romanzo è il 2047, due anni prima della scadenza fissata dal segretario generale per il completamento di “una nazione completamente sviluppata” entro il centesimo anniversario della Rivoluzione.

Zhang Lybius, Guangzhou (Cina): chinoiserie punk
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Rizomi del Sole Nascente

“Scordato di pranzare” di Skyfire, Taiwan

Grafica di copertina molto elegante per quello che è probabilmente il progetto più compatto tra le numerose antologie di fantascienza, e non, che Gian Filippo Pizzo organizza da dieci anni a questa parte, e che permettono a molti autori, dai più conosciuti ai perfetti esordienti, di raggiungere un pubblico tramite la vetrina di pubblicazioni anche non specializzate. Questa è la prima volta che Pizzo collabora con Kipple Officina Libraria.

Come ognuna di questa raccolte, anche la presente ha un argomento di fondo: “La fantascienza dall’Italia all’oriente”, un trait d’union che si ispira all’interesse tutto nuovo dei mercati occidentali per romanzi e racconti che arrivano dall’Asia, sulla scia dello straordinario successo della trilogia del “Passato della Terra” di Liú Cíxīn — un interesse che in Italia si è già sostanziato nelle iniziative della casa editrice Future Fiction di Francesco Verso.

La parola rizomi nel titolo si riferisce a Capitalismo e schizofrenia di Gilles Deleuze e Félix Guattari, un modello semantico che prende come metafora il rizoma del mondo vegetale, struttura arborescente presentata come alternativa alla linearità. Il linguaggio è un fenomeno vivente, che possiede una serie di significati diversi, di collegamenti e interpretazioni; all’opposto della struttura gerarchica, lineare o ad albero, la scrittura rizomatica stabilisce connessioni in ogni direzione.

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La quarta dimensione di Liú Cíxīn

di FRANCO RICCIARDIELLO

Il romanzo che chiude il ciclo del “passato della Terra” di Liú Cíxīn, tradotto a ritmo record da Mondadori dopo il successo anche in Italia del primo volume, Il problema dei tre corpi (死神永生, 2010), sembra un catalogo generale di tutte le idee più avanzate della fantascienza mondiale. E c’è veramente tutto: antimateria, volo superluminale, battaglie spaziali, viaggio nel tempo, colonizzazione di altri pianeti, colonie umane in orbita, ibernazione, città del futuro, rallentamento della luce. Sembra quasi che l’autore, il più conosciuto scrittore di fantascienza in Cina, abbia deciso di tirare le somme di un intero genere letterario, forse per ripartire da zero. Non è un mistero che, a differenza dei mercati occidentali dove è screditata non tanto dalla sua origine pulp quanto da quasi un secolo di pregiudizi editoriali e autocensura degli autori, in Asia la fantascienza possieda un pubblico vasto e affezionato. In Cina, in particolare, il governo centrale sembra scommettere sulla letteratura di genere per trasmettere al pubblico interno un senso di ottimismo verso il futuro. Una ventata di aria fresca in un panorama letterario dominato dal cupo catastrofismo consolatorio del distopico.

L’estensione della fama di Liu dalla Cina agli USA e di rimbalzo al mondo intero è dovuta in parte a uno scrittore americano di origine cinese, Ken Liu, che ha tradotto in inglese il primo volume del ciclo, Il problema dei tre corpi. L’autore, nato nel 1963, è oggi il più conosciuto scrittore di fantascienza in patria, con nove premi Yinhe e addirittura un premio Hugo, il massimo riconoscimento di genere negli USA, assegnato annualmente dalla World SF Society.

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L’universo è una foresta oscura

Gene Raz von Edler, “L’universo” (particolare)

A tempo di record, dopo il grande successo di Il problema dei tre corpi, Mondadori ha pubblicato in Italia il seguito, Hēi’àn sēnlín (黑暗森林), secondo volume della trilogia di fantascienza “il passato della Terra” di Liú Cíxīn. Peccato che l’edizione italiana porti il titolo La materia del cosmo, totalmente slegato dal significato originale che è “la foresta oscura”, come è stato correttamente tradotto in tutte le lingue tranne la nostra: The dark forest in inglese, La forêt sombre in francese, Der dunkle Wald in tedesco, A floresta sombria in portoghese — ma in Italia si è educato il pubblico di serie B, quello che legge fantascienza, a riconoscere la roba commestibile dal titolo, perciò ficchiamoci un “cosmo” e vedrai che comprano.

Peccato soprattutto perché la soluzione del grave problema che si presenta all’umanità in questo episodio centrale del ciclo è proprio legata al concetto di universo come “foresta oscura” in cui qualsiasi civiltà planetaria si trova circondata da possibili nemici ostili.

Nel primo volume della serie, Il problema dei tre corpi, la razza umana scopre di essere diventata preda di un’altra civiltà più progredita, a causa di un messaggio incautamente inviato nello spazio. Infatti il pianeta Trisolaris, che si trova a 4 anni luce di distanza e soffre di periodiche distruzioni a causa dell’instabilità del suo sistema solare, ha lanciato alla volta della Terra una flotta di mille astronavi. A causa della distanza, la squadra d’invasione impiegherà 450 anni per raggiungere il nostro pianeta, ma i trisolariani si preoccupano di impedire qualsiasi possibilità di progresso scientifico dell’umanità nella fisica delle particelle, in modo che l’evoluzione della scienza terrestre non annulli in corso di viaggio la superiorità dell’attaccante.

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Il problema di Liu Cixin

di FRANCO RICCIARDIELLO

Un cambio di passo nel mondo della fantascienza”, commenta il New York Times nella nota riportata in quarta di copertina dell’edizione Mondadori di Il problema dei tre corpi di Liú Cíxīn. E come dargli torto? La lettura di questo romanzo si rivela un piacere inatteso, sia per il neofita abituato a leggere solo saltuariamente fantascienza, sia per l’appassionato di vecchia data. E, cosa ancora più sorprendente, questa storia lunga e complessa è raccontata con una trama disarticolata ma senza tentativi di drammatizzazione narrativa, com’è invece abitudine per gli autori occidentali.

Sì, perché Liú Cíxīn non è un autore americano dal nome immigrato: è uno scrittore cinese che vive in Cina, anche se ha vinto il Premio Hugo attribuito dalla World SF — altra sorpresa, dal momento che non è un autore di madrelingua anglosassone. Infatti The Three-Body Problem, uscito in Cina nel 2007, è stato premiato nel 2015 perché tradotto e pubblicato da Tor l’anno precedente.

Il problema dei tre corpi non è certamente un romanzo di personaggi; l’introspezione psicologica è scarsa, anche se uno dei molti “motori” della trama è il desiderio di revanche di uno dei personaggi principali, l’astrofisica Ye Wenjie, testimone oculare della morte del padre durante una seduta di “autocritica” della Rivoluzione culturale; è un romanzo di idee, e di idee ce ne sono a piene mani, come da tradizione in un romanzo che gioca molto sul futuribile. C’è molta tecnologia, soprattutto radioastronomia e telecomunicazioni, ma anche realtà virtuale; c’è altrettanta scienza — particelle elementari, astronomia e persino un po’ di meccanica quantistica, con quel finale sospeso, preludio a un seguito narrativo, che richiama esplicitamente l’entanglement; c’è infine una gran quantità di immaginazione futuribile, con dimensioni oltre la quarta, geometria avanzata, paradossi matematici, e poi ancora. E tuttavia, in fin dei conti è semplicemente un romanzo sul primo contatto con una civiltà extraterrestre.

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