Réportage dal Vietnam sovietico

William T. Vollmann in Afghanistan

Nel 1982, all’età di 23 anni, il futuro scrittore William Vollmann lascia gli Usa e si imbarca su un aereo diretto il Pakistan, con l’intenzione di raggiungere l’Afghanistan. Il suo scopo è aiutare in qualche modo la resistenza contro l’invasore sovietico: le sue intenzioni nebulose vanno dalla possibilità di prendere parte in prima persona ai combattimenti, fino al più realistico réportage di guerra. Per precauzione porta con sé una quantità di pellicole fotografiche che nella sua immaginazione diventeranno un Afghanistan Picture Show, una mostra figurativa sulla realtà del paese centroasiatico da portare magari in tour per raccogliere fondi da inviare ai profughi — o ai combattenti.

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«Seguo la via dettata dalla Provvidenza, con la sicurezza di un sonnambulo»

Per fortuna l’editoria si occupa finalmente di smentire uno maggiori timori dei fans di William T. Vollmann: il fatto cioè che i (non) molti suoi testi tradotti e pubblicati in Italia finiscano nel dimenticatoio, nel mondo grigio del fuori-catalogo, nel circuito triste dei remainders. Invece devo constatare che trovare un suo libro sulle bancarelle dell’usato o dei book-crossing è veramente arduo, e, soprattutto, Minimum Fax sta recuperando parte del fuori-catalogo dell’editore Fanucci (I racconti dell’Arcobaleno, Storie della farfalla) e promette nuove traduzioni inedite (The Atlas, Poor People). Se a questo aggiungiamo che Mondadori ristampa negli Oscar Europe Central, allora comincio a illudermi che lo zoccolo duri dei fans italiani di Vollmann sia così vorace da condizionare le scelte editoriali.

Vollmanniani di tutto il mondo, uniamoci!

Ecco dunque il tascabile di 1072 pagine di Europe Central, pubblicato nove anni fa nella collana Strade Blu. È apprezzabile la modestia con cui Vollmann parla di “racconti” a proposito di questo mastodontico, indimenticabile romanzo:

“Questi racconti si fondano su fatti storici, ma con un rigore inferiore rispetto alla serie dei Seven Dreams, Il mio fine, in questo caso, era quello di scrivere una serie di parabole su alcuni famosi, famigerati o anonimi attori morali europei osservati nei momenti di importanti decisioni. I personaggi che compaiono in questo libro sono, in gran parte, realmente esistiti, Ho svolto ricerche sulle loro biografie con tutta la cura di cui sono capace, ma la mia resta pure sempre un’opera di narrativa.”

Non credetegli assolutamente quando parla di “rigore inferiore”: al contrario, le pagine esplodono in faccia al lettore con la violenza integrale della Storia, così minuziosamente documentata che c’è chi ha giustamente scritto di fiction al limite della saggistica. Europe Central racconta “l’incubo delle due grandi dittature totalitarie del XX secolo in guerra tra loro: l’Unione Sovietica e la Germania nazista.” Inizia poco prima dell’invasione della Polonia e termina intorno a metà anni Cinquanta, con qualche epilogo di poco avanti nel tempo.

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Un lungo innamoramento

di FRANCO RICCIARDIELLO

il presente post è già apparso come recensione su Pulp Libri

William Vollmann negli anni ’80

Non si può in tutta coscienza dire che la produzione letteraria di William Vollmann rasenti la grafomania di Isaac Asimov o Georges Simenon, o anche solo quella di Andrea Camilleri (almeno da quando il grande pubblico si è accorto di lui) — per citare solo autori che hanno mantenuto un altissimo livello qualitativo malgrado l’intensità delle uscite editoriali; ma certo a scorrere la sua bibliografia c’è da rimanere di sasso. Tra l’altro, contrariamente agli altri che chiamo in causa, i libri di Vollmann sono spesso giganteschi, da 5-600 pagine in su, e di una qualità artistica notevole.

Tentare una classificazione omogenea delle opere di Vollmann, ripartite più o meno a metà tra saggistica e narrativa (forse con una leggera prevalenza della seconda) è già un’impresa. Wikipedia individua tra le opere di fiction quella che chiama prostitution trilogy (riportata nella voce italiana con lo stesso titolo inglese) nella quale è incluso anche questo Storie della farfalla, già apparso in Italia per Fanucci nel 1999 con un titolo che sembrava alludere alle prostitute: Storie di farfalle. In realtà l’originale inglese Butterfly stories riporta farfalla al singolare, in riferimento esplicito al protagonista senza nome, o meglio che cambia nome nel corso del romanzo: è infatti il bambino farfalla nel primo degli otto capitoli, ma diventa il ragazzo che voleva fare il giornalista nel secondo, poi semplicemente il giornalista e infine il marito. La classificazione del romanzo in una supposta prostitution trilogy deriva solo dal fatto che il capitolo più lungo è ambientato a Phnom Penh, dove il giornalista si innamora di una ragazza che lavora in una discoteca.

Per capire però l’equivoco dobbiamo partire dalla trama.

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Guida al postmoderno / ultima parte

“Ombrello” di Valentina Remenar, Lubiana (Slovenia)

L’ultima parte di questa breve (e personalissima) guida al postmoderno in letteratura è dedicata, come promesso, ai grandi romanzi americani, che sono secondo me le colonne portanti del genere. La vera lista che mi ha domandato Giulia Abbate è di conseguenza questa; nei due post precedenti mi sono limitato a un ampio excursus tra autori di tutto il mondo che senz’altro sono punti di riferimento del postmoderno in letteratura — ma quando io penso alla parola postmoderno, gli autori che m’illuminano d’immenso sono questi, e queste sono i loro testi fondamentali. Anche in questo caso, i link rimandano a testi dei quali sono io l’autore: voci Wikipedia compilate dal sottoscritto, benché anonime.

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