“Com’è strano coltivare il mare”, un racconto di Franco Ricciardiello

di LAURA GARONZI, Corso di Letterature comparate dell’Università di Verona

 

Terra Promessa – 10 Racconti di Fanta-decrescita 

La raccolta di racconti Terra Promessa, a cura di Gian Filippo Pizzo, si sviluppa da una domanda ben precisa rivolta dal curatore a dieci autori di fantascienza: è vero che rinunciando a qualcosa della nostra modernità si vivrebbe meglio? Su questo interrogativo si strutturano i dieci racconti che innestano nel tema della fantascienza quello economico. I racconti si basano infatti sulla teoria della decrescita, sviluppata da Serge Latouche (1940), filosofo ed economista francese, che ha criticato l’ideologia del produttivismo e del consumismo. Latouche definisce il significato della decrescita attraverso otto obiettivi (o comportamenti virtuosi) per un circolo virtuoso di decrescita serena, conviviale e sostenibile:

Il cambiamento reale di prospettiva può essere realizzato attraverso il programma radicale, sistematico, ambizioso delle “otto R”: rivalutare, ridefinire, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.[1]

La decrescita è stata definita da Latouche un’utopia concreta, dal momento che non è semplicemente un’elaborazione mentale ed intellettualistica, ma al contrario è attuabile concretamente. Questa ideologia economica e politica trova in Italia un suo esponente in Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la decrescita felice nel 2007, ed è stata appoggiata dal Movimento 5 stelle.

“Com’è strano coltivare il mare” di Franco Ricciardello è il terzo racconto della raccolta e si sviluppa in quaranta pagine. Esso si basa sull’ipotesi che in alcune province a cavallo tra le attuali regioni di Piemonte e Lombardia si compia un esperimento di decrescita controllata, creando in una zona ben delimitata un sistema economico alternativo.

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Le variazioni Gernsback

Il 7 giugno è iniziata la distribuzione in edicola del n. 1643 di Urania Mondadori, “Le Variazioni Gernsback“, antologia di racconti di fantascienza scritti da autori di diversi paesi, fra cui alcuni italiani — compreso il sottoscritto.

La raccolta, curata da Walter Catalano, Roberto Chiavini, Luca Ortino e Gian Filippo Pizzo, è una nuova versione, profondamente rimaneggiata nella scaletta dei testi, di un’antologia con il medesimo titolo e lo stesso argomento pubblicata nel 2015 dalle Edizioni della Vigna.

La prima versione (ISBN 978-88-6276-134-5, 284 pagine per 15,50 euro, 4,99 in ebook), comprende undici racconti di cui otto scritti da autori italiani:

Giulia Abbate – Sinfoniade
Danilo Arona – Il ritorno di Sam Hain: l’antefatto
Michael Bishop – With a Little Help from Her Friends
Giovanni Burgio – Il linfoma Hodgkin e l’immortalità dell’anima
Stefano Carducci e Alessandro Fambrini – Einstein on Mars
Elena Di Fazio – L’ultima milonga
Loredana Pietrafesa – Il dono
Franco Ricciardiello – Sempre dal lato mancino
Piero Schiavo Campo – Ritorno
Robert Silverberg – Il circuito Macauley
Douglas Smith – Sinfonia

Urania parte dalla stessa filosofia, cioè una raccolta di racconti di science-fiction che affrontano il rapporto tra musica e scienza. Si legge nella quarta di copertina:

Non è del tutto chiaro quale sia l’origine della musica ma è sicuro che quest’arte invisibile si è sviluppata con la scienza, in parallelo con la matematica. E.T.A. Hoffmann, che è stato un notevolissimo musicista oltre che scrittore visionario, ha detto che la musica “ci fa entrare… dove la natura parla con accenti inauditi”. Come la fantascienza. Non è un caso che in questa sorprendente antologia Hoffmann sia presente con il suo misterioso “Cavaliere Gluck”, e che insieme a lui troviamo Michael Bishop e Norman Spinrad, Robert Silverberg e Lloyd Biggle, Sean McMullen e Karl Hans Strobl, Danilo Arona ed Henry S. Whitehead. Autori di tutte le epoche e di varie nazionalità che esplorano le nuove incognite della science fiction: quelle a misura d’uomo e quelle dei grandi spazi, dove il solo ritmo che conti – come nel racconto di Spinrad – è la musica della Sfera.

La nuova versione è “adattata alle esigenze di Urania, che sono ovviamente diverse;” la raccolta si apre quindi soprattutto a autori stranieri, anche risalendo indietro nel tempo fino al 1809 di E.T.A. Hoffmann. Le presenze diitaliani scendono da otto a sei, di cui solo quattro racconti presenti nella prima versione; i non italiani salgono invece a otto.

Lloyd Biggle Jr. – Non serve il bastone (1958)
Henry S. Whitehead – La pavane di Ravel (1946)
Giulia Abbate – Sinfoniade
Norman Spinrad – La musica della sfera (2011)
Franco Ricciardiello – Sempre dal lato mancino
Robert Silverberg – Il circuito Macauley (1957)
BrunoVitiello – Rigenerazione
Sean McMullen – I colori dei maestri (1988)
Danilo Arona – Il ritorno di Sam Hain: l’antefatto
Michael Bishop – With a Little Help from Her Friends (1984)
Giovanni Burgio – Il paradosso Glenn Gould
E.T.A. Hoffmann – Il cavaliere Gluck (1809)
Stefano Carducci e Alessandro Fambrini – Einstein on Mars
Karl Hans Strobl – Il maestro Jericho (1919)

Segue come postfazione un interessante intervento di Walter Catalano su musica e fantastico.

Chiudo questo post con una breve recensione del mio racconto compeso nell’antologia, Sempre dal lato mancino, a firma di Gianluca Mercadante, pubblicata sul quotidiano La Stampa del 29 aprile 2015

Cosa c’entrano musica e fantascienza? Moltissimo, almeno secondo Walter Catalano, Luca Ortino e Gian Filippo Pizzo, curatori della ben orchestrata antologia «Le Variazioni Gernsback» (Ed. Della Vigna, pp. 294, € 15,50). Tra gli 11 racconti proposti, concepiti come partiture, quello del vercellese Franco Ricciardiello spicca per la capacità di gestire, nell’ambito di un solo e pur lungo racconto, una storia avventurosa e densa di mistero, che abbraccia quasi due secoli e mezzo. Come e perché dovrete scoprirlo da soli, sarebbe un delitto privarvi della sorpresa. D’altra parte è proprio da un delitto che tutto sembra partire, anche se a partire immediatamente dalla reggia dove sono ospiti saranno invece Madame de Verceil e Monsieur de Sainte-Colombe. La prima ha appena assassinato il ciambellano del duca di Savoia e tramortito la madre del secondo, che dopo un concerto per pochi intimi nella sala d’onore della ricca magione, dovrà suo malgrado allontanarsi in fretta: da Torino verso la Francia, e ancora in Inghilterra, lasciando ricadere la colpa dell’omicidio sulla propria madre. Ma la vera direttrice d’orchestra nel testo di Ricciardiello, intitolato «Sempre dal lato mancino», è la figura arcana di Madame de Verceil, tratteggiata con tanta maestria da renderla indimenticabile.