di LAURA GARONZI, Corso di Letterature comparate dell’Università di Verona
Terra Promessa – 10 Racconti di Fanta-decrescita
La raccolta di racconti Terra Promessa, a cura di Gian Filippo Pizzo, si sviluppa da una domanda ben precisa rivolta dal curatore a dieci autori di fantascienza: è vero che rinunciando a qualcosa della nostra modernità si vivrebbe meglio? Su questo interrogativo si strutturano i dieci racconti che innestano nel tema della fantascienza quello economico. I racconti si basano infatti sulla teoria della decrescita, sviluppata da Serge Latouche (1940), filosofo ed economista francese, che ha criticato l’ideologia del produttivismo e del consumismo. Latouche definisce il significato della decrescita attraverso otto obiettivi (o comportamenti virtuosi) per un circolo virtuoso di decrescita serena, conviviale e sostenibile:
Il cambiamento reale di prospettiva può essere realizzato attraverso il programma radicale, sistematico, ambizioso delle “otto R”: rivalutare, ridefinire, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.[1]
La decrescita è stata definita da Latouche un’utopia concreta, dal momento che non è semplicemente un’elaborazione mentale ed intellettualistica, ma al contrario è attuabile concretamente. Questa ideologia economica e politica trova in Italia un suo esponente in Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la decrescita felice nel 2007, ed è stata appoggiata dal Movimento 5 stelle.
“Com’è strano coltivare il mare” di Franco Ricciardello è il terzo racconto della raccolta e si sviluppa in quaranta pagine. Esso si basa sull’ipotesi che in alcune province a cavallo tra le attuali regioni di Piemonte e Lombardia si compia un esperimento di decrescita controllata, creando in una zona ben delimitata un sistema economico alternativo.
Tempo
“Com’è strano coltivare il mare” è un racconto distopico ambientato in un futuro collocabile dopo gli anni Quaranta del nostro secolo, ciò si può evincere da alcuni indizi presenti nel testo, come ad esempio: il vecchio marxista era il «segretario parlamentare negli anni Venti [del duemila]» (pag. 47) e il suo amico da Roma è «un uomo di oltre vent’anni più giovane» di lui e «vent’anni fa era il suo delfino nel comitato centrale del Partito» (pag. 44).
Per analizzare questo racconto è necessario considerare il momento storico in cui è stato ideato. L’Italia è stata duramente colpita dalla crisi economica internazionale a partire dal II trimestre del 2008; dopo una timida ripresa nel 2010 grazie alle misure anticrisi, dal 2011 al 2013 il PIL ha cominciato a calare vertiginosamente con una contrazione dei consumi delle famiglie e degli investimenti. L’estenuante situazione di recessione ha alimentato il dibattito politico facendo così diventare la decrescita felice un tema caldo. Questa fragile situazione economica subiva inoltre la continua pressione da parte della Comunità Europea riguardo ai tagli alla spesa per cercare di contenere il pesante debito pubblico, che secondo l’ISTAT nel 2013 aveva raggiunto il valore più alto dal dopoguerra ed era in crescita per il sesto anno consecutivo con un valore che superava 2.069 miliardi, corrispondenti al 132,6% del PIL. L’Italia si posizionava così al quarto posto al mondo nella classifica dell’indebitamento in rapporto al PIL, dietro a Giappone, Zimbabwe e Grecia.
La raccolta Terra promessa è stata pubblicata nel 2014 e, come testimonia il rapporto del CNEL riguardo il 2012-2013, l’Italia si era appena lasciata alle spalle quello che è stato definito uno degli anni peggiori della storia dell’economia italiana dal secondo dopoguerra.
Il presente dell’autore, caratterizzato dalla crisi e dalla recessione economica, permea l’immaginario del futuro e ciò è evidente in questo racconto che, anche se non parla mai apertamente di essa, fa percepire una sensazione di mancata fiducia per ciò che ci attende. Il futuro immaginato dall’autore è quindi strettamente legato al presente in cui vive.
La vicenda raccontata riguarda il periodo dell’esperimento della Zona Decrescita, che teoricamente dovrebbe durare dieci anni, ma che alla fine dell’ottavo anno collassa. Si può inoltre dedurre dal racconto che è stato necessario un lungo lavoro preparatorio nei mesi precedenti al giorno in cui è stato dato il via all’esperimento, data in cui comincia il racconto. Nella descrizione dei personaggi inoltre emergono altre coordinate temporali che ampliano il tempo di riferimento del racconto indietro fino agli anni Venti del duemila, sappiamo infatti che in quel periodo il vecchio marxista era segretario della sinistra parlamentare.
Il racconto di Ricciardiello descrive la creazione di qualcosa di totalmente nuovo, «non uno Stato né un modo di vivere, ma un insieme di relazioni assolutamente inedito nella Storia»[2]; per questa ragione, la datazione degli anni riportata nella vicenda pone come anno Zero quello a partire dal quale è stato dato il via all’esperimento. Il Giorno Zero corrisponde all’equinozio di primavera e l’esperimento termina il giorno del solstizio di inverno dell’ottavo anno. Il tempo durante questi otto anni viene scandito con il passare dei mesi, ma spesso ci sono anche dei riferimenti all’andamento delle diverse stagioni, elemento cardine su cui si sviluppa la vita agricola tipica della Zona. Non viene mai fornita al lettore una data esplicita, tuttavia nello svolgersi del racconto vengono citati degli strumenti tecnologici come il cellulare, il forum e la rete internet che diventano indizi dai quali è possibile fare delle ipotesi di legame tra il tempo della vicenda e il presente.
I verbi del racconto sono quasi sempre all’indicativo presente, a parte le sequenze di Rebecka Edén riguardo la sua esperienza nella Zona, che fanno emergere i suoi ricordi e per questo sono scritte in passato remoto e imperfetto indicativo; un’altra eccezione riguarda le pagine in cui il narratore riassume ciò che è accaduto nella Zona attraverso dei sommari al tempo passato.
L’andamento temporale della vicenda è di norma lineare, con una coincidenza tra fabula e intreccio, vi sono poche eccezioni, concentrate nella sequenza finale in cui si può rintracciare un’anticipazione dell’esito negativo dell’esperimento della Zona Decrescita, che fa seguire un flashback che descrive la situazione dei giorni precedenti alla fine. Anche le memorie di Rebecka della sua esperienza nella Zona sembrano seguire un filo temporale coerente, anche se, essendo il suo racconto collocato nelle dinamiche del ricordo, talvolta ciò fa emergere delle digressioni riguardo al suo passato, come ad esempio quando la donna ripensa a suo marito e a quello che le ha fatto passare (pag. 43). Dal momento che la durata dell’esperimento è di otto anni, sono presenti molte ellissi la cui durata può variare da poche ore a intere stagioni; queste spesso coincidono con l’inizio di una nuova sequenza e sono introdotte da frasi che indicano immediatamente al lettore il salto temporale. Esempi di indicatori dei “tagli” temporali possono essere considerati i seguenti: «fu un sogno lungo un’intera estate» (pag. 47), «quando finalmente arrivò la bella stagione» (pag. 53), «il secondo anniversario del Giorno Zero», «fu un inverno lungo e crudo» (pag. 64).
Spazio
La vicenda si svolge prevalentemente nella Zona della Decrescita o ai confini con essa, per esempio presso la casa del vecchio marxista, per sua stessa ammissione talmente vicina che se gli dovesse cadere una cosa giù dal balcone finirebbe nella Zona. La Zona Decrescita è un rettangolo di territorio italiano delimitato a nord dalle Alpi, a ovest dal fiume Sesia e ad est dal fiume Ticino, entrambi affluenti del Po, confine naturale della Zona a sud. Il narratore sottolinea, mediante una velata intrusione nella narrazione, come la Zona Decrescita sia un «dispositivo pressoché perfetto, quasi tutto funziona grazie al volontarismo e migliaia di attivisti, come se si fosse in Svizzera al posto che in Italia» (pag. 45).
Non viene dedicato molto spazio alla descrizione dei luoghi e alle emozioni e che essi suscitano nei personaggi, se non nelle sequenze con Rebecka come narratrice; qualche volta la donna si sofferma in brevissime descrizioni riguardo la meraviglia dei colori del paesaggio agricolo coltivato a risaie, che «la geometria dei fossi divideva nei colori dell’aurora» (pag. 43). La grandissima quantità di luoghi citati, che trovano tutti corrispondenza nella realtà, è l’elemento distintivo di questo racconto. Questo espediente narrativo crea un effetto di realtà poiché colloca la finzione dell’esperimento di decrescita in un contesto reale e rintracciabile. È possibile infatti cercare su una mappa i luoghi in cui sono passati, nella finzione narrativa, i personaggi, trovare i percorsi ferroviari, le stazioni, le università e perfino le vie. Questa caratteristica del racconto fa emergere chiaramente quanto l’autore trovi ispirazione nella geografia per la stesura dei suoi racconti e romanzi.
Nonostante l’ambientazione locale delle vicende del racconto, sin dalle prime pagine emerge un coinvolgimento mondiale: lo stesso narratore dichiara che la gente «assiste incollata agli schermi da Seattle a Johannesburg a Helsinki» (pag. 41), che ormai tutto il mondo chiama gli abitanti della Zona Decrescita “décro” (pag. 42) e che i «reporter di tutto il mondo [che] stazionano negli alberghi di Novara costruiscono storie fantasiose sui gemelli Ferri» (pag. 46). Da ciò si evince un contesto internazionale che osserva con occhi curiosi il “caso di decrescita” tutto italiano con desideri, specialmente nei primi anni dell’esperimento, di riproducibilità in Canada, Francia e Spagna; inoltre, entusiasti da tutto il mondo fanno domanda per poter partecipare.
Essendo la Zona Decrescita un luogo ben delimitato c’è una distinzione tra un dentro e un fuori che, per rimarcare la differenza, viene definito Esterno. Gli unici collegamenti fisici tra le due diverse zone sono il ponte coperto di Pavia, quello di Carpignano e quello sul Ticino; tutti e tre vengono bloccati e per attraversarli è necessario avere un visto di ingresso. Esiste anche un’altra tipologia di collegamento, quello economico, che avviene mediante le Maquiladoras, «stabilimenti in joint-venture con l’Esterno» (pag. 72) che impiegano lavoratori della Zona e permettono di pagare le importazioni di energia. Tutti gli ingressi alla Zona sono sigillati poiché gli accordi escludono i contatti senza controllo con l’Esterno, per ragioni di monitoraggio dell’esperimento. L’accordo di istituzione della Zona Decrescita garantisce al governo italiano diritti su due enclaves: l’Isola Bella sul Lago Maggiore e il complesso monumentale di piazza ducale a Vigevano.
Nel racconto sono presenti dei luoghi per la gestione del potere: a Milano si trova la cabina di regia in cui avviene il confronto tra gli esponenti politici della Zona e gli studiosi del mondo esterno, preoccupati per la non sostenibilità dell’esperimento a causa di un’eccessiva accelerazione della decrescita. Roma mantiene il suo ruolo centrale nella politica italiana del mondo esterno, mentre il quartier generale della Zona Decrescita è il Broletto, dove storicamente, a partire dal XI secolo, si sono svolte le assemblee cittadine e l’amministrazione della giustizia a Novara, e dove oggi ha sede il Comune.
Da non sottovalutare infine è il luogo virtuale del forum che, oltre ad essere uno strumento politico e un mezzo di comunicazione e di espressione per gli abitanti, è prima di tutto il luogo pubblico virtuale in cui il cittadino può esprimere la propria volontà e le proprie opinioni riguardo il presente in cui vive. Il forum in questo modo diventa il mezzo democratico attraverso cui è possibile esercitare la democrazia diretta; questa, alla fine del racconto, viene esplicitamente criticata nell’analisi della situazione fatta dal presidente del consiglio che, durante il suo discorso alla camera dei deputati, dice che «la democrazia diretta [è] auspicabile solo in comunità molto ristrette» (pag.76). La critica alla concezione distorta di democrazia come governo della maggioranza, piuttosto che fondata sul rispetto dei diritti delle minoranze, emerge comunque durante tutta la narrazione.
Narratore
Il racconto è diviso in quattro macrosequenze, a ciascuna delle quali è attribuito un titolo che indica il periodo trattato. Questa divisione fa comprendere fin da subito la linearità temporale del racconto a livello generale. La narrazione della vicenda avviene alternando due diverse tipologie di narratori: narratore esterno e narratore interno. Il narratore esterno assume diverse focalizzazioni a seconda delle vicende. La focalizzazione esterna è adibita alle sequenze dedicate ai resoconti delle vicende all’interno della Zona, quella interna segue principalmente la vita del vecchio marxista o dei suoi nipoti. La narrazione interna a focalizzazione interna fissa è riservata alla storia di Rebecka Edén, a cui sono dedicate sette sequenze del racconto.
Il narratore esterno riesce nel complesso a mascherare la sua presenza anche se all’interno del racconto ci sono delle eccezioni, come ad esempio «sarebbe interessante sapere cosa ne pensa ***» (pag. 47) e «vista da qui, la Zona sembra a portata di mano» (pag. 61).
Il narratore esterno non si rivolge ad un narratario esplicito. Rebecka Edén invece racconta la sua vicenda e la esperienza nella Zona ad un tu immaginario, che può essere identificato con lei stessa del presente.
Uno spazio speciale è dedicato al Forum attraverso cui si pratica la democrazia diretta all’interno della Zona; in queste sequenze narrative il narratore è esterno con focalizzazione esterna e adotta una narrazione mimetica. Il narratore scompare dalla narrazione seguendo il canone dell’impersonalità, realizzando così un racconto di parole. Con la scomparsa del punto di vista visivo e ideologico del narratore sparisce anche la sua stessa voce che viene sostituita, senza filtri, da quella dei personaggi; per questa ragione, nelle sequenze dedicate ai forum, la figura del narratore è assimilabile a quella dell’editore che si limita, nella finzione narrativa, a mettere insieme e selezionare il racconto di altri senza aggiungere nulla di proprio. Con questo passaggio di voce, mediante il silenzio del narratore, si percepisce immediatamente un cambio di registro con espressioni che rimandano ad un idioletto che potrebbe essere definito social, con espressioni tipiche del turpiloquio. I post dei forum, sia dei décro che di Luna Candia, hanno come narratori i membri della community di riferimento
Personaggi
Il vecchio marxista, del quale non ci viene detto il nome, ma viene menzionato come ***, è stato segretario della Sinistra parlamentare negli anni Venti e si è dichiarato completamente contrario all’esperimento di decrescita controllata, sostenuto invece dai suoi nipoti. Egli viene rappresentato come un uomo di altri tempi, ascolta Bach e Beethoven ed è uno dei pochi ad andare ancora in libreria (infatti ne è rimasta solo una, nel centro storico). Venti anni prima del Giorno Zero era ancora attivo politicamente. Per comprendere la sua personalità è rilevante il suo modo di approcciarsi ai luoghi. Quasi tutte le sequenze del racconto a lui dedicate, focalizzate da suo punto di vista, si svolgono nella sua casa, a parte quando esce per comprare un libro di storia romana e successivamente per incontrarsi con i suoi nipoti. La sua vita si identifica in un equilibrio tra luogo interno ed esterno, con cui comunica quando guarda fuori dalla finestra del terrazzo; mediante questo contatto con l’esterno può osservare al di là del Ticino, verso la Zona Decrescita.
I nipoti del vecchio marxista sono i gemelli Ferri, detti anche “gemelli di ferro” (pag. 46) dalla cronaca giornalistica. All’inizio del racconto hanno ventisette anni. Sono i motori trainanti dell’esperimento della Zona Decrescita e sono talmente influenti da essere considerati la seconda icona della Zona dopo Ivano Zingarelli. Credono fortemente nel progetto, tanto da dedicarci molto del loro tempo privato e da spostarsi essi stessi a vivere nella Zona. Nonostante il loro attaccamento al progetto, davanti al pericolo causato dalla eccessiva decrescita, molto più rapida rispetto alle previsioni, sono pronti a riorganizzare il trattato con l’Esterno e a rallentare il trend di contrazione per evitare un collasso, facendo così parte della “Linea politica 1” (pag 61). Non lasceranno la Zona nemmeno dopo la loro «defenestrazione politica» (pag. 63). Sono dei personaggi che sono pronti a modificare le proprie idee di partenza e a ricredersi, non si tirano indietro davanti alle difficoltà, credono veramente nella causa della decrescita. Durante il racconto compiono un percorso evolutivo anche se rimangono fino alla fine legati ai loro ideali, al punto di farsi consumare anche fisicamente dalla Zona, alla fine del racconto infatti appaiono «vent’anni più vecchi» (pag.79). Coscienziosi e umili, pur impegnandosi al massimo non riusciranno a salvare la Zona dal collasso causato da una combinazione di perturbazioni atmosferiche e carestie; i loro ideali e principi non potranno fare niente contro la degenerazione politica connaturata nella democrazia del Web. Pietro Ferri è il primogenito davanti alla legge, perché è stato partorito per secondo. Egli si è laureato in informatica ma di professione fa il fabbro artigiano. Risulta essere la figura più influente della Zona dopo Ivano Zingarelli; in questo supera di gran lunga il fratello che è molto più istintivo. Ha due figli dalla moglie Chiara, uno di nome Andrea e l’altro che nasce dopo il loro trasferimento all’interno della Zona. Marino Ferri, libero professionista, è entato nel movimento favorevole alla Zona Decrescita qualche anno dopo rispetto al fratello.
Ivano Zingarelli con la sua immagine di pasionario della Decrescita è la vera icona del movimento. A causa di una malattia neurodegenerativa progressiva, la sclerosi laterale amiotrofica, trascorre il tempo del racconto presso l’ospedale Molinette di Torino, inchiodato nel suo polmone artificiale. Da giovane era «titolare della cattedra di Filosofia alla Statale di Torino» (pag. 46). La malattia lo ha paralizzato progressivamente nel giro di pochi anni, costringendolo prima su una sedia a rotelle poi dentro una macchina che gli permette di respirare. A Zingarelli viene dedicata una sezione del racconto a pagina 55 dove, sotto forma di intervista, egli espone gli obbiettivi da raggiungere e i pilastri della Decrescita: diminuzione dei consumi e dell’impatto sul territorio, limitazione dei movimenti di merci e capitali e infine de-urbanizzazione e ritorno graduale all’economia agricola. A dicembre dell’anno VI l’ideatore della Zona Decrescita muore lasciando come eredi del suo progetto da una parte i fratelli Ferri, ormai spodestati, e dall’altra la sua ex segretaria Luana Candia, la quale il giorno precedente al trasporto del feretro a Galliate gli dedicherà un post sul suo forum.
Luna Candia è una giovane donna dallo sguardo tagliente che rappresenta principalmente i commercianti, gli artigiani e i coloni. Dopo la mancata rielezione in Giunta al termine del III anno diventa presidente della dG-Bank per poi ritornare sulla scena politica insieme al suo entourage al termine del IV anno. Molto probabilmente ha svolto il ruolo di burattinaia nel colpo di mano che ha fatto cadere la Giunta e con essa anche i fratelli Ferri. Intorno a lei si è raccolta la “Linea 3” (pag. 61), quella più radicale, che trova la soluzione ai problemi della Zona nell’isolamento della rete locale, sostenendo la necessità della prosecuzione dell’esperimento a porte chiuse. Questo avverrà quando la nuova Giunta farà innalzare la «cortina di silenzio» (pag. 63). La sua posizione radicale e inflessibile provocherà la rovina dell’esperimento; non a caso il racconto termina con un la descrizione di lei che, avvolta in una coperta di lana a causa della temperatura di 10° sotto zero, osserva il fallimento del progetto della Zona Decrescita, «il progressivo rigor mortis del cadavere di Utopia» (pag. 80)
Rebecka Edén è la voce narrante che ci racconta in prima persona la propria esperienza nella Zona. È arrivata in Italia partendo da Arlanda, nell’hinterland di Stoccolma, insieme alle sue due figlie. Per lei la Zona Decrescita rappresenta un nuovo inizio e la fine della sua vecchia vita e, con essa, la liberazione dalla presenza del marito. Rebecka all’inizio del racconto è un personaggio ingenuo, che si fida dell’esperimento e si fa travolgere dalla situazione; l’episodio della rivolta contro la Giunta, che lei crede spontanea e solo in seguito si accorge essere stata organizzata dal suo amante Attilio, ne è una dimostrazione. Durante la manifestazione lei stessa dichiara di non essere sicura di ciò che sta facendo, quello da cui è attratta è il sentirsi parte di qualcosa più grande di lei (pag. 62). Aveva studiato belle arti e lei stessa ammette di non capire ciò che riguarda gli aspetti economici della Zona. Rebecka durante gli otto anni subisce un processo di progressivo disincanto che si sviluppa in relazione al decadimento della Zona Decrescita e che trova il suo momento di consapevolezza massima quando, per punirla per i suoi rapporti con Attilio, ormai caduto in disgrazia, viene mandata a lavorare in una Maquiladora: solo allora si pente per la prima volta di aver scelto la Zona otto anni prima.
Due personaggi legati a Rebecka sono Attilio, l’uomo sposato con cui ha una relazione, e Carin Strenius, amica del vecchio marxista e prorettore dell’università di Lund in Svezia, che si scopre essere sua zia materna. Questi due personaggi nel corso del racconto svolgono il ruolo di aiutanti di due diverse fazioni. Attilio infatti si occupa dell’organizzazione della manifestazione dei Contadini Clandestini contro i fratelli Ferri, sostenendo la politica Luna Candia. Carin Strenius invece, attraverso un’analisi dei dati del Ministero degli interni, sottolinea la pericolosità della situazione economica all’interno della Zona invitando i fratelli Ferri ad un rallentamento per evitare un collasso. Ma con l’affermarsi della “Linea 3” purtroppo la sua accurata analisi economica non viene ascoltata provocando così il suicidio dell’esperimento.
L’amico di Roma del vecchio marxista, rispetto al quale è più giovane di oltre vent’anni, fornisce a *** i dati del Ministero degli Interni riguardo la Zona. «Ha capelli folti e brizzolati, è il tipo che piace alle donne» (pag. 44). Vent’anni prima del Giorno Zero era il delfino del vecchio marxista nel comitato centrale del Partito, adesso è Ministro dell’Interno nel governo di coalizione. L’ottavo anno diventa presidente del consiglio in pectore. Il vecchio marxista lo critica perché due legislature prima era riuscito ad attribuirsi il merito della Zona e successivamente è stato rieletto per aver «tenuto fuori il paese dal fallimento dei décro» (pag. 71).
Nel racconto ci sono altri personaggi secondari. La svizzera Patty Kuhn, esponente della “Linea 2”, largamente minoritaria e che raccoglie soprattutto elementi di origine non italiana, è schierata per la prosecuzione ad oltranza dell’esperimento della Zona, anche se riconosce la possibilità di un fallimento a causa del ritmo troppo elevato di decrescita. La moglie del marxista, autodefinitasi «la Cassandra dei vecchi economisti» (pag. 45), non svolge un ruolo molto attivo nella vicenda, limitandosi a rivolgere domande al marito. Inoltre vi è tutta la popolazione della Zona Decrescita, «350 mila nuovi abitanti (che ormai tutto il mondo chiama i “décro”), 200 mila “autoctoni” che hanno accettato senza entusiasmo l’esperimento piuttosto che lasciare casa, circa 50 mila residenti che hanno aderito alla proposta» (pag. 42). A questi abitanti vanno aggiunti i Coloni che partecipano all’esperimento con il nuovo progetto, inaugurato nel secondo anniversario dal Giorno Zero. Ci sono infine le migliaia di Contadini Clandestini, detti anche C.C., che «entrano illegalmente attraverso il confine svizzero, le montagne della Valsesia o il Lago Maggiore» (pag. 58). Questi ultimi, non avendo ottenuto un posto né con l’homeswap né tra i Coloni, costituiscono delle «comunità nelle valli, lontano dai controlli dei volontari» (pag. 59) e svolgono un ruolo attivo nel colpo di mano contro la Giunta e i fratelli Ferri e negli scontri che si cominciano a verificare dal VII anno.
Curiosità
Il racconto prende il nome da un verso della canzone che Attilio insegna a Rebecka durante un viaggio in treno verso Novara. Il verso appartiene alla canzone “Saigon” del cantautore italiano Francesco De Gregori, un componimento che racchiude un tema politico, anche se velato da parole, sfuggenti ma al contempo evocative, di dedica ad una donna e alla terra in cui ella vive. La canzone è stata composta nel 1973 e fa riferimento alla guerra del Vietnam, conclusasi il 30 aprile 1975 con la caduta o liberazione di Saigon, dopo la quale la città ha assunto il nome di Hồ Chí Minh come dedica al padre fondatore del Vietnam. De Gregori ha ammesso che da questa canzone non emergeva esattamente la città autentica di Saigon, la capitale di uno stato in guerra, ma un luogo della mente e del mondo, un simbolo della libertà.
Oltre che un ideale di libertà, il legame tra la Zona Decrescita e la Saigon di De Gregori è la coltivazione del riso, che caratterizza il paesaggio di entrambi i luoghi.
Donna giovane del Vietnam/ com’è strano coltivare il mare,/ quanti fiori ti ha dato già,/ quanti altri te ne potrà dare./ Da qui a Saigon la strada è buona./ Terra libera, terra scura,/ quest’autunno cambierai colore,/ con il vento e sarà la pioggia che cadrà/ senza bagnarti il cuore./ Da qui a Saigon la strada è buona./ C’è mio figlio che ha occhi grandi/ quando guarda verso Sud,/ c’è il tramonto che lo accarezza/ quando guarda verso Sud./ Da qui a Saigon la strada è buona./ Cerca il cielo attraverso i rami,/ cerca il cielo e lo troverai,/ sole nasce e sole muore/ ed il cielo non cambia mai./ Da qui a Saigon non cambia mai/ Cerca il cielo attraverso i rami,/ cerca il cielo e lo troverai,/ sole nasce e sole muore/ed il cielo non cambia mai/ Cerca il cielo attraverso i rami,/ cerca il cielo e lo troverai,/ sole nasce e sole muore/ed il cielo non cambia mai/ non cambia mai.[3]
Questo brano originale di De Gregori è conosciuto bene da Ricciardiello, anche se la versione che ha cullato il suo immaginario nel tempo dell’ideazione del racconto è stata la cover di Paola Turci[4].
È importante sottolineare che dietro questa canzone si nasconde una drammatica vicenda storica: il genocidio cambogiano, in cui sono morte circa tra 1.500.000 e 3.000.000 di persone, quasi un terzo della popolazione. Questo sterminio è avvenuto ad opera dei Khmer Rossi tra il 1975 e il 1979, cioè tra la caduta del governo fantoccio filoamericano e l’invasione vietnamita. Questi ultimi, seguaci del Partito Comunista di Kampuchea in Cambogia, avevano come obiettivo la “purificazione” del paese per la nascita di una nuova società cambogiana. Per questa ragione isolarono la Cambogia dal resto del mondo e il territorio venne trasformato in un campo di lavoro per cancellare qualsiasi traccia della cultura occidentale. Lo sfruttamento della manodopera deportata e costretta a vivere in condizioni inumane, l’assenza di cure, le carestie (provocate dalla sconsiderata politica agricola) causarono migliaia di morti. Il progetto socio-economico dei Khmer Rossi si basava sulla costituzione di una società agricola autosufficiente, che doveva realizzarsi anche attraverso la scomparsa della moneta, ma che si risolse in uno sterminio di massa.
Elementi futuribili
Questo racconto parla di un futuro possibile, ma gli elementi futuribili non emergono tanto dalla tecnologia quanto dall’organizzazione politica ed economica della realtà utopica immaginata nel racconto.
La tecnologia che riempie la vita dei personaggi è molto simile alla nostra del secondo decennio degli anni duemila, con cellulari che fanno videochiamate, treni talvolta ad alta velocità, automobili, stereo per ascoltare la musica, autobus, aerei, eccetera. Essa non è futuristica, non ci sono sostanziali innovazioni tecnologiche rispetto ai nostri tempi perché il focus del racconto è indirizzato verso altri temi. È comunque rilevante analizzare i mezzi tecnologici perché sono causa di inquinamento e di consumo energetico, prodotti del consumismo contro il quale nel racconto si schiera il Movimento per la decrescita. Nonostante il non eccessivo progresso tecnologico c’è una discrepanza tra l’esterno e l’interno della Zona, in cui infatti vengono usati strumenti appartenenti al secolo scorso o a quello precedente, come per esempio il «vecchio Telaio Jacquard» (pag. 48) che venne presentato nel 1801 dal francese Joseph-Marie Jacquard e rivoluzionò la produzione tessile del XIX secolo. All’interno della Zona vengono eliminate le autovetture e gli unici mezzi per potersi spostare sono i rari treni o le biciclette, con le quali viene fatta anche la manifestazione contro la Giunta usando come “arma” il frastuono dei campanelli. Legato alla tecnologia emerge anche il tema della sorveglianza, con il «satellite geostazionario che controlla ogni metro della Zona» e «software che analizzano l’intero flusso di comunicazioni» (pag.71).
La politica della decrescita ha obiettivi molto chiari: diminuire il volume dell’economia del 65% in sei anni per poi mantenerlo indefinitamente a quel livello. I tre pilastri che lo muovono sono la diminuzione dei consumi e dell’impatto sul territorio, la limitazione dei movimenti delle merci capitali all’ambito locale insieme alla de-urbanizzazione e il ritorno graduale all’economia agricola. Tutto funziona mediante il volontarismo di migliaia e migliaia di attivisti. Il progetto è realizzabile attraverso l’autosufficienza alimentare, supportata da un programma di distribuzione degli orti appartenenti ai terreni demaniali. La liquidità viene ridotta con investimenti negativi finalizzati al controllo del capitale industriale, incoraggiando così alcuni settori e ostacolandone altri. La minor quantità di denaro in circolazione e la trasformazione di banconote in un bene qualsiasi incentiva il ritorno al baratto. Vengono anche introdotti i temi dell’euro e della creazione di una moneta interna; è rilevante a questo proposito ricordare che alla data di pubblicazione del racconto, nel 2014, quasi la metà degli italiani considerava un fatto positivo uscire dalla moneta unica. Al termine di questo racconto si evince che la creazione di un progetto come quello della decrescita può essere realizzabile solo attraverso l’isolazionismo, ma soprattutto che i rischi di un tale esperimento economico e sociale sono enormi. A questo proposito, nell’ultima sequenza con Rebecka come narratrice, la donna dichiara che nell’ultimo anno dell’esperimento i tafferugli diventarono veri e propri scontri e che si «cominciò davvero a soffrire di fame» (pag. 74), lei e le figlie riuscivano a sopravvivere solo grazie ai prodotti dell’orto e a i bonifici bancari mandati dalla madre che viveva in Svezia.
Commento
Leggendo il racconto “Com’è strano coltivare il mare” si comprende immediatamente che dietro le parole si nasconde molto di più rispetto ad una semplice narrazione. Durante la lettura di queste quaranta pagine, il lettore è indotto inevitabilmente ad interrogarsi sul presente e sulla situazione economica e politica degli ultimi anni. Questioni come il sistema delle banche, i «crediti inesigibili» e il «deficit di patrimonializzazione» (pag. 60) diventano temi importanti per capire la motivazione del collasso della Zona Decrescita, ma soprattutto per comprendere la situazione del presente. Il merito più grande che va riconosciuto all’autore è quello di essere riuscito a sfruttare questo racconto fanta-economico per esaminare le problematiche derivanti dall’idealismo applicato all’economia e la concezione distorta della democrazia. La lettura richiede un lettore attento pronto ad indagare e interrogarsi sui problemi trattati; un lettore di questo genere troverà sicuramente grande soddisfazione per la credibilità del racconto e apprezzerà l’ambizione del progetto portato avanti dall’autore con grande rispetto per il patto narrativo.
© Laura Garonzi, 2017
[1] Serge Latouche, La scommessa della decrescita (Le pari de la décroissance, 2006), Milano, Feltrinelli, 2007, p. 98.
[2] Franco Ricciardiello, “Com’è strano coltivare il mare”, Terra Promessa, a cura di Gian Filippo Pizzo, Chieti, Tabula Fati, 2014, p. 45. D’ora in poi, quando citerò questo racconto, indicherò il numero di pagina direttamente nel testo, tra parentesi.
[3] Francesco De Gregori, “Saigon”, nell’album Alice non lo sa, Italia, Sony BMG music entertainment S.p.a, Ⓟ1973.
[4] Paola Turci, “Saigon”, nell’album Paola Turci: Greatest Hits, Italia, Sony BMG music entertainment S.p.a, Ⓟ2003.
Bibliografia
Asciuti Claudio, “L’infinito caos dei generi letterari”, IF Protofantascienza, VI, n. 16, luglio 2014, pp. 56-63.
Grosser Hermann, Narrativa, Milano, Principato, 200410.
Ricciardiello Franco, “Com’è strano coltivare il mare”, Terra Promessa, a cura di Gian Filippo Pizzo, Chieti, Tabula Fati, 2014.
Sitografia
Analisi “Decrescita” sui trend Google, consultato il 28/05/2017.
Bibliografia italiana di Franco Ricciardiello, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, consultato il 26/05/2017.
Blog di Franco Ricciardiello consultato il 28/05/2017.
ISTAT Quadro statistico semestrale dei principali indicatori economici, consultato il 28/05/2017.
Riguardo al genocidio cambogiano:
https://en.wikipedia.org/wiki/Cambodian_genocide, consultato il 10/05/2017.
http://freeweb.dnet.it/liberi/cambogia/cambogia.htm, consultato il10/05/2017.
Franco Ricciardiello sul genocidio cambogiano;:
Il processo ai khmer rossi, su Carmillaonline, 23 marzo 2011
La vita di Pol Pot, su Carmillaonline, 9 aprile 2011
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