Italia futura, presente!

Questa bella antologia di Delos Digital raccoglie sette racconti lunghi apparsi nella collana Futuro present curata da Giulia Abbate e Elena Di Fazio, avviata nel 2016 e giunta ormai all’uscita n. 26. La fantascienza a sfondo sociale è la filosofia di fondo che unisce le pubblicazioni; cito da un post del blog di Studio 83, l’agenzia letteraria di Abbate e Di Fazio (che non ha però nulla a che vedere con Delos Digital):

La diversità, l’integrazione, l’immigrazione, le ingiustizie sociali, le sopraffazioni e la violenza di genere, l’ecologia, le bufale online, la guerra, la mutazione, la sicurezza, la segregazione, il terrorismo, il razzismo, l’incontro, tutti trattati in chiave narrativa con storie intense e coinvolgenti e spesso con una buona dose di ironia e umorismo.

Questi i temi privilegiati; e devo dire che i titoli apparsi finora compongono, secondo me, il miglior gruppo di testi della casa editrice milanese — e probabilmente, dell’intero panorama della fantascienza italiana contemporanea. Questa antologia, pubblicata solo in versione cartacea, non raccoglie il meglio della collana, bensì una serie di racconti con un ombrello tematico comune: il futuro dell’Italia; si legge nella prefazione:

È questo il fil rouge che lega le opere qui presenti, e vuole dare uno spaccato sull’immaginario che fantascientiste e fantascientisti del nostro paese hanno plasmato immaginando vizi e virtù del domani.

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Michelangelo e la Luna

Perché le arti hanno un ruolo così marginale nella fantascienza?

di FRANCO RICCIARDIELLO

Il presente post riporta il testo del mio intervento a Stranimondi 2019

“La maschera oscurata” di Lente Scura (Italia)

Da qualche tempo ho cominciato a interrogarmi sul rapporto tra la fantascienza e le arti, e sul perché in pochi si siano posti la stessa questione in passato, considerata la scarsità di interventi critici sull’argomento. Immagino che molti rimarranno stupiti, e sarebbero pronti a rispondere che c’è invece moltissimo materiale a disposizione, anche solo a digitare le due semplici parole in un motore di ricerca: Arte e Fantascienza, ed ecco pagine intere di link.

Io non mi riferisco però a quel vastissimo, sensazionale patrimonio di immagini che alimentano il nostro senso del meraviglioso, con il risultato che da una parte l’immaginario fantascientifico continua a lavorare nel nostro inconscio, e dall’altra parte chi la snobba per pregiudizio può continuare a ritenere che si tratti di un genere di “effetti speciali”. Tra l’altro, non pochi artisti italiani sono affermati a livello internazionale grazie alla qualità del loro lavoro, che nei paesi di lingua anglosassone non necessita naturalmente di traduzione.

No, mi riferisco proprio alla presenza di tematiche artistiche all’interno della letteratura di fantascienza, nella trama delle storie o nell’ambientazione.

Di cosa parla infatti la science-fiction? Di scienza, prima di tutto, e così deve essere: molto spesso l’ambientazione è futura — anzi tra le leve più potenti che spingono verso il genere c’è proprio la possibilità di creare un mondo lontano dal nostro presente. Logico quindi che l’immaginazione si concentri principalmente intorno alle tecnologie futuribili, per due ragioni:

  1. la SF ha una natura positivista, favorevole al progresso scientifico-tecnologico;
  2. la divergenza d’ambientazione rispetto al nostro presente, sia nel caso di “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità, direbbe Leopardi, sia all’opposto nel caso di scenario distopico, si rivela un ottimo motore per la trama: è facile quindi che l’idea di una storia si sviluppi a partire da un novum scientifico-tecnologico le cui implicazioni la soddisfano completamente.

A questo punto, se cerco di tenere insieme queste riflessioni, ecco che le cose cominciano a stridere e a non combaciare, impedendomi di “costruire un universo che non cada in pezzi dopo due giorni”, come spiegava Philip K. Dick.

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TERRORISTERNA

ROMANZO SU UN CRIMINE

di FRANCO RICCIARDIELLO

La serie di dieci libri che portano il titolo collettivo “Romanzo su un crimine” è la genesi della straordinaria fortuna odierna del giallo scandinavo. Il “crimine” del titolo non è il delitto che Martin Beck deve risolvere in ogni singolo romanzo, ma l’abbandono della classe lavoratrice al proprio destino di sfruttamento. Gli autori sono una coppia svedese, Maj Sjöwall e Per Wahlöö, che al ritmo di un volume l’anno pubblicano tra metà anni Sessanta e metà Settanta questo ciclo che rappresenta l’inizio del poliziesco di indagine sociologica. Henning Mankell e Stieg Larsson, per fare gli esempi più conosciuti, non avrebbero scritto le serie di Wallander e di Millenium se non avessero letto il Romanzo su un crimine.

Su interessamento personale di Andrea Camilleri, la casa editrice Sellerio ha tradotto e pubblicato tutti i dieci volumi. “Romanzo su un crimine” è un progetto unitario che si propone di attraversare tutta la casistica del genere poliziesco: omicidio in stanza chiusa, assassino seriale, pedofilia, finto suicidio, killer solitario etc. fino al delitto politico. Ogni volume è invariabilmente diviso in 30 capitoli, anche se la lunghezza dei romanzi non è omogenea.

Il personaggio principale è Martin Beck, commissario della polizia criminale di Stoccolma, eppure non è del tutto corretto chiamare il ciclo “Le indagini di Martin Beck” perché si rischia di spostare l’attenzione dall’oggetto della letteratura al suo pretesto, l’indagine come motore del plot. Il protagonista è un poliziotto inquirente solo perché questo fornisce l’opportunità di muoversi liberamente nella metropoli, e entrare in contatto con ogni strato sociale; se alla fine dei “romanzi su un crimine” si ottiene una ricomposizione dell’ordine, si percepisce chiaramente che questo è l’ordine borghese e ingiusto della società neocapitalista travestita da socialdemocrazia.

Oggi il lettore dà per scontato che il detective abbia una vita privata e rapporti anche conflittuali con i colleghi e con la propria coscienza, ma cinquant’anni fa gli stereotipi della letteratura poliziesca erano più rigidi. Nel 1965 non esisteva un altro detective letterario altrettanto realistico. Holmes, Maigret, Poirot, miss Marple sono macchine per indagini, protagonisti più o meno sofisticati inventati per rivelare al lettore la complessità del caso criminale, la costruzione intellettuale narrativa.

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