Quando Roberto Bolaño Ávalos muore all’età di cinquant’anni, nel luglio 2003, lascia tutti i diritti sulla propria opera alla moglie e ai figli minorenni; raccomanda che il monumentale 2666, forse la sua opera più interessante e conosciuta, venga pubblicato in cinque parti distinte e successive in modo da garantire un gettito economico alla famiglia. Tuttavia gli eredi e l’editore, ragionando sull’alto valore letterario del lungo romanzo, decisero di soprassedere alla volontà dell’autore e pubblicarlo in volume unico. L’edizione postuma di 2066 fu soltanto la prima puntata di una discreta serie di opere inedite trovate nei cassetti di Bolaño e mandate alle stampe, quasi tutte di valore letterario nettamente superiore alla media e già pronte in una stesura definitiva.
Da qualche anno l’editore Adelphi ha intrapreso la ripubblicazione di tutta l’opera di Roberto Bolaño, apparsa originariamente in Italia da Sellerio, con una nuova traduzione. Il ritmo è più o meno un titolo l’anno: nel 2018 è toccato a Lo spirito della fantascienza (titolo mai passato dalla casa editrice palermitana, perché si tratta di una delle ultime “riscoperte” di inediti), quest’anno è invece uscito il giovanile La pista di ghiaccio, a quindici anni dalla prima edizione, e nella nuova traduzione di Ilide Carmignani (la precedente era di Angelo Morino).