di SILVIA TREVES
tratto da “Esercizi di dubbio” – il blog di Silvia Treves
La partecipazione all’antologia Assalto al Sole, prima antologia solarpunk di autori italiani, mi ha spinto a interrogarmi sulle caratteristiche e sui molteplici significati e obiettivi del solarpunk, che non è una semplice diramazione della fantascienza ma un vasto movimento, una visione del mondo, una riflessione sul futuro. Prendo a prestito queste parole da Solarpunk: l’utopia che vuole esistere1,un testo chiaro e ricco di spunti che consiglio a chi, per la prima volta, volesse avvicinarsi all’argomento:
Victoria Gee, Ottawa (Canada)
… il solarpunk si fa interprete di sentimenti e istanze attualissime e utili a un progresso collettivo, organico, equo, ecologico, inclusivo; si esplicita in un comparto visuale che va oltre la mera suggestione estetica; fin dai suoi inizi esprime una visione politica complessa e aperta a vari contributi, ma chiara.
È un genere, insomma, che potrebbe essere un movimento: potrebbe aiutarci non solo a immaginare un futuro migliore, ma anche a costruire strategie operative per avvicinarci a tali visioni condivise.
Quando sono stata invitata a partecipare all’antologia ho pensato: “Io non sono ottimista, magari nutro qualche speranza sul futuro ma NON sono ottimista”.
Però sono curiosa e soprattutto ritengo decoroso fare del mio meglio. Fino a che ci sarà spazio per dire “questo mondo non mi piace, ne voglio uno diverso” io continuerò a farlo. Quindi eccomi qui.
Per il resto non cercavo (e forse ancora non cerco) un’etichetta per il mio pensiero e la mia scrittura.
In sostanza, diversamente da chi prima ha scelto il pensiero solarpunk, cioè si è schierato, e poi ha letto e scritto, io – condividendone la visione generale, chiamiamola “ecopolitica”, – ho scritto e solo dopo mi sono chiesta “ma io ho bisogno del solarpunk, sono convinta che il solarpunk possa davvero fare la differenza?”