di FRANCO RICCIARDIELLO
per Giulia Abbate
Non molti giorni fa, nel post di un mio intervento su Gotico americano di William Gaddis, Giulia Abbate mi ha invitato a compilare una lista di 10 libri basilari per farsi una prima cultura sul postmoderno. Io ho iniziato con le migliori intenzioni, constatando subito che l’elenco rischiava di diventare lungo, troppo lungo, ma soprattutto che avrei dovuto anteporre alcune premesse per evitare di essere frainteso. Per questa ragione, invece di un’arida lista in un post Facebook, ecco un catalogo ragionato, con quattro premesse ineludibili:
- Quello che segue è un elenco-catalogo assolutamente soggettivo e non esaustivo, perché contiene solo titoli che ho letto personalmente, quindi una lista della spesa “per farsi una prima cultura”;
- per la definizione dei caratteri determinanti nella postmodern fiction, rimando al semplice e utile elenco di Wikipedia in inglese, che elenca tra gli altri intertestualità, pastiche, tecnocultura, humour nero, frammentazione, paranoia, realtà aumentata, metanarrativa;
- nella scelta delle mie letture e nella mia attività letteraria, per esempio il Laboratorio di lettura che gestisco con incontri mensili tra amici, tendo a escludere autori americani, per una serie di motivi che non è forse superfluo elencare: riproposizione da parte delle case editrici italiane senza filtro critico di (quasi) tutto ciò che si pubblica oltre oceano, mia determinazione a mantenere una proporzione quantitativa tra letteratura USA e letteratura del resto del mondo, facile accessibilità di letterature minori in traduzione italiana, al contrario per esempio della produzione cinematografica che per sproporzione di mezzi e capitali è sbilanciata verso Hollywood; per questa ragione, ritengo che risulti al di sopra di ogni sospetto il fatto che la quasi totalità degli autori nella terza parte di questo post, il Gotha del postmoderno, sono statunitensi. A un primo post dedicato cioè al postmoderno internazionale, diviso in due parti per ragioni di lunghezza, ne seguirà un altro concentrato sugli autori che io considero un gradino sopra gli altri, la vera fucina di idee del postmoderno;
- mi sono reso conto soltanto al momento di ragionare su una lista, una top ten, che avrebbe incluso pochissime autrici, nessuna nel Gotha; e confesso che sono il primo a stupirmi, dal momento che non opero alcuna scelta a partire dal sesso dell’autore. Non sono in grado di offrire una risposta a questa domanda che mi pongo da solo, se non il fatto che una sorta di filtro sembra esistere a monte delle mie scelte: a mia parziale scusante, noto per esempio che su 43 autori citati da Wikipedia edizione italiana nella voce “Letteratura postmoderna”, solo quattro sono donne: le americane Giannina Braschi, A.M.Homes e Jennifer Egan, e l’inglese Jean Rhys. (Nell’edizione in lingua inglese di Wikipedia va un po’ meglio, 48 autrici su 188, ma qui le maglie del concetto di postmoderno sono piuttosto larghe, perché vi rientrano anche Dacia Maraini, Vladimir Nabokov, Dario Fo e Isabel Allende, giusto per fare qualche esempio). Senza volermi attirare fulmini, dirò per esempio che una delle autrici più citate a proposito di postmoderno è Virginia Woolf, che invece a me fa uno strano effetto: leggo una frase, un paragrafo, un capitolo, e non mi rimane in mente; è come se quello che scrive mi entrasse in un orecchio e mi uscisse dall’altro senza lasciare traccia. Ho dovuto riciclare a uno scambialibri l’omnibus che avevo acquistato, perché i momenti trascorsi a leggere Virginia Woolf erano uno buco nero nella mia vita….
Non voglio quindi fornire una definizione puntuale della postmodern fiction, che lascio agli esperti e alla descrizione implicita delle opere che cito; mi limito a costatare che di per sé, come dimostrato da Roberto Bolaño, un catalogo di autori e opere postmoderne rischia di diventare, di per sé, un’opera postmoderna.
L’elenco che segue contiene talvolta link di approfondimento verso testi dei quali sono io l’autore: post su Carmillaonline, su questo blog, e voci Wikipedia compilate dal sottoscritto, benché anonime.
Ultima precisazione: ho detto che avrei rimandato a un secondo post i grandi autori americani; se alcuni statunitensi sono citati anche qui di seguito, è perché non li considero nel mio pantheon postmoderno.
J.G. Ballard, La mostra delle atrocità (The Atrocity Exhibition), 1970
Dopo oltre dieci anni di science-fiction, lo scrittore britannico si avvicina all’avanguardia artistica e scrive un libro fortemente sperimentale, un ipotetico catalogo delle ossessioni della modernità: frammentato, destrutturato, in cui alcuni personaggi ricorrono in successivi capitoli (“romanzi condensati” li definisce l’autore) ma in ambientazioni totalmente diverse, e altri cambiano nome ma rimangono uguali. Ballard recupera racconti pubblicati in precedenza, sulla guerra in Vietnam, l’assassinio di John Kennedy, Ronald Reagan, Marilyn Monroe, Liz Taylor etc.
Roberto Bolaño
Probabilmente l’unico autore non statunitense che inserirei nel Gotha; per il momento tuttavia, è ancora qui, nel catalogo generale. |
La letteratura nazista in America (La literatura nazi en América), 1998,
È il primo testo dell’autore cileno a ottenere successo di pubblico: «un’antologia vagamente enciclopedica della letteratura filonazista prodotta in America dal 1930 al 2010, un contesto culturale che, a differenza dell’Europa, non ha coscienza di cosa significhi cadere nell’eccesso». Gli autori e le opere “recensiti” da Bolaño sono comunque esclusivamente frutto della sua fantasia, 32 biografie apocrife di scrittori americani, dall’Argentina agli USA: una serie di micro-racconti, uno spiritoso tentativo di mettere in discussione il rapporto di molti scrittori con la letteratura — l’ansia di riconoscimento pubblico, i compromessi, le canagliate per affermarsi.
I detective selvaggi (Los detectives salvajes), 1998
Il lungo romanzo narra della nascita, nella Città del Messico degli anni Settanta, di un’avanguardia poetica nota con il nome di “realismo viscerale”, o “realvisceralismo”, e della ricerca da parte dei due fondatori, Ulises Lima e Arturo Belano, della misteriosa ed elusiva poetessa Cesárea Tinajero, che essi hanno deciso autonomamente di considerare ispiratrice del movimento letterario. La seconda parte è divisa in 84 frammenti di narrazione, simili a interviste o flussi di coscienza, cronologicamente non-lineari, mediante i quali il lettore è in grado di ricostruire nel passato e nel presente le vicende di Belano e Lima, e anche nel futuro dopo la loro brusca fuga dal Messico: i loro viaggi in Europa, Medio Oriente e Africa (attraverseranno 17 città diverse in 12 nazioni) e l’improvviso ritorno a casa. Due temi forti sono nascosti nella trama e connessi uno all’altro: la ricerca e l’indeterminazione. Lima e Belano sono alla continua ricerca di qualcosa che vada oltre la poesia pura, un quest destinata a protrarsi indefinitamente, l’unica che possa dare un senso alle loro vite.
2666 (2666), 2004
L’ultimo, titanico romanzo di Bolaño, uscito postumo, è una raccapricciante odissea tra gli orrori della modernità. Il protagonista, Benno von Archimboldi, è il prototipo dello scrittore post-moderno, che come Pynchon e Salinger rifiuta di apparire in pubblico, al punto che nessuno conosce il suo volto. Quando alcuni critici letterari decidono di mettersi sulle sue tracce, verranno condotti in un viaggio allucinante nelle atrocità della città messicana di Santa Teresa, nome dietro il quale è facile identificare Ciudad Juárez, teatro di una serie di femminicidi irrisolti (oltre 700 casi). La quarta sezione del romanzo, La parte dei delitti, è una raccapricciante sequenza di rapimenti, torture, omicidi, depistaggi, complicità delle forze dell’ordine, delitti di mafia, investigazioni, ma soprattutto un’interminabile casistica di femminicidi impuniti. Bolaño fornisce la propria idea per una soluzione dei crimini, che si può senz’altro estendere al Messico reale.
Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, 1979
Calvino è, tra gli autori di questo primo elenco, quello che più organicamente si può associare al postmoderno, a partire dalla sua esperienza nell’OuLiPo, l’officina di letteratura potenziale nata in Francia. Questo romanzo racconta la vera e propria caccia che un anonimo lettore è costretto a dare a un romanzo iniziato a leggere per caso. Ogni volta che ne trova una copia, è costretto a interrompere e rinunciare la lettura; la volta successiva che trova il libro, scopre che possiede un primo capitolo sempre differente, una storia completamente diversa, per un totale di dieci incipit. Questo meta-romanzo è quindi composto unicamente da capitoli iniziali che non vengono più sviluppati, ognuno dei quali si può catalogare in un differente genere letterario. Quasi tutta la produzione di Calvino, da metà anni Sessanta in poi, è autentico post-M: Le città invisibili, Il castello dei destini incrociati, Palomar, etc.
Dương Thu Hương, Au Zénith, 2009
Scrittrice vietnamita in esilio volontario in Francia per ragioni politiche, è stata tradotta alcune volte in italiano, ma questo romanzo è inedito nella nostra lingua. Ambientato nel Nord Vietnam durante la Guerra americana, racconta attraverso narrazioni parallele gli ultimi anni di vita di Ho Chi Minh, il modo in cui viene accantonato dalla nuova dirigenza del Partito, e le limitazioni imposte alla sua vita privata. Ne emerge un ritratto più conciliate del “padre della patria”, e una critica senza compromessi di un sistema disumano che sta per imporsi a tutto un popolo grazie alle dure condizioni della guerra di liberazione.
Jorge Luis Borges, Finzioni (Ficciones), 1944
Questa raccolta di racconti è probabilmente l’opera più famosa del grande scrittore argentino, che non dette mai alle stampe un’opera lunga. Contiene opere brevi che giocano con il mistero, il soprannaturale e l’inspiegabile, aprono porte su mondi inesistenti. Alcuni sono recensioni di libri mai scritti da nessuno, raccontati per filo e per segno, impregnati di paradossi, citazioni, meta-letteratura, un pastiche che è come un bombardamento neuronale sul senso del meraviglioso del lettore. I racconti più conosciuti sono La biblioteca di Babele, Il giardino dei sentieri che si biforcano e soprattutto l’incredibile, inimitabile Tlön, Uqbar, Orbis Tertius.
Vikram Chandra, Terra rossa e pioggia scrosciante (Red Earth and Pouring Rain), 1995
L’autore, indiano che scrive in lingua inglese, scrive questo romanzo complesso e frammentato durante i corsi di scrittura creativa che frequenta all’università di Houston, USA. Il titolo è una citazione dal Kuruntokai, antologia di poesia classica Tamil; racconta una lunga saga familiare ambientata in Rajasthan nell’Ottocento, mescolando storia e invenzione, cronaca e leggenda, poesia e fiaba, con continue irruzioni del meraviglioso e dell’inspiegabile nel tessuto della realtà. Tutto inizia quando uno studente annoiato colpisce una scimmietta che gli ha rubato un paio di jeans, e il trauma riporta alla memoria dell’animale le sue vite precedenti, che racconta grazie a una macchina da scrivere: principesse, ladri, briganti, guerre interminabili, invasori inglesi, mito e cronaca si mischiano in questo Hindustan a tinte forti, un crogiolo di amore e morte.
Julio Cortázar, Il gioco del mondo (Rayuela), 1963
Tra i romanzi più famosi della letteratura latinoamericana, il libro che tutti gli argentini hanno letto: ambientato tra Buenos Aires e Parigi, dove l’autore visse quasi sempre in esilio, lontano da dittature militari e peronismo, è la storia esistenzialista di un gruppo di sudamericani che vivono nella capitale francese. La struttura è a capitoli/frammenti di lunghezza variabile, che si possono leggere seguendo due ordini diversi: o in stretta sequenza tradizionale, dalla prima pagina all’ultima, oppure iniziando dal frammento 23, continuando con il frammento indicato al termine del capitolo e così via. Vi sono anche alcuni “capitoli prescindibili” in appendice, che appaiono solo in una delle due sequenze. A distanza di anni dalla prima lettura, ho seguito il secondo ordine, e confesso che ne è risultata una storia ancora più bella. Alcuni passaggi sono assolutamente struggenti, vertici di virtuosismo letterario, in bilico tra linguaggio classico, flusso di coscienza e sperimentalismo.
Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca, 1975
Il più grande romanzo postmoderno italiano, grande caso letterario alla sua uscita, poi pressoché dimenticato. È una vastissima epica a metà tra l’Ulisse di Joyce e L’arcobaleno della gravità di Pynchon. Costato oltre venti ani di lavoro, racconta il ritorno a casa del marinaio siciliano ‘Ndrja Cambrìa dopo l’armistizio dell’8 settembre e il disfacimento dell’Esercito italiano. L’edizione a stampa è lunga oltre 1200 pagine, il testo non é diviso in capitoli, e copre un arco temporale di soli cinque giorni, dal 4 all’8 ottobre 1943. L’Odissea è una traccia dichiarata, e i personaggi e le situazioni che Cambrìa incontra nel suo viaggio tra Napoli e Messina sono citazioni esplicite di figure mitologiche aggiornate alla realtà dell’Italia in guerra. Le lunghe digressioni, le storie parallele, il tempo curvo tra passato, presente e futuro, la geniale invenzione linguistica che intreccia almeno tre livelli (italiano letterario, parlata popolare dei pescatori siciliani, e termini coniati dall’autore) ne fanno un capolavoro del postmoderno. È disponibile su Scribd un dettagliato sommario analitico del romanzo, scritto da Marco Trainito.
Daniele Del Giudice, Atlante occidentale, 1985
Il romanzo è ambientato ai giorni nostri, tra i ricercatori del CERN di Ginevra. Scienza e letteratura si contendono il ruolo di protagonista, o meglio: la scrittura di Del Giudice è un perfetto esempio di integrazione di temi scientifici in un testo di alto valore letterario, che è avventura esistenziale, storia d’amore e di maturazione. Pochi altri autori in Italia, forse solo Umberto Eco e Michele Mari, hanno la stessa attitudine nei confronti delle scienze.
1 / Continua
Le illustrazioni di questo post sono opera di Wang Ling (Hong Kong), che si firma anche con il nome WLOP
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