Alessandro Massasso, “La città tenace”, Dystopica Delos Digital, 2021 € 2,99
“Abbiamo bisogno di distopie che smettano di smascherare i mali dell’utopia collettivista e optino per criticare quelli dell’utopia neoliberale del mercato, nella quale interessi individuali producono ricchezza e progresso per tutti.”
Francisco Martorell Campos, “Contra la distopía”
Il nuovo distopico contemporaneo racconta società totalitarie, in cui lo Stato abolisce privacy e libertà, grazie a una tecnologia che permette un controllo pervasivo, trasformando i cittadini in una massa che non è in grado di reagire; oppure presenta scenari di coesione sociale in pezzi, dove vige un tutti contro tutti perché la dissoluzione dell’economia di mercato ha portato con sé la fine della civiltà.
Questi sono scenari semplicemente grotteschi. I regimi totalitari si sono dissolti nel sangue il secolo scorso, e nell’ultimo quarto del Novecento si è imposto un ordine mondiale ben diverso, nel quale più che gli Stati, i governi e i parlamenti eletti, a detenere il potere reale è un complesso equilibrio sovranazionale di multinazionali, complessi militari-industriali e organizzazioni economiche che dettano l’agenda a istituzioni più o meno democratiche. Nonostante questa realtà di deregulation, differenze economiche spropositate, sfruttamento di interi continenti, la distopia continua a denunciare i pericoli dello Stato-Leviatano, invece del mostro neoliberale — punta il dito su futuri indesiderabili per dire che il capitalismo è l’unico sistema possibile.
Lo scenario italiano non sfugge a questa regola. Non è un caso che un romanzo interessante come Jennifer Government (2003) dell’australiano Max Barry, distopia in cui le Americhe e l’Oceania sono dominate da corporations che prevaricano gli stati, sia pubblicato in Italia con un titolo neutro, Logo Land, dalla casa editrice PiEmme con l’infelice slogan “Il primo thriller no-global”, e che di conseguenza non sia stato notato da nessuno.
Per questa ragione ho letto con interesse il racconto lungo “La città tenace” apparso nella collana Dystopica di Delos Digital da Alessandro Massasso, autore che non mi risulta avere pubblicato altro in precedenza. Qui lo scenario è completamente diverso dalle distopie di cui ho scritto sopra: il paese in cui è ambientato è diviso tra campagne che non offrono opportunità economiche e città chiuse, queste ultime dominate da onnipotenti corporazioni. Organizzate come aziende piramidali, le città-corporazioni prevedono una progressione sociale tramite accumulazione di punteggio: un sistema apparentemente meritocratico, in realtà fondato su totale sfruttamento della manodopera (l’automazione non sembra escludere l’intervento umano), ritmi di lavoro sempre più spinti, cieca obbedienza alle regole e repressione di ogni possibile devianza.
L’autore sceglie di seguire due protagonisti: Kitmell, che supera una selezione per lavorare in città e inizia dalla base della piramide, con incombenze manuali, e Gail, che è invece perfettamente integrato e vicino al vertice, sposato con Calix e costretto dalle circostanze a incrementare sempre di più la propria produttività, comprimendo il tempo dedicato al riposo.
Le due vicende umane sembrano procedere in parallelo, nel segno dell’alienazione. L’ambientazione è, purtroppo, piuttosto astratta: una città non riconoscibile, un sistema economico poco chiaro (dove va a finire la produzione, dal momento che gli abitanti, anche quelli con disponibilità economiche, sembrano non avere neppure li tempo di acquistare?), però è evidente che il bersaglio è giusto.
Ho molto apprezzato che i protagonisti non siano i soliti individualisti d’avanguardia che prendono coscienza della situazione e si mettono alla testa della resistenza per rovesciare l’ordine ingiusto; mi sono pure piaciuti dettagli come la “moltiplicazione dei sessi”: nel romanzo ci sono 4 generi sessuali principali, con sfumature intermedie per ciascuno, anche se non ci sono dettagli su cosa implichi, e alla fine i personaggi sembrano comportarsi come donne e uomini del nostro tempo.
La progressione di tensione è ben costruita, con un accumulo di particolari incrementali, come pure la reazione della struttura, contenuta ma efficace: i protagonisti si trovano di fronte non servi scemi del potere, incapaci a pensare con la propria testa, bensì professionisti preparati alle evenienze, che risolvono le situazioni (a loro favore, ovvio).
Aspetto l’autore alla prossima prova.