Apophis: si sveglia il dio del caos

Tra le (molte) idee fuorvianti intorno al genere fantascienza, la più ingenua e dannosa è l’opinione che il valore di un’opera sia direttamente collegato alla sua capacità predittiva: al fatto, cioè, che l’autore o l’autrice siano stati in grado di prevedere, magari con anni o decenni di anticipo, cambiamenti sociali o innovazioni tecniche che si stanno verificando nei giorni in cui viviamo. Senza parlare di quelle convinzioni superficiali, e purtroppo piuttosto diffuse, per cui romanzi dolorosi e profondi come 1984 di George Orwell abbiano descritto tre quarti di secoli fa una situazione di controllo sociale che sarebbe in atto nei giorni nostri.

La verità è che la validità di un romanzo di science fiction, e l’abilità di chi l’ha scritto, non si giudica “a posteriori”, se cioè la sua inventiva tecnologica ha retto o meno al passare del tempo, ma nel momento in cui viene pubblicato. Pensare che la letteratura abbia una funzione predittiva è mortificante: il suo valore sta nelle qualità letterarie, nella capacità di descrivere cosa accadrebbe se si verificasse lo scenario immaginato.

In questo senso, è utile giudicare la capacità di proiettare sul futuro scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche che sono oggi in nuce, appena agli albori, e speculare su come cambieranno il nostro futuro, il futuro della civiltà.

Continua a leggere

Guida alla lettura di “Persone normali” di Sally Rooney

Ho raccontato in un precedente post su questo sito come la serie tv Normal People e il romanzo da cui è stata tratta, della scrittrice irlandese Sally Rooney, mi abbiano emozionato al punto di togliermi il sonno e spingermi a attendere con impazienza il momento di vedere la puntata successiva, mentre in parallelo leggevo i capitoli raccontati dalla puntata appena vista.
Per cercare di capirne la ragione, ho visionato per due volte la serie, letto la sceneggiatura originale in lingua inglese (della quale è co-autrice Rooney stessa), e letto due volte il libro.
Per una disamina puntuale della trama, alcune considerazioni sulla sua trasposizione televisiva e qualche informazione sull’autrice, rimando al post di cui dicevo prima; qui invece ho compilato una guida alla lettura del romanzo, quello che in inglese si definisce Reader’s Companion, per spiegare alcuni dettagli e evidenziare la struttura interna dell’opera.
I numeri di pagina si riferiscono alla prima edizione italiana a copertina rigida, Einaudi 2018, traduzione di Maurizia Balmelli, ISBN 9788806241315.


La struttura del romanzo è composta di 18 unità narrative non numerate, contraddistinte solo da una data e da una collocazione temporale rispetto all’unità precedente (p.es. “tre settimane dopo”, sei mesi dopo). Per evidenziare tale struttura, ho separato e numerato questi “capitoli”, inserendo per ciascuno il numero di pagina in cui inizia, la lunghezza espressa in pagine, il personaggio punto-di-vista (sempre alternato: nei capitoli pari è Connell Waldron, nei capitoli dispari Marianne Sheridan), il luogo di ambientazione, infine la presenza o meno di un flashback narrativo per raccontare gli eventi intercorsi dall’ultima unità narrativa fino al “presente”.
Da notare il fatto che tutti i “capitoli” contengono uno di questi flashback con l’esclusione di tre: i numeri 1, 3 e 12. Da notare anche che due “capitoli”, numerati 10 e 11, raccontano una sovrapposizione temporale, cioè gli stessi avvenimenti prima interpretati dal punto-di-vista Connell e poi dal punto-di-vista Marianne.
Sally Rooney non usa segni per le battute di discorso diretto, né lineetta né virgolette.

Continua a leggere

Horrakh all’infinito. La (de)coerenza della fs italiana

Avendo fatto nelle settimane scorse alcuni post su un social media, nei quali parlavo di fantascienza scritta da italiani, sono costretto a constatare un fatto singolare (ma, dopotutto, assolutamente in linea con la nostra psicologia di fan): se scrivo bene di un determinato libro, i commenti dicono che “le mie recensioni sono analitiche e puntuali”, “accendono la voglia di leggere”, “aiutano gli autori a migliorarsi”; quando invece in un altro post lamento che il panorama della sf italiana è “un po’ ingessato, asfittico”, vengo accusato (non necessariamente dagli stessi commentatori e commentatrici) di “commenti gratuiti e negativi” e di pensare che “i miei gusti siano universali”.

C’è una parte del fandom, non so quanto consistente, che ha la coda di paglia; i commentatori potrebbero anche essere autori esordienti, rimane il fatto che non abbiamo l’abitudine ad accogliere le critiche negative. Va da sé che molti recensori si regolano come il sottoscritto: se un testo non mi piace, non ne scrivo, per evitare di danneggiare un ambiente già di per se spento, svigorito.

Non per questo ho intenzione di astenermi dal disapprovare lo stato dell’arte.

Bene, allora qual è la soluzione? Cosa possiamo fare per migliorare il livello della fantascienza italiana — ammesso che qualcosa si possa fare?

La mia risposta è semplice: una Macchina del Tempo.

Una macchina del tempo per tornare agli anni Settanta e Ottanta, quando è successo qualcosa di irreparabile e abbiamo perduto, o lasciato andare, un autore come Livio Horrakh. Perché è questo il mio antidoto alla irrilevanza della sf italiana: dateci più Horrakh, riportiamo la fantascienza sull’altra diramazione dell’albero, quella che avrebbe potuto essere e non fu. Siamo noi per primi ad avere bisogno di un’ucronia. In quell’altro mondo, un romanzo come Memphis all’infinito di Livio Horrakh sarebbe uscito per Einaudi, e l’avrebbe letto anche chi non ha mai preso in mano un libro di fantascienza, e magari sarebbe finito nella cinquina del Premio Strega.

L’immagine è tratta dalla pagina autore sul sito Amazon
Continua a leggere

Una stupenda creatura idiota

Ho letto questo romanzo di Flavio Torba, uscito da pochi giorni per Delos Digital, per tre diversi motivi.

  • Il primo è il titolo, perché sono convinto che ci sia una stretta relazione tra la qualità del contenuto e la capacità di trovare un’etichetta attraente a appiccicarci sopra;
  • il secondo è il fatto che avevo letto un precedente racconto lungo di Torba, “Ora i maestri muoiono”, che pur non avendomi soddisfatto, mi sembrava promettere sviluppi futuri — anche quel titolo è allettante;
  • il terzo motivo è il fatto che Stupenda creatura idiota è stato finalista al Premio Urania dell’anno scorso, e volevo confrontarlo con il vincitore, Per le ceneri dei padri di Davide Del Popolo Riolo.

A lettura terminata, eccomi con due buone notizie:

  1. Anche io avrei fatto vincere il romanzo di Del Popolo, che è superiore;
  2. Tuttavia, è vero che Stupenda creatura idiota è inferiore, ma non di molto.
Continua a leggere

Un manuale per chi scrive gialli

Quando decisi di scrivere un romanzo giallo, dopo avere vinto il primo premio per un racconto al concorso Gran giallo città di Cattolica, feci alcune scelte preliminari sulla figura del protagonista ‘detective’, colui che avrebbe indagato:

  1. doveva essere una figura istituzionale, non investigatore privato, avvocato, giornalista etc
  2. doveva essere adatto a una eventuale serie di gialli successivi
  3. doveva essere caratterizzato in modo differente dal detective tipico del romanzo italiano (buona forchetta, duro dal cuore tenero etc)

Soprattutto per rispettare il punto 1, mi domandai per quale ragione il protagonista abituale dei gialli italiani, quando è una figura istituzionalmente preposta all’indagine, è un poliziotto o un carabiniere e, in rari casi, una guardia di finanza — quando non addirittura un investigatore privato, che nel nostro paese ha davvero poco “spazio di  manovra” in indagini su omicidi.

Mi venne perciò naturale scegliere come protagonista la figura prevista dal sistema giudiziario italiano, cioè il pubblico ministero, che è da noi titolare dell’azione penale. Nella fiction italiana invece (sia quella tv che quella letteraria) il pubblico ministero, che è un magistrato, è spesso descritto come un intralcio all’astuzia del commissario, un incompetente o sfaccendato, una figura che appesantisce l’indagine (e la fiction) con noiosi risvolti burocratici.

Continua a leggere

Quando il mondo era in guerra continuavamo a ballare

Ho scritto e editato in autopubblicazione un libro sulla vita e la musica di Lana Del Rey.

In un certo senso, sono il primo a sorprendermene, dal momento che fino all’anno scorso mai avrei pensato di scrivere un libro sulla vita e l’arte di una musicista.

A ogni modo, l’arte è sempre stata al centro della mia scrittura, anche della fiction, e tra le arti la musica ha un posto centrale, anche più delle arti figurative. In questo stesso blog, inoltre, ho scritto più volte di Lana Del Rey: ad esempio quando ho spiegato come sono arrivato a lei partendo da un ascolto quasi esclusivo di musica classica, oppure in un pezzo che raffronta la musica dal vivo con la registrazione in studio, e persino in un post intitolato “Lana Del Rey considerata come un personaggio di J.G. Ballard”.

In questo libro mi sono tenuto lontano dalla facile agiografia destinata ai fan, per concentrarmi sull’analisi delle musiche e dei testi delle canzoni, sul percorso artistico e le scelte che l’hanno determinato, sulla biografia di Elizabeth Grant (questo è il vero nome della cantante) prima del successo di pubblico, e sull’apparato critico di diverse ricerche universitarie che indagano le caratteristiche di un fenomeno musicale in crescita inarrestabile.

Franco Ricciardiello
Quando il mondo era in guerra continuavamo a ballare

la vita e l’arte di Lana Del Rey
250 pagine, ISBN 979-8871865743

CONTIENE UN’ANALISI DI TESTO E MUSICA DI TUTTE LE CANZONI, TONALITÀ E STRUTTURA ARMONICA, NOTIZIE SULLA VITA DI LANA DEL REY DALL’ADOLESCENZA A LAKE PLACID AI PICCOLI LOCALI DA MUSICA DI NEW YORK, DALL’INGHILTERRA ALLA CALIFORNIA, OLTRE A COMMENTI CRITICI, RECENSIONI, STUDI UNIVERSITARI E 41 FOTOGRAFIE A COLORI.

€ 15,00 cartaceo disponibile su Amazon

Le persone normali di Sally Rooney

Mi capita estremamente di rado di emozionarmi per una lettura, per un film o per la musica — talmente di rado che ne conservo a lungo il ricordo; mi è capitato per esempio con Peggy Sue si è sposata di Francis Ford Coppola, e con Die Kunst del Fuge di Johann Sebastian Bach, mentre mi accade meno di frequente con la letteratura, che pure è il genere artistico che preferisco.

Questo per dire che mi è successo di recente con Normal people della scrittrice irlandese Sally Rooney, e soprattutto con la serie tv che ne ha tratto la BBC, che porta lo stesso titolo. Il film in dodici puntate rispetta abbastanza fedelmente i capitoli del romanzo, per cui ho alternato la visione alla lettura, che mi ha permesso, o “costretto”, di immaginare i protagonisti con la fisionomia degli attori.

La visione mi ha coinvolto al punto da togliermi il sonno, farmi provare un senso di rovente ingiustizia e spingermi a attendere con impazienza il momento di vedere la puntata successiva — secondo i ritmi di mia moglie — mentre recuperavo con la lettura i capitoli raccontati dalla puntata appena vista.

Continua a leggere

Prigionieri dell’effimero


Nino Martino arriva alla prova del quarto romanzo, che si innesta sulla riflessione narrativa sull’intelligenza artificiale e i rapporti con l’umano che egli porta avanti con coerenza, complicata in questo caso dal tema del “primo contatto” con la vita extraterrestre.

Riprendendo atmosfere e anche personaggi dei precedenti romanzi, Martino li trasferisce in un’ambientazione nuova.

Il seme dell’umanità si è sparso tra le stelle, la terraformazione è una pratica usuale: nuovi pianeti vengono resi abitabili dall’umanità tramite tecniche che diffondono un’atmosfera e una biosfera compatibili con il nostro organismo. Uno di tali pianeti, terraformato poco più di dieci anni fa, è considerato dai propri abitanti un’utopia: su Sogno III si vive in armonia con l’ambiente, in una civiltà tecnologicamente avanzata che rifiuta di connettere la propria rete di intelligenze artificiali con quella degli altri mondi, per timore di un “contagio” con le IA di tipo “Irene” che hanno acquisito autocoscienza (nel precedente romanzo Irene) e adesso compongono una cultura che collabora con l’umanità, ma formalmente separata.

I protagonisti sono due giovani agenti della sicurezza, fratello e sorella, anzi gemelli, figli di due personaggi di precedenti romanzi; vengono inviati su  Sogno III per indagare sula morte di Abayomi, una scienziata terrestre chiamata a lavorare sul pianeta e ritrovata morta. C’è il sospetto che sia stata assassinata, anche se gli abitanti di Sogno III hanno difficoltà a crederlo, perché sul loro pianeta non esiste il crimine.

Continua a leggere

Trombamici da cuccetta d’astronave

Sesso e amore nella science fiction

Finché la fantascienza venne considerata come una semplice estensione del mercato fumettistico per bambini, ovviamente essa si mantenne scrupolosamente lontana deal sesso, sia che si trattasse di riferimento espliciti, impliciti o in qualsiasi altro modo. […]
Gli scrittori di fantascienza […] hanno sempre dimostrato una specie di blocco psicologico verso le donne. Essi tendono a sublimarle, trasformandole in mostri o angeli. La cosa si nota chiaramente in un classico di Ray Bradbury, Cronache marziane (1951). Come si possono scordare le sue fragili ragazze marziane, fatte di seta, gioielli e luce di luna?

Keith Roberts, La fantascienza e la “Barriera del Sesso”, Enciclopedia della Fantascienza vol. V

1 — Niente sesso, siamo nerd

La science fiction è nata come letteratura per nerd. Hugo Gernsback, il fondatore delle prime riviste pulp, era un appassionato di elettrotecnica; è con questo spirito che pubblicò il suo romanzo Ralph 124C 41+ (1911), che oggi consideriamo giustamente illeggibile. Dello stesso spirito informò le pubblicazioni che dirigeva, e incoraggiò gli autori che attirava a sé: un “movimento non solo rozzo, ma investito dalla disapprovazione di quanti non ne facessero parte”.[1]

Questa letteratura si rivolgeva a un pubblico di fanatici della meccanica, e dunque della tecnologia più che della scienza: adolescenti di sesso maschile che la puritana morale americana teneva lontani dalle donne. Nella prima fantascienza, l’argomento standard in tema di sesso era quel “racconto di fate (ad esempio la space opera con il triangolo eroe-principessa-mostro in costume da astronauti” che Darko Suvin considera “un suicidio creativo”[2]: un finto romanticismo che manteneva rigorosamente separati i due sessi, e relegava le donne a una sfera di occupazioni tradizionali, all’irrazionale, ai sentimenti più che all’azione.

Per contrasto, questa letteratura da elettrotecnici non escludeva che le copertine di Amazing Stories (un po’ meno quelle dell’altra rivista gernsbackiana, Science Wonder Stories) riproponessero un’immagine stereotipata e fortemente sessualizzata della donna, di esplicito erotismo — formula che contaminerà anche le riviste concorrenti nate sull’onda di quel successo. Dunque, richiami sessuali in copertina, con damsels in distress o in mise imbarazzanti inadatte all’esplorazione spaziale, mentre i testi all’interno mantengono il riserbo più assoluto sul sesso: una forma di frustrazione bastone+carota che probabilmente attizza i lettori del tempo.

Continua a leggere

Un’ucronia comunista

Nel 1995 usciva nelle libreria la Raccolta Millelire intitolata “Fantasia”, curata da Franco Forte, che conteneva tra gli altri un mio racconto ucronico intitolato semplicemente “Torino”. Il libro aveva la forma di un pacchetto di sigarette, in cartoncino, con dieci fascicoli Millelire all’interno.


L’iniziativa ebbe una fortuna esagerata, ancora a distanza di anni c’è gente che mi dice di avere letto il mio racconto su quella Raccolta Millelire. Circa dieci anni dopo il volume aveva superato le 60.000 copie vendute.

Ripropongo quel racconto in versione ebook, e in edizione integrale (per ragioni di lunghezza, avevo eliminato un flashback nella prima edizione), corredato da brani estratti da due tesi universitarie, di Claudia Gaudenzi e Emiliano Marra, che lo analizzano; ho aggiunto anche le mie risposte a domande poste dagli allievi del Primo liceo artistico statale di Torino, durante un incontro avuto con loro il 29 novembre 2019, per analizzare questo racconto.

Acquistare l’ebook in formato epub su Kobo
Acquistare l’ebok in formato kindle su Amazon
Acquistare l’ebook in formato epub su Google Books