Garou-Garou, il Passamura di Parigi

UN RACCONTO CONGELATO NEL BRONZO.

le-passemuraillePlace du Tertre è il centro della vita di Montmartre, dove puoi trovare tutti i pittori e i ritrattisti, che abbiano talento o meno, e dove molti turisti vengono a fare acquisti, a vedere gli altri che fanno acquisti oppure a bere un caffè. Quando arrivo io l’aria è fredda ma anche con questo cielo lacrimoso la piazza è piena di gente. Cammino senza meta, gettando un’occhiata ai quadretti colorati appesi ai cavalletti. Ogni artista cerca un suo stile. Ci sono ritrattisti da matita, da sanguigna e altri da pennellino. Una giovane di aspetto slavo in soprabito di pelle è seduta su uno sgabello, davanti a lei un pittore di mezza età le fa il ritratto. Lui sente l’otturatore della mia fotocamera, si volta e mi guarda perplesso, battendo le ciglia due o tre volte come se non credesse che abbia potuto fotografarlo.

Lascio la piazza uscendo da rue Norvins, dopo un’occhiata alla calda luce d’oro nelle boutiques d’arte. Più oltre ci sono negozietti di paccottiglia e souvenirs standardizzati, pochi gli oggetti originali, subito imitati nel giro di una stagione dagli altri rivenditori. I turisti passano infreddoliti. Dopo il primo tratto rue Norvins continua diritta, in leggera discesa, e dove termina inizia subito l’avenue Junot, più larga e curva per seguire il dislivello della collina; di fianco c’è la piccola e pedonale place Marcel Aymé, dove una statua di bronzo sembra uscire dal muro che fa da contrafforte alla collina: il torso con il braccio di un uomo, una gamba destra, una mano sinistra.

La scultura si ispira al racconto Le passe-muraille (il passamura) dello scrittore Marcel Aymé. Il racconto è contenuto in una raccolta edita nel 1943; il passamura è Monsieur Dutilleul, un impiegato del Ministero del Registro che abita a Montmartre e ha la facoltà di passare attraverso le pareti. Utilizza con parsimonia questo potere fino al momento in cui diventa vittima del mobbing, diremmo oggi, del capufficio: a questo punto si vendica facendogli crede di essere pazzo, finché un’ambulanza se lo porta via. Dutilleul si monta la testa e comincia una serie di furti intramuros con il nome di Garou-Garou, la polizia lo arresta ma gli è facile evadere dal carcere. Si innamora di una donna che abita in rue Norvins, aspetta che il marito esca di casa e penetra attraverso le pareti; ma dopo una notte d’amore prende alcune aspirine e fatica a riattraversare i mattoni per uscire.

In realtà ha ingoiato pastiglie di “pirette tetravalente” prescritte dal medico per il suo disturbo, e prenderle in quantità lo fa solidificare dentro gli oggetti:

Dutilleul era come congelato all’interno delle mura. È ancora lì, incorporato nella pietra. I nottambuli che discendono per rue Norvins nell’ora in cui il frastuono di Parigi si è acquietato, sentono una voce soffocata che sembra provenire dall’oltretomba e la scambiano per il lamento del vento che sibila al crocevia della Butte. È Garou-Garou Dutilleul che lamenta la fine della sua gloriosa carriera e il rimpianto di amori troppo brevi.

Nel 1950 il regista Jean Boyer ha tratto dal raccontino un film, Garou-Garou le passe-muraille. Adesso la fama di Garou-Garoun Dutilleul ha fatto sì che sia immortalato per sempre, nel muro e nel bronzo di place Marcel Aymé.

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