Rumours (1977) e la Teoria della Formatività
Nel febbraio 1977 la band pop-rock Fleetwood Mac pubblica Rumours, terzo album più venduto nella storia dell’industria discografica: 41 milioni di copie, di cui quasi 28 milioni “certificate”. Io ho acquistato il vinile qualche anno dopo, a metà anni Ottanta. Nel 2012 Warner Bros. fa uscire per il 35° anniversario una deluxe edition che comprende anche due CD di outtakes, tracce estrapolate dalle sessioni di registrazione: demo, pezzi scartati, prove, prime versioni, materiale di ottima qualità audio che permette di seguire il percorso dell’opera durante la sua formazione, oltre al piacere di ascoltare versioni suggestive benché “grezze”. Mi sono divertito a verificare nella pratica l’applicazione della teoria della Formatività del filosofo Luigi Pareyson, che vede l’opera d’arte come punto di arrivo di un processo creativo al quale non è possibile sottrarre alcun elemento:
L’opera d’arte include il processo della sua formazione in quanto ne è la conclusione. (p. 100)
Rumours è il prodotto di un momento di crisi personale nella storia dei Fleetwood Mac: i coniugi McVie (il bassista John e la pianista Christine) divorziano dopo dieci anni di matrimonio, lei ha una storia con il tecnico delle luci; il batterista Mick Fleetwood scopre che la moglie Jenny Boyd ha una storia con il suo migliore amico; infine, il chitarrista Lindsey Buckingham e la cantante Stevie Nicks terminano dopo otto anni la loro relazione. Di conseguenza, i testi sono tutti variazioni intorno al tema della fine di un amore, anche se, come ha fatto notare qualche critico, la vivacità dell’inventiva musicale contraddice questa atmosfera di amarezza.
Considerando la teoria della Formatività, è interessante seguire grazie a questi outtakes il percorso creativo dal demo, suonato e cantato direttamente dagli autori, alla traccia definitiva, attraverso versioni successive, con arrangiamenti anche molto differenti. Scrive Pareyson:
Nell’opera riuscita non si può più cambiar nulla, ed essa riposa su di sé in un’insostituibile armonia, ciò è perché il cammino fra lo spunto e l’opera è stato univoco, e l’opera è stata fatta nell’unico modo in cui poteva e doveva esser fatta. (p. 80)
Si può cioè ricostruire il processo di formazione di Rumours in quanto opera d’arte grazie agli outtakes, ma nella consapevolezza della sua integrità: per esempio, l’edizione su compact disc, che comprende anche un pezzo scartato per ragioni di durata, è un’altra opera.
Gli autori dei brani contenuti in Rumours sono: Christine Perfect (4 pezzi), Lindsey Buckingham (3 pezzi), Stevie Nicks (3 pezzi); l’undicesimo brano, The Chain, è accreditato a tutti i cinque musicisti. Gli outtakes raccontano un percorso creativo rimasto “in formazione” fino alla versione finale; tra i brani non inclusi nell’album ve ne sono altri due di Stevie Nicks, uno dei quali (Silver Springs, al quale fu preferito I Don’t Want to Know perché più breve) uscito su 45 giri e un altro (Planets of the Universe) rimandato a un successivo album solista. Sempre secondo Pareyson:
Nell’opera d’arte […] le parti sono connesse fra loro in un’indissolubile unità, sì che ciascuna è essenziale e indispensabile e ha una collocazione determinata e insostituibile, al punto che una mancanza dissolverebbe l’unità e una variazione riporterebbe il disordine. (p. 107)
Le tracce outtakes pubblicate nell’edizione deluxe non compongono quindi una variante dell’opera-d’arte-Rumours, ma raccontano il farsi dell’opera stessa. Uno dei brani in questione, secondo il sottoscritto, è altrettanto interessante della versione edita: si tratta di una suggestiva incisione di Dreams con la voce solista dell’autrice, Stevie Nicks, accompagnata solo dalla chitarra elettrica di Lindsey Buckingham; considerata come pezzo a sé, è un’opera d’arte completa, ma è anche altra cosa dalla versione nota, e non può esserle sostituita nell’insieme perché superata, scartata, nel procedimento di formazione di Rumours. Per dirla con Pareyson:
La perfezione dell’opera consiste nella sua invariabilità e immodificabilità: perfetta è l’opera in cui non si può più cambiar nulla, e tutto è al suo posto. (p. 98)
È questa la ragione per cui un long-playing come Rumours può essere considerato un’opera nell’accezione Pareyson, mentre una semplice raccolta di tracce estrapolate da album diversi non si forma attraverso un processo unitario.
Una considerazione a proposito dei termini usati da Pareyson: si potrebbe pensare che la definizione di opera sia riferibile alla musica come astrazione, indipendentemente dalla sua registrazione sonora, essendo quest’ultima una esecuzione dell’opera d’arte; tuttavia, rispetto alla teoria della Formatività occorre dire due cose:
- la musica pop-rock contemporanea non viene scritta sotto forma di partitura destinata a essere eseguita da musicisti; spesso la forma definitiva è composta negli studi di registrazione, sia la melodia che l’armonia; in questo modo l’arrangiamento entra a far parte del processo creativo e di conseguenza dell’opera;
- quella che Pareyson chiama esecuzione non può essere, nel caso della musica popolare contemporanea, l’atto di suonare, cioè la “materializzazione” della partitura, bensì l’atto di ascoltare la musica registrata, così come per il lettore di un’opera letteraria l’esecuzione è la lettura del libro. Ne consegue che nel caso della produzione industriale discografica il concetto di “opera d’arte” si riferisce all’album nella sua integrità.
D’altronde già il pensiero di Glenn Gould intorno al rapporto tra esecuzione e registrazione lo aveva portato alla medesima conclusione: la musica registrata non è la riproduzione di un concerto, bensì un’arte indipendente, distinta dal live quanto il cinema dal teatro.
Il caso più interessante di “formazione” in Rumours è la canzone The Chain, l’unica accreditata a tutti i membri del gruppo. Assemblata in studio di registrazione, incorpora il refrain della canzone omonima (Nicks), la parte strumentale della canzone Keep Me There (Perfect), un nuovo testo, una intro alla chitarra (Buckingham) recuperata da un brano precedente (Lola My Love) e un notevole pezzo alla chitarra basso senza tasti (McVie), con tagli al rasoio effettuati sul nastro magnetico per ricomporre un tutto unitario.
Come avviene durante ogni sessione di registrazione di qualsiasi prodotto discografico (ma nel caso di Rumours il disco con le tracce outtakes lo rende evidente), il processo della sua formazione è sottoposto a aventi casuali con un’influenza definitiva sul suono finale, e quindi sulla compiutezza dell’opera. L’edizione deluxe e la copiosa letteratura dei biografi ci aiutano a ricostruirne il percorso anche con una serie di aneddoti: la composizione in dieci minuti di Dreams, il cui demo non convince nessuno; viene accantonato finché Buckingham la fa riascoltare accompagnata alla chitarra elettrica, e diventa il singolo più venduto del gruppo; le parole aspre di Go Your Own Way che feriscono Stevie ogni volta che le ascolta durante i concerti; il ritmo di Second Hand News ottenuto usando una sedia di pelle sintetica come tamburo; Mick Fleetwood che frantuma lastre di vetro sotto i microfoni per creare un effetto audio, mente Stevie Nicks canta Gold Dust Woman con la voce infranta, una sciarpa avvolta intorno al capo per isolarsi dalle distrazioni dello studio, consapevole della propria dipendenza dalla cocaina, la “polvere d’oro”, che l’ha intrappolata tre anni fa e senza la quale non potrebbe affrontare la complessità di vivere a Los Angeles, nell’occhio del ciclone di un naufragio sentimentale.
Luigi Pareyson, Estetica – Teoria della formatività, Bompiani, Milano 1988
Fleetwood Mac, Rumours – 35th Anniversary Deluxe Edition, Warner Bros.
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