Musica registrata, musica live: il caso Lana Del Rey

Lana Del Rey sull’edizione turca di Vogue, 2015

Cercando in rete notizie su un’altra artista, il mese scorso ho praticamente sbattuto la faccia contro Lana Del Rey. Premetto che da quasi venti anni ho smesso di tenermi aggiornato sulla musica “leggera”, per concentrarmi sulla musica “classica”, anche contemporanea; di conseguenza ero completamente a digiuno sull’industria discografica (se ancora si può chiamare così) americana, né più né meno di quella europea. Detto questo, mi è bastato sentire l’attacco di una sua canzone per provare subito il desiderio di ascoltarne ancora; il risultato è che adesso possiedo l’intera opera di Lana Del Rey in digitale, più due long-playing in vinile. Per spiegare l’affetto che l’ascolto della sua musica ha avuto su di me, considerate che l’ultimo vinile acquistato in precedenza era Under the red sky di Bob Dylan, nel 1990.

Prima di parlare di Lana Del Rey devo però anteporre una premessa fondamentale, sulla differenza tra la musica e tutte le altre arti le cui opere sono industrialmente riproducibili.

Mi stupisco ogni volta, quando mi rendo conto che c’è chi è disposto a spendere cifre non indifferenti per un ascoltare musica dal vivo. Non mi riferisco alla musica colta occidentale, quella che comunemente chiamiamo “classica”, composta in anni in cui l’arte ancora non era entrata «nell’epoca della sua riproducibilità tecnica»[1], e che per questo vive nell’interpretazione — no, intendo la musica popolare contemporanea, la cui esecuzione in pubblico è una conseguenza del prodotto-musica, vinile, CD, mp3, videoclip etc.: in origine, principalmente come promozione del supporto, in seguito come iniziativa collaterale di importanza equivalente alla distribuzione del prodotto, e oggi come alternativa quasi obbligatoria alla rarefazione del mercato, dovuta ai canali alternativi per musica digitale (una significativa inversione rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta, dal momento che adesso il brano registrato è percepito come “solidificazione” di un motivo musicale immateriale). Specialmente nel caso di grandi nomi internazionali, questi concerti cono colossali eventi mediatici e hanno prezzi equivalenti al costo di diversi cd.

Frequento volentieri concerti di musica antica, che ci è stata tramandata in una forma scritta appositamente per una riproduzione il più possibile fedele alle intenzioni dell’autore; Per quanto riguarda invece la musica pop dal vivo, confesso uno scetticismo che cercherò di spiegare.

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Pareyson & the Fleetwood Mac

Rumours (1977) e la Teoria della Formatività

Lindsey Buckingham e Stevie Nicks in studio di registrazione

Lindsey Buckingham e Stevie Nicks in studio di registrazione

Nel febbraio 1977 la band pop-rock Fleetwood Mac pubblica Rumours, terzo album più venduto nella storia dell’industria discografica: 41 milioni di copie, di cui quasi 28 milioni “certificate”. Io ho acquistato il vinile qualche anno dopo, a metà anni Ottanta. Nel 2012 Warner Bros. fa uscire per il 35° anniversario una deluxe edition che comprende anche due CD di outtakes, tracce estrapolate dalle sessioni di registrazione: demo, pezzi scartati, prove, prime versioni, materiale di ottima qualità audio che permette di seguire il percorso dell’opera durante la sua formazione, oltre al piacere di ascoltare versioni suggestive benché “grezze”. Mi sono divertito a verificare nella pratica l’applicazione della teoria della Formatività del filosofo Luigi Pareyson, che vede l’opera d’arte come punto di arrivo di un processo creativo al quale non è possibile sottrarre alcun elemento:

L’opera d’arte include il processo della sua formazione in quanto ne è la conclusione. (p. 100)

Rumours è il prodotto di un momento di crisi personale nella storia dei Fleetwood Mac: i coniugi McVie (il bassista John e la pianista Christine) divorziano dopo dieci anni di matrimonio, lei ha una storia con il tecnico delle luci; il batterista Mick Fleetwood scopre che la moglie Jenny Boyd ha una storia con il suo migliore amico; infine, il chitarrista Lindsey Buckingham e la cantante Stevie Nicks terminano dopo otto anni la loro relazione. Di conseguenza, i testi sono tutti variazioni intorno al tema della fine di un amore, anche se, come ha fatto notare qualche critico, la vivacità dell’inventiva musicale contraddice questa atmosfera di amarezza.

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