Cinque racconti su Delos

Approfittando dell’offerta di sconto al 50% per un mese sui titoli di una collana della casa editrice Delos Digital, che a rotazione tocca tutte le collane, ho investito € 4,95 per acquistare cinque titoli della collana FUTURO PRESENTE curata da Giulia Abbate e Elena Di Fazio.

Futuro Presente pubblica storie di fantascienza sociale. Parafrasando il titolo di un racconto solarpunk di Davide Del Popolo Riolo, Cinque stagioni su Eureka, adesso voglio raccontare le mie impressioni.

Il primo racconto è ZERO di Silvia Treves (Futuro Presente n. 31), autrice della quale ho letto già altri titoli. Ho ritrovato in questa storia il suo stile accattivante, coltivato con padronanza, che si adatta a ogni situazione narrativa. Qui per esempio, a differenza degli altri suoi racconti, non c’è una scienza hard a condizionare lo scenario, una storia che si svolge tra mondi paralleli. La protagonista Delia “viaggia” letteralmente tra un mondo che chiama Uno e un altro che chiama Due; non c’è una descrizione approfondita delle ambientazioni, ma è evidente che il primo è una realtà assolutamente indesiderabile, un futuro distopico, mentre nel secondo Delia ogni due settimane trova un “marito” e un “figlio” con i quali trascorre una vita normale: un uomo che per imperscrutabili ragioni l’ha in qualche modo “riconosciuta” la prima volta che  è arrivata a Due scendendo a una fermata della metropolitana (questo è il meccanismo che permette il passaggio tra i mondi). Si tratta di  Yusun e di suo figlio Mosi, che l’uomo potrebbe aver generato con un’altra viaggiatrice che ha preceduto Delia.

Non si rimane mai a bocca asciutta nel leggere un racconto di Silvia Treves, benché questa volta il suo consueto allure hard-SF sia accantonato a favore di uno stile intimista e contenuto, che ben descrive l’atmosfera sospesa della vita di Delia.

Il secondo racconto letto è LA STREGA DEL LAGO di Sergio Beccaria (Futuro Presente n. 39), unico titolo di questo autore nel catalogo Delos e, mi pare di capire, unica sua pubblicazione fiction. Per essere un’opera prima è un testo scritto con uno stile maturo e raffinato, e non solo perché gli esordienti di fantascienza si vedono pubblicare anche storie francamente illeggibili: forse è merito dell’età dell’autore, classe 1969. A ogni modo, Beccaria è anche autore di recensioni p.es. su B-Sides magazine.

La strega del lago, dicevo, ha un ottimo stile che compensa solo in parte la mancanza di una visione unitaria della trama; la storia è divisa in due parti con protagonisti e punti-di-vista diversi, e ambientazioni totalmente differenti che solo nel finale si ricollegano, in maniera un po’ forzata. La prima parte, Trilogia degli animali, è un quadro d’ambientazione che racconta un personaggio accattivante, Emma, la quale definisce sé stessa “la strega del lago” (il riferimento è al lago di Garda). La seconda parte, Lago nero, è una detection story tirata per la giacchetta, diciamo così, che ricostruisce l’omicidio in pubblico di una giovane donna in circostanze che ho trovato francamente discutibili. La vicenda, per quanto riguarda l’indagine, non ha un finale vero e proprio, lasciando a bocca asciutta quei lettori alla ricerca di un meccanismo causa-effetto consolatorio; in compenso è ricca di citazioni colte, letterarie, storiche, musicali, cinematografiche che rendono anche piacevole la lettura, e che spero di ritrovare in un’opera successiva e più matura dello stesso autore.

Un po’ come il racconto di Beccaria, OPEN MUSEUM di Matt Briar (Futuro Presente n. 29) è scritto con uno stile  fluente e interessante, tranne che per i dialoghi, però è come se nella storia principale, già di per sé fondata su un’idea non ben legittimata dalla narrazione, l’autore avesse “incastrato” due capitoli spurii forse per giustificare quell’aggettivo, “sociale”, accostato a fantascienza: il capitolo 9, che nel tentativo (riuscito) di aggirare un fastidioso infodump si risolve in un episodio avulso dalla trama, che pure è costruita sulla tensione di scoprire il “mistero” narrativo che sottende l’idea principale. Meglio sarebbe stato, secondo me evitare del tutto questa digressione, come pure l’ultimo capitolo che non aggiunge nulla, anzi disperde il climax con cui si era chiuso il capitolo precedente.

In conclusione, un racconto scritto con uno stile decisamente superiore alla media, anche se fondato su una singola idea discretamente kitsch, ma annacquato da scene didascaliche, di una minuziosità superflua.

Mi ha dato ancora più da pensare CIELO DI CARTA di Irene Drago (Futuro Presente n. 33), autrice che seguo da tempo e che è andata migliorando di racconto in racconto: ormai padroneggia uno stile personale, sebbene forse non ancora riconoscibile, e unisce a una solida immaginazione fantascientifica la capacità di progettare storie formalmente perfette. Anche questo racconto, come il successivo Fenice citoplasmatica (Atlantis n. 4, Delos Digital) ha una magnifica base scientifica nella medicina contemporanea. L’elemento che stride è il vistoso twist a metà del terzo capitolo, cioè dopo due terzi della narrazione, quando improvvisamente la storia cambia non solo tono, ma anche direzione, e si trasforma in una distopia della quale nulla era presagito in precedenza.

Questo cambiamento di rotta giunge francamente inaspettato in una storia che sembrava ruotare intorno a un nucleo esistenziale; intendiamoci: se parlassimo di un romanzo di quindici, venti capitoli, il momento del twist sarebbe perfetto, a metà del terzo capitolo. In questo caso invece mi ha lasciato a bocca asciutta, ancora di più se si considera che la storia si chiude di fatto con un deus ex machina solo parzialmente anticipato nella trama.

L’ultimo titolo che ho letto è TERRA NOVA di Caterina Franciosi (Futuro Presente n. 34), una storia avventurosa che condivide pregi e difetti con i tre precedenti. Intendiamoci: la qualità di tutti e cinque i titoli è incomparabilmente superiore alla qualità media dei racconti che si pubblicavano fino a dieci anni fa sulle fanzine. Effetto delle scuole di scrittura creativa? Rubo questo concetto a Silvio Sosio, il quale in un post su un social ha affermato una verità evidente per qualsiasi editore o curatore di rivista o collana: il  materiale che arriva in visione è di buona fattura, si vede che l’esordiente medio (e, aggiungo io, anche lo scrittore o la scrittrice non proprio “esordiente”) è in grado di pensare una storia articolata, e trasferirla “sulla carta” con una struttura definita e un buon linguaggio; la “contropartita”, se proprio deve essercene, è il fatto che le storie si somigliano un po’ tutte. Non c’è più sperimentazione, la fantasia creativa di chi scrive si esaurisce nell’idea e nel plot, così non ne rimane più per la forma.

Anche questa storia di Caterina Franciosi appare divisa in due, sebbene il contrasto sia meno stridente rispetto ai titoli di Beccaria e Drago grazie alla maggior lunghezza del testo. Pure in questo caso comunque c’è un vistoso iato tra la prima metà, che prevede uno scenario distopico, e la seconda più prettamente avventurosa, ambientata in uno scenario di regressione della civiltà: ma le condizioni del plot sono tali che il raccordo tra le due metà del racconto risulta piuttosto labile, malgrado la permanenza del protagonista principale.

Un elemento positivo, rispetto al consueto scenario della distopia all’italiana, è che in questa storia l’iniziativa dell’opposizione non è nelle mani del solito super-personaggio spalleggiato da un ristretto gruppo di seguaci che dipendono dalla sua fortuna; piuttosto, c’è un tentativo di articolare la funzione su un vero e proprio movimento, nel quale il protagonista ha un ruolo marginale. E non posso che applaudire questa piacevole novità!

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