Sul n. 82 di Robot, la storica rivista della fantascienza italiana che rinasce dalle proprie ceneri, è uscito per la prima volta un mio racconto

Eddie Mendoza (USA), “Atlas Plaza”
Nella seconda metà degli anni Settanta, quando io frequentavo le scuole superiori, mia madre tornò a gestire personalmente per un alcuni mesi un’edicola di giornali nella piazza centrale della mia città. Era una situazione transitoria: aveva ceduto in affitto l’attività per alcuni anni, ma i locatari rinunciarono per ragioni di salute; nell’attesa di trovare un acquirente definitivo, per alcuni mesi fu concesso di nuovo, dopo l’infanzia, di poter attingere all’intera distribuzione nazionale di fumetti e alle edizioni da edicola. A quel tempo già leggevo Urania in maniera irregolare, a seconda della disponibilità di argent de poche, e scambiavo i numeri con un amico altrettanto appassionato. Gli hard cover dell’editrice Nord erano al di fuori delle mie possibilità economiche, li prendevo in prestito alla sezione Circolante della biblioteca.
In quel periodo di grazia approfittai ampiamente della collana Galassia Celt (mi presi ad esempio uno degli ultimi numeri, Amazon di Gianluigi Zuddas, datato novembre 1978; la collana avrebbe cessato le pubblicazioni quattro numeri dopo).
In edicola era già distribuita da qualche anche Robot, diretta da Vittorio Curtoni; probabilmente ne sfogliai qualche fascicolo sugli espositori, ma per un motivo che oggi non so più spiegarmi non ero interessato alla forma “rivista”, non mi sfioravano preoccupazioni critiche ed ero enormemente più interessato alle opere lunghe rispetto ai racconti. Può darsi che fossi solo troppo giovane, o troppo isolato da altri fans perché il mio amico nutriva scarso interesse per la fantascienza italiana. Solo pochi mesi più tardi, a partire dall’Eurocon di Stresa (1980), avrei cominciato a frequentare il fandom, ma in quel periodo non approfittai di quella succulenta occasione.
Quando a metà anni Ottanta conobbi Giampiero Prassi, che gestiva la fanzine ciclostilata The Dark Side, avrei sì desiderato una rivista come Robot, che invece aveva cessato le pubblicazioni nel ’79. Ebbi occasione di leggerne e apprezzare tramite Prassi alcuni numeri, anche se non ne ho assolutamente una conoscenza organica della sua storia.
Dopo 24 anni, Robot rinacque con lo stesso curatore (Vittorio Curtoni) e lo stesso disegnatore (Giuseppe Festino); ma nel 2003 io mi ero allontanato dalla fantascienza. Siccome non avevo interiorizzato la tradizione di Robot negli anni in cui aveva rappresentato in Italia il meglio della science-fiction internazionale, e probabilmente di quella italiana, non sentivo il richiamo affettivo. È quindi con molto ritardo che mi sono finalmente abbonato alla rivista, ora edita da Delos Books. Quasi in contemporanea un mio racconto è stato accettato e pubblicato sul n. 82.
Viaggiatori dell’equinozio è una storia che, a differenza della maggior parte dei miei racconti, sfiora appena i temi della hard sf, lasciati sullo sfondo. Ho cercato di mantenermi nel campo del non detto, nell’understatement tra l’autore e il lettore. Se qualcuno non condivide questo approccio, chiedo indulgenza; di solito cerco di mantenere l’idea nel nucleo della narrazione, ma qui —una volta di più —parlo di Arte, e ho dunque tentato di non sviare l’attenzione dalla Tragedia, dal momento che il racconto è ambientato in Grecia.