L’unico autentico «romanzo maledetto» italiano

Luo Qisheng, “Letà della sofferenza”

Le venti giornate di Torino” è l’unico, autentico romanzo maledetto italiano” scrive Giovanni Arduino in Il diavolo è nei dettagli, nel quale cerca di ricostruire la storia della pubblicazione di questo breve romanzo divenuto quasi testo di culto per un ristretto numero di appassionati, fino alla riscoperta da parte del gruppo editoriale statunitense Norton. L’autore di Le venti giornate di Torino è Giorgio De Maria, scrittore e musicista torinese nato nel 1924 e morto nel 2009, ormai devastato da una degenerazione mentale che da tempo l’ha portato alla follia. Le venti giornate di Torino è uno dei quattro libri che ha pubblicato, senz’altro il più interessante, e l’unico che abbia suscitato una tale sensazione nei lettori. Delle dieci copie regalate dall’autore alla Biblioteca nazionale universitaria, nove non sono più ritornate dal prestito. Edito nel 1977 da una casa editrice non più esistente, le Edizioni il Formichiere di Milano, sembrava completamente dimenticato; anche la storia della sua scoperta è una avventura.

Giorgio De Maria scrive il suo romanzo maledetto in anni di sconvolgimenti sociali e crisi, sia personale che politica. La sua evoluzione inizia nel ’56, quando forma un trio inseparabile con Emilio Jona e il filosofo Elémire Zolla. Quando quest’ultimo si trasferisce a Roma, De Maria diventa l’anima anticlericale del gruppo Cantacronache, composto da musicisti, letterati e poeti fondato nel 1957 dagli studiosi di musica popolare Sergio Liberovici e Michele L. Straniero: una serie di nomi della cultura torinese aggregati intorno a un progetto di valorizzazione della canzone di impegno sociale. Di Cantacronache fanno parte Emilio Jona e la cantautrice Margherita Galante Garrone (Margot); tra i collaboratori Umberto Eco, Italo Calvino, Franco Fortini, Gianni Rodari. Negli stessi anni, dal ’58 al ’65, De Maria è critico teatrale per la redazione torinese de L’Unità, il quotidiano del PCI. Nel ’58 la Democrazia Cristiana lo denuncia per il testo di una canzone su una giovinetta che seduce un uomo:

Tu credevi di scherzare
con quegli occhi un po’ furbetti
era meglio non tentare,
ben ti sta Maria Goretti

Luo Qisheng, Senza titolo

Lavora anche alla Fiat grazie, alla vicinanza con la famiglia Agnelli della prima moglie Lucianella, ma viene messo alla porta dopo che lei ha ottenuto l’annullamento della matrimonio da parte della Sacra Rota: il marito ha avuto l’ardire di presentarle la sua amante Chiaretta Buratti che già porta nel ventre la prima figlia, Corallina, e che diventerà la sua seconda moglie. De Maria viene assunto in Rai e ben presto licenziato per “scarso rendimento e sciatteria”. Tenta la carriera di pianista, interrotta da insopportabili dolori alla mano sinistra, che si ipotizza siano d’origine psicosomatica. Insegna Lettere all’istituto tecnico Santorre di Santarosa in corso Peschiera, dove è molto amato dagli studenti. Poi inizia la malattia mentale. A metà anni Ottanta da anticlericale si converte in fanatico cattolico e ha visioni di demonio, santi e madonne. A partire dall’inizio del nuovo millennio, il declino è inarrestabile; arriva anche a gettarsi dalla finestra delle casa di via Fabrizi perché crede di volare come un angelo, e rompe la spalla di un pompiere che è di sotto con il telo. Ricoverato dopo l’episodio, comincia il suo abuso di benzodiazepine ad azione ipnotica, come il triazolam, che si protrarrà fino alla morte nel 2009.

Giovanni Arduino, traduttore e curatore delle ultime opere di Stephen King, ha ricostruito la storia del romanzo maledetto, dell’oblio che segue la pubblicazione e della sua recente riscoperta, in un documentato eBook dal titolo Il diavolo è nei dettagli. Tutto inizia nel 2016 quando l’editore Frassinelli lo incarica di scrivere la postfazione di Le venti giornate di Torino in via di ripubblicazione, sull’onda del successo ottenuto dalla traduzione inglese. Arduino si procura una copia di seconda mano dell’edizione originale del Formichiere e legge la quarta di copertina compilata dallo stesso de Maria:

Non compiacerti troppo della tua perspicacia, o lettore, se già dalle prime pagine avrai intuito chi perpetua i massacri: forse avresti potuto sventarli in tempo, prima che l’Uccisore divenisse tanto inaccessibile. Tuttavia non devi preoccuparti: potrai ugualmente godere di queste pagine fitte di eventi mirabili e tremendi, sulle cui tracce il protagonista esplora il reticolo orribilmente geometrico di una Torino fine Novecento slabbrata e segretamente febbricitante. Un’emblematica città d’Italia dove Forze Oscure operano ai danni di una umanità di resistenza.

Luo Qisheng, “Anatomia femminile”

Ma come è accaduto che questo libro oscuro e dimenticato, pubblicato senza  alcun successo, sia arrivato all’editore Norton? Incuriosito, Arduino si mette in contatto con Corallina De Maria, che gli fornisce l’indirizzo email di Ramon Glazov, traduttore e curatore dell’edizione americana. Glazov è un australiano di Perth, ma adesso vive a Makassar in Indonesia, dove insegna in un liceo. Mentre si trova in viaggio a Torino nel 2014, Glazov fa visita a un certo Luca Signorelli, con il quale è in contatto email da qualche tempo. Glazov,chiede all’amico un libro italiano da proporre per la pubblicazione alle case editrici statunitensi con le quali è in rapporto. Signorelli gli consegna appunto Le venti giornate di Torino, affermando ne è rimasto terrorizzato quando l’ha letto da bambino.

Entusiasta della lettura, Glazov affitta per un intero anno (dal dicembre 2014) un appartamento a Saint-Vincent, Valle d’Aosta, per dedicarsi alla traduzione, ancora senza nessuna garanzia di interesse espresso da qualche editore. Signorelli non sa chi sia in possesso dei diritti di De Maria, deceduto da qualche anno; Glazov scopre che lo scrittore ha avuto due figli e trova in internet l’indirizzo di un cugino dei due, che guarda caso vive a sua volta in Indonesia, sull’isola di Bali. Da lui ottiene via email il recapito di Corallina De Maria. Glazov convince poi l’editore Norton a acquistare la traduzione delle venti giornate, grazie alla descrizione della Biblioteca che secondo lui anticipa la funzione dei social network.

Giovanni Arduino incontra i figli di De Maria, da loro viene a sapere che Carlo Frassinelli, fondatore della casa editrice che ripubblica il romanzo, era loro vicino di casa in via Nicola Fabrizi. Arduino si rende conto di avere conosciuto Luca Signorelli nella libreria Sevagram di Riccardo Valla, punto di riferimento negli anni Ottanta per gli appassionati torinesi di fantascienza, fantasy e fumetti. Si mette in contatto con lui, Signorelli gli racconta di avere conosciuto Domenico De Maria, il fratello minore di Corallina, che da ragazzo l’aveva invitato a casa in via Nicola Fabrizi per ascoltare Black Sabbath e Deep Purple, dei quali i due ragazzi erano appassionati. A quel tempo era già rimasto terrorizzato da Le venti giornate di Torino, ma solo trent’anni più tardi capì che l’autore di quel libro era il padre di Domenico.

Secondo La Stampa, con il tempo il romanzo di De Maria è divenuto oggetto di culto di un gruppo ristretto di conoscitori che visitano i luoghi e i monumenti descritti, si dedicano a ricopiare il testo dal momento che non è più disponibile, qualcuno avrebbe addirittura tentato di andare a abitare in uno dei palazzi citati nel romanzo.

Luo Qisheng, “Black Cat”

La riedizione italiana mette in evidenza l’ipotetico aspetto anticipatorio del romanzo, che immaginerebbe «l’arrivo di Mark Zuckerberg e di Facebook con quarant’anni di anticipo, svelando persino il lato oscuro dei social media e un’intuizione che sa proprio di chiaroveggenza». L’accento è su uno degli argomenti del romanzo, l’oscura Biblioteca, dall’effetto devastante sulla privacy e la sanità mentale degli individui. Ma credo che il valore di questo romanzo sia sepolto più a fondo, nell’inconscio collettivo di quel periodo, e il terrore che incute nasce dall’incontro tra due mondi: la razionalità di quella che si credeva una rivoluzione, che a partire dal ’68-’69 sembrava conquistare spazi impensabili di libertà, e la reazione che si preparava per riconquistare gli spazi perduti. Dice nel penultimo capitolo l’avvocato Segre:

Gli inamovibili, gli insospettabili, per quanto intimamente inerti e lordi di sangue dalla testa ai piedi, hanno sempre trovato condizioni di vita ideali, di assoluta sicurezza nel nostro paese. Milioni di bocche osannanti o cucite a filo doppio li hanno sempre protetti,

Giustamente Norton pubblicizza The twenty days of Turin come an allegory inspired by the grisly neo-fascist campaigns of its day, “un’allegoria ispirata dalla macabra campagna neofascista dei suoi giorni”; il prodotto quindi di una psicosi personale e politica, anche se in Italia è diventato difficile chiamare le cose con il proprio nome quando si parla di fascismo. Ecco allora che il «terrore muto e palpitante che si insinua in ogni momento dall’esistenza quotidiana» nasce dalla paura di massa, da chi sente che le conquiste degli anni entusiasmanti hanno leso il potere oscuro che regge il mondo dal tempo dei tempi, il sacro potere degli insospettabili che restano sullo sfondo; talmente “inamovibili” che De Maria sceglie per raffigurarli i monumenti che affollano invisibili le nostre città, come nel testo “postumo” di Musil.

Dieci anni dopo una serie di fatti inspiegabili avvenuti nella città di Torino in un’estate che da cenni sparsi si può individuare intorno alla metà degli anni Novanta, un giornalista (la voce narrante anonima del romanzo) decide di scrivere un libro per fare luce sull’accaduto. Una parte notevole degli abitanti già da mesi soffre di insonnia. Bande di cittadini, perseguitati dal sonno ma impossibilitati a chiudere occhio, affollano le strade oppresse da una calura epocale.

Sembra che una cortina di oblio sia scesa sui molti testimoni oculari di quei giorni. Anche chi era presente agli efferati omicidi in pubblico non ricorda, forse non riuscì neppure a rendersi conto di cosa accadesse.

Uomini e donne uccisi in modo raccapricciante, come se fossero stati sollevati per le caviglie e scaraventati con forza contro alberi, muri e basi di monumenti. Urla inumane che attraversano la notte. Strane «manifestazioni acustiche» registrate su nastro da appassionati, suoni gutturali, raschiati, faticosi. E poi la Biblioteca, una delle invenzioni più originali contenute in questo libro “maledetto”: una singolare istituzione che ha sede all’interno dei padiglioni del Cottolengo, composta da manoscritti che chiunque può consegnare e consultare, frequentata secondo l’ipotesi del narratore da almeno quattrocentomila torinesi.

Gli ideatori della Biblioteca sono «giovanotti ben pettinati e ben vestiti, senza traccia di peluria sui volti sempre rosei e sorridenti». Nel periodo precedente alle venti giornate, girano di casa in casa, suonano alle porte, parlano alla gente per convincere a collaborare alla fondazione di una raccolta di testi in un padiglione del Cottolengo:

«A noi non interessano la carta stampata, i libri, c’è troppa finzione nella letteratura, anche in quella cosiddetta spontanea… noi siamo alla ricerca di documenti veri, autentici, che rispecchino l’animo reale della gente. […] È una cosa importante quella che facciamo, visto che oggi è diventato così difficile comunicare.»  […]
Si mormorava che allo loro spalle agissero forze oscure, organizzazioni nazionali e internazionali bramose di rivincite a causa di certe recenti sconfitte subite: ma chi poteva credere a quelle voci di fronte a quei ragazzi che sempre ti guardavano negli occhi e tendevano la mano?

Chiunque può portare un testo che ha scritto e prenderne in prestito altri dalla Biblioteca. Su richiesta, i fondatori possono fornire i dati e l’indirizzo dell’autore. Il frequentatore medio della Biblioteca è un timido, «desideroso di approfondire al massimo la propria solitudine e di farla pesare al massimo sugli altri». La Biblioteca riscuote in breve tempo un enorme successo. Sembra che chiunque senta l’urgenza di comunicare qualcosa di se stesso.

Alla metà di luglio gli omicidi si trasformano in veri e propri massacri. «E questa sarebbe ancora la città di Gramsci e Gobetti?» commenta La Stampa, constatando che Torino scivola sempre più nell’irrazionale. L’opinione pubblica esige la punizione dei colpevoli e dei mandanti. Le testimonianze dirette sono rare, e per lo più opera di stranieri. La tensione psichica causata dall’insonnia e dai massacri raggiunge il limite estremo. Si arresta un uomo, un marginale che vive in una povera casa di via Barbaroux, ma improvvisamente le stragi cessano il 22 luglio.

A dieci anni di distanza dagli eventi, la conclusione cui giunge il narratore conferma ciò cha il lettore ha potuto intuire fino dai primi capitoli:

Sarebbe troppo umiliante ammettere l’evidenza, dichiarare che qualcosa ha approfittato di un nostro ‘vuoto di potere’ per emergere dal proprio nulla. Non sono uno scienziato, ma penso che un biologo, un fisico, un esperto in mineralogia, non saprebbero fornire una diagnosi soddisfacente di certi fenomeni senza tenere conto di quel ‘vuoto di potere’.

Il protagonista ha la sensazione che un nuovo potere occulto si vada organizzando, assume altre forme ma è lo stesso che stava dietro alla Biblioteca. Decide che è meglio cambiare aria per qualche tempo. Decide di lasciare Torino, si aggira per la città per un ultimo commiato; dovunque vede segni che rimandano alle enormità accadute durante le venti giornate, e che forse erano solo il preludio di un’era ancora più terribile:

Il futuro è molto buio… divinità meschine e infami sono emerse dal cuore della roccia… ed esseri in carne e ossa come noi si stanno felicitando per questo mostruoso evento…

Luo Qisheng, “Buddha o demonio?” (particolare)

 

Le illustrazioni sono di © Luo Qisheng, Shanghai luoqisheng.artstation.com

Giorgio De Maria, Le venti giornate di Torino, Frassinelli 2017, ISBN 9788893420259

Giovanni Arduino, Il diavolo è nei dettagli. La storia di “Le venti giornate di Torino”, Frassinelli ISBN 9788820097615

 

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