Gian Filippo Pizzo

Quando ci hai salutato tutti su Facebook con quell’addio straziante, comunicandoci che tornavi in ospedale e predicendo che non ne saresti uscito vivo, proprio come accadde a Giuseppi Lippi, ho sentito subito che era vero. Concludevi con un “vi voglio bene a tutti”, piantando un primo cuneo di dolore nelle mie costole.

Ero in una camera d’albergo di Lisbona quando ho saputo che eri morto ventiquattr’ore prima, l’ultimo giorno dell’anno. Ti ho pensato quasi ogni giorno, durante il tuo ricovero. Non so se tu sia rimasto lucido fino in fondo, ne non riesco a immaginare cosa possa essere stato, e quale infinito terrore ti abbia guidato lungo quell’ultima discesa, il terrore di chi sa che dall’altra parte non c’è nulla, c’è anzi il Nulla.

Ora il tuo profilo social è chiuso. Approvo questa scelta di pudore.

Stranimondi 2016, foto di Mariasilvia Iovine

Non so neppure esprimere quanto ti devo. È principalmente per te che sono tornato a scrivere fantascienza dodici anni fa, dopo un periodo di allontanamento, anche se in effetti non so se ringraziarti per questo. Mi contattasti perché stavi raccogliendo testi per un’antologia di autori diversi, che si cimentassero su un unico tema, politica e fantascienza. Era il 2010. Prima di allora ti conoscevo poco, anche se ero stato coinvolto in almeno due iniziative lanciate da te:

  • quando negli anni Ottanta mossi i primi passi nel fandon, fu sulla fanzine The Dark Side, che era nata da una costola della fantomatica ASIF, associazione tra autori, appassionati e addetti ai lavori della science fiction italiana, propagandata da te sulle pagine della rivista da edicola “Aliens”; dopo l’abbandono dell’idea da parte tua, causa lo scarso interesse del pubblico, due di coloro che avevano risposto all’iniziativa decidono di dare vita a “qualcosa” in proprio: Leo Marchitto e Gian Piero Prassi fondarono così a TDS, tra le fanzine più durature e fortunate nel fandom, che io stesso curai in prima persona da dicembre 1988 fino a maggio 1991, dopo lo sfaldamento della redazione.
  • chiusa TDS, venni accolto nella redazione di un’altra fanzine, Intercom, la più longeva della storia del fandom italiano, che dal 1988 viveva la sua terza fase sotto la direzione di Danilo Santoni, a Terni; in redazione oltre al sottoscritto c’erano Roberto Sturm, Nico Gallo, e Antonio Folli. Intercom era già passata attraverso due precedenti gestioni: Santoni l’aveva ereditata dalla redazione genovese composta da Nico Gallo e Bruno Valle, che a loro volta l’avevano rilevata da te e Pippo Marcianò. Intercom nacque infatti dal progetto di Astralia, la fanzine che curavate insieme voi due quando ancora vivevi a Palermo.

Quando mi contattasti per quella prima antologia, che sarebbe divenuta Ambigue Utopie, curata da te e Walter Cataleno per l’editore Bietti, non mi sentii di scrivere un racconto per l’occasione, dal momento che il mio interesse per la science fiction era ai limiti storici. Ti inviai perciò un testo già apparso su fanzine. La veste grafica del libro era bellissima, con un copertina davvero suggestiva, molto più prestigiosa di qualsiasi altra iniziativa antologica cui avessi partecipato in precedenza. Mi sono in seguito rincresciuto di non avere scritto un testo appositamente; per questa ragione, quando mi proponesti di partecipare a una seconda antologia per lo stesso editore, scrissi volentieri un racconto inedito.

Da allora mi contattasti per tutte le iniziative antologiche che portasti a termine (con l’eccezione naturalmente di quella riservata alle autrici), e a tutte partecipai, con l’eccezione dell’ultima, uscita a fine 2021: un totale di quindici racconti, tredici dei quali inediti. E fui così  risucchiato nel fandom, che a sorpresa ho trovato enormemente cambiato, e in meglio.

Fosti tu a presentarmi Giulia Abbate, come mi ha ricordato lei.

Fosti tu a parlare con Marco Desimoni, l’editore di Odoya, del ponderoso libro che avevo scritto su Parigi, e devo quindi dire grazie a te se ho pubblicato sei volte con questa casa editrice, compreso il manuale di scrittura di fantascienza scritto con Giulia Abbate — non per nulla, la mia dedica in calce al volume è per te.

Ci si vedeva ogni anno a Stranimondi, anzi due volte in quell’occasione fosti ospite per la notte a casa mia insieme a Walter Catalano. Quest’anno la tua mancanza si è fatta sentire, come ti scrissi; rispondesti che tu l’avevi sentita ancora di più.

L’ultima volta che ci siamo contattati è quando, per la prima occasione, fui io a selezionare un tuo racconto per l’antologia sulla nascita della letteratura distopica in Italia, uscita poco prima di Natale, e che non hai neppure avuto il tempo di tenere in mano.

È tutto. Mi spiace. Abbiamo sempre avuto un rapporto corretto, e ti ho voluto bene nel mio modo contenuto, forse eccessivamente riservato.

Addio fratello maggiore, non ti dimenticherò.

Stranimondi 2018: Gian Filippo Pizzo, Laura Garonzi, Franco Ricciardiello, Giulia Abbate

3 pensieri su “Gian Filippo Pizzo

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