“La Salvineide”. Sulla genesi della canzone popolare di protesta

di FRANCO RICCIARDIELLO

Venerdì 24 maggio ho avuto il privilegio di essere presente, durante la festa di chiusura della campagna elettorale amministrativa della mia città, alla prima esecuzione pubblica di La Salvineide, una ballata satirica che Alice “Uli” Protto, vocalist della band Maleducatones, ha scritto in occasione dell’arrivo di Matteo Salvini, segretario generale della Lega e Ministro degli Interni. «Non potendo unirmi alla protesta di persona» ha scritto l’autrice sulla sua pagina facebook, in riferimento alle contestazioni organizzate da Vercelli Antifascista, «ho deciso di scrivere un inno per l’occasione, dal titolo La Salvineide (libera riscrittura del canto partigiano La Badoglieide). È un inno, è di tutti noi.»

Il testo mi offre l’occasione per qualche riflessione sulla genesi popolare della canzone di protesta. La Salvineide infatti non è una goliardata, bensì un perfetto esempio di canto a sfondo sociale, nel solco dell’evoluzione del genere nell’ambito della musica popolare del Novecento.

“BELLA CIAO”. LA CANZONE DI PROTESTA ANONIMA

Nel corso del secolo passato, in Italia come in altri paesi dell’Occidente si è sviluppata una ricca tradizione di canti di protesta popolari, anche con contenuto politico; pensiamo, solo per limitarci al secondo dopoguerra, a Giuseppe Miriello, poeta popolare di Matera, e ai suoi “grandi fatti del proletariato” messi in musica; o all’esperienza torinese dei Cantacronache, che torneranno più avanti in questo post.

Sovente la canzone di protesta nasce sovrapponendo un testo anonimo su una canzone preesistente: mi viene da pensare, per esempio, alla versione “per le mondine” di Bella Ciao, composta da Ernesto Esposito e Carlo Emanuele Ricordi:

Alla mattina appena alzata
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
alla mattina appena alzata
in risaia mi tocca andar.

E fra gli insetti e le zanzare
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
e fra gli insetti e le zanzare
un dur lavor mi tocca far.

Bella Ciao, oggi conosciuta in tutto il mondo e diffusa in decine e decine di lingue diverse, al punto di essere divenuta un inno internazionale alla libertà, è un vero e proprio corto circuito musicale, perché la versione dei partigiani è a sua volta ricalcata su un precedente canto di lavoro delle mondariso che risale a inizio ‘900, durante la lunga e vittoriosa lotta per le otto ore lavorative:

Lavoro infame, per pochi soldi, o bella ciao bella ciao
Bella ciao ciao ciao, lavoro infame per pochi soldi
E la tua vita a consumar!

Ma verrà il giorno che tutte quante o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, ma verrà il giorno che tutte quante
Lavoreremo in libertà

E si può naturalmente risalire più indietro nel tempo, a quell’anonimo Fior di tomba che come è stato dimostrato è l’origine della melodia di Bella ciao:

Stamattina mi sono alzata,
stamattina mi sono alzata,
sono alzata – iolì
sono alzata – iolà
sono alzata prima del sol.

Sono andata alla finestra
e ho visto il mio primo amor
che parlava a un’altra ragazza,
discorreva di far l’amor.
Sono andata a confessarmi
e l’ho detto al confessor.

La canzone popolare Fior di tomba è a sua volta, secondo l’etnomusicologo Costantino Nigra, ricalcata su un originale francese del XVI secolo, La Pernette, una chanson à toile eseguita durante il lavoro dalle tessitrici dell’attuale dipartimento della Loira presso Lione. La Pernette, cioè una fanciulla di giovanissima età, si strugge per il suo innamorato in prigione:

Tu n’auras pas mie Piere,
tra lala lala lala lalala
tu n’auras pas mie Piere,
nos lo pendolaron,

Se vos pendolas Piere,
tra lala lala lala lalala
se vos pendolas Piere,
pendolas mei itot,

Au chemin de Saint-Jacques,
tra lala lala lala lalala
au chemin de Saint-Jacques,
enteras nos tos dos,

Cuvrés Piere de roses
tra lala lala lala lalala
cuvrés Piere de roses
e mei de mile flors,

Los pelerins que passent
tra lala lala lala lalala
los pelerins que passent
en prendront quauque brot,

Diront: Dio aye l’ame
tra lala lala lala lalala
diront: Dio aye l’ame
dous povres amoros,

«Tu Pierre non lo avrai, tra lala lala lala lalala, tu Pierre non lo avrai, noi lo impiccheremo.
Se impiccherete Pierre, tra lala lala lala lalala, se impiccherete Pierre, impiccate anche me. Sul cammino di San Giacomo, tra lala lala lala lalala sul cammino di San Giacomo, seppelliteci assieme. Coprite Pierre di rose, tra lala lala lala lalala , coprite Pierre di e me di mille fiori. I pellegrini, passando, tra lala lala lala lalala, i pellegrini, passando, ne prenderanno un boccio. Diranno: Dio abbia l’anima, tra lala lala lala lalala, diranno: Dio abbia l’anima di quei poveri innamorati.»

Ecco una bella versione di La Pernette incisa dalla band folk Malicorne:

DALLA “BADOGLIEIDE” ALLA “SALVINEIDE”: QUESTA RISATA VI SEPPELLIRA’

La genesi di La Salvineide segue un procedimento simile, seppure consapevole e, qui viene il bello, tracciabile. Come anticipa l’autrice infatti, il testo è stato composto sulla metrica de La Badoglieide, una canzone della Resistenza. Ma che cos’è La Badoglieide? L’origine di questo diffuso motivo partigiano è spiegata dallo scrittore e partigiano Nuto Revelli, che 1944 combatte in una formazione partigiana di Giustizia e Libertà nella Val Maira in provincia di Cuneo:

«Alle Grangie di Narbona ci siamo sistemati in alto, aspettando gli eventi. E lì, tra il 25 e il 26 aprile [1944], nasce La Badoglieide, una canzone partigiana che se la prende con Badoglio e il re Vittorio. La Badoglieide è nata su suggerimento di Livio [Bianco]. L’abbiamo combinata assieme, in gruppo.»

Pietro Badoglio era allora capo del governo italiano con sede provvisoria a Salerno, nella zona liberata dagli Alleati, fedele alla monarchia e per questo inviso al CLN. La metrica del testo viene adattata a due diversi motivi: le strofe, su una canzonetta goliardica intitolata E non vedi che son toscano, mentre il ritornello, in dialetto piemontese, è un motivo tradizionale della stessa regione. Le parole recuperano i trascorsi filofascisti e le nefandezze coloniali del capo del governo:

O Badoglio, o Pietro Badoglio
ingrassato dal fascio littorio,
col tuo degno compare Vittorio
ci hai già  rotto abbastanza i coglion.

T’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dit, t’l’as mai fait,
t’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dilu: sì sì
t’l’as falu: no no
tutto questo salvarti non può.

Ti ricordi quand’eri fascista
e facevi il saluto romano
ed al Duce stringevi la mano?
sei davvero un gran porcaccion.

Ti ricordi l’impresa d’Etiopia
e il ducato di Addis Abeba?
meritavi di prendere l’ameba
ed invece facevi i milion.

Ti ricordi la guerra di Francia
che l’Italia copriva d’infamia?
ma tu intanto prendevi la mancia
e col Duce facevi ispezion.

Ti ricordi la guerra di Grecia
e i soldati mandati al macello,
e tu allora per farti più bello
rassegnavi le tue dimission?

A Grazzano giocavi alle bocce
mentre in Russia crepavan gli alpini,
ma che importa ci sono i quattrini
e si aspetta la grande occasion.

L’occasione è arrivata
è arrivata alla fine di luglio
ed allor,  per domare il subbuglio,
ti mettevi a fare il dittator.

E così via, strofe alternate al ritornello in dialetto. Ecco una versione cantata da Fausto Amodei, un’altra delle voci di Cantacronache:

Uli non è la prima a comporre una canzone satirica di protesta ricalcata su La Badoglieide. Una delle più belle incisioni della canzone partigiana è quella del progetto Cantacronache nell’album “Canti di protesta del popolo italiano / Canti della resistenza”, per la voce di Margot [Galante Garrone]. Cantacronache è un gruppo composto da musicisti, letterati e poeti fondato nel 1957 dagli studiosi di musica popolare Sergio Liberovici e Michele L. Straniero: una serie di nomi della cultura torinese aggregati intorno a un progetto di valorizzazione della canzone di impegno sociale, anni prima dei cantautori genovesi. Margot (1941-2017) era una delle voci del gruppo; per esempio, è stata la prima in Italia a cantare Le Déserteur di Boris Vian. Al termine dell’esperienza Cantacronache, Margot inizia una carriera solista assolutamente ai margini dello star system musicale italiano. Uno degli ultimi brani che la cantautrice compone e registra è una ballata satirica e politica sulle note di La Badoglieide; si intitola La Renzieide:

LA RENZIEIDE

Era ancora lontana la volta
della nave chiamata Leopolda
Ma tu avevi già impresso nel cuore
l’inquilino che stava ad Arcòre

E strappandogli due confidenza
sul governo della tua Firenze
iniziasti a pensar “Ma sei scemo?”
al futuro del Nazareno

T’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dit, t’l’as mai fait,
t’l’as mai dit parei,
t’l’as mai dilu: sì sì
t’l’as falu: no no
tutto questo salvarti non può.

Non rimpiangi, mio giovane grullo
le nottate di quando fanciullo
non dormivi per pigliare pesci
coi boy scout della tua amata AGESCI

Non te n’è andata storta nessuna
e alla Ruota della Fortuna
con il ciuffo e con gli occhialoni
ti sei fatto un bel po’ di milioni

La torinese Margot recupera quindi anche il ritornello dialettale della Badoglieide. In seguito scriverà anche una Boschieide per Maria Elena Boschi, sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio tra il 2016 e il 2018, ma il brano è meno conosciuto e molto meno diffuso.

Margot Galante Garrone

La Salvineide di Alice “Uli” Protto si inserisce quindi come ultimo anello di questa catena virtuosa; come il testo di Margot, recupera episodi conosciuti nella biografia del protagonista, in chiave satirica. Ma il tono complessivo del testo è grave, e riflette il momento in cui è stata scritta: poco prima della elezioni del parlamento europeo, con la affermazione del partito di Salvini che intercetta la maggioranza dei voti in Italia.

Ecco infine il testo integrale de La Salvineide: una lirica brillante e efficace, intelligente perché spiritosa, che recupera perfettamente lo spirito della canzone di protesta popolare. Un raffronto comparato delle strofe evidenzia una filiazione diretta da La Badoglieide senza intermediazione di Margot: per esempio l’attacco di diverse stanze è lo stesso in Revelli e in Uli, come tutte quelle ch einiziano con “Ti ricordi…” assenti nella cantautrice torinese. Inoltre, a differenza della Renzieide, in questo caso il ritornello dialettale è omesso; ma esattamente come nell’originale di Revelli e nella variazione di Margot, ci sono richiami all’attualità, alla cronaca e alla biografia politica dello spregiudicato leader leghista. La ballata si inserisce perfettamente nel solco della tradizione sarcastica/politica della moderna canzone di protesta, e contiene anche tour de force linguistici che, pur mantenendo il pregio della sintesi che è essenziale in un testo cantato, scintillano come camei di puro piacere alle orecchie dell’ascoltatore amareggiato. Buon ascolto: e questa risata lo seppellirà!

LA SALVINEIDE

O Salvini, o Matteo Salvini
ingrassato da Facebook Littorio,
col tuo amico Feltri Vittorio
tutto il giorno a postare fake news

Ti ricordi quand’eri ragazzo
e partecipavi al Pranzo è Servito?
A Mengacci parlavi svampito
e facevi un gran bel figuron.

Ti ricordi quand’eri studente
fuoricorso e mai laureato
sempre il papi ti ha foraggiato
e hai scansato alla grande il lavor.

Ti ricordi del Celodurismo
quando a Umberto baciavi le mani
morte ai negri e ai meridionali
con in mano l’ampolla del Po.

Chi ti chiama “Mio Capitano”
quando scrive fa pianger la Crusca
quanta voglia di prender la ruspa
e far quel che vuoi far tu coi Rom

A Giussano giocavi alle bocce
mentre in mare crepavan bambini,
ma che importa ci sono i quattrini
e si aspetta la grande occasion.

L’occasione infine è arrivata,
è arrivata il primo di Giugno
al Governo col tuo brutto grugno,
ti sei messo a far il dittator.

Gli squadristi li hai perdonati,
gli antifascisti li vuoi in galera,
la camicia non era più nera
ma il fascismo restava il padron.

Era tuo quel Luca Traini
che a Macerata sparò agli africani
i tuoi amici son dei fasci infami
di Forza Nuova e di Casapound

Più nemmeno il furto di Zorro
Può spiegare le tue abiette scelte
Non ti bastan più neanche le felpe
per rispondere all’umiliazion

Noi crepiamo senza lavoro,
senza futuro per noi e i nostri figli
ma non crederci tanto imbecilli
da lasciarci di nuovo fregar.

Se Silvio ci ha rotto le tasche
tu, Salvini, ci hai rotto i coglioni;
pei leghisti e pei vecchi cialtroni
in Italia più posto non c’è.

Se Silvio ci ha rotto le tasche
tu, Salvini, ci hai rotto i coglioni;
pei fascisti e pei vecchi cialtroni
in Italia più posto non c’è.

Per chi vuole approfondire:

Su “La Badoglieide“; e sempre sullo stesso sito, sulla genesi di “Bella Ciao”: Canzoni contro la guerra

2 pensieri su ““La Salvineide”. Sulla genesi della canzone popolare di protesta

  1. Pingback: La Salvineide, canzone contro Salvini che spopola sul web - Veronulla

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