di FRANCO RICCIARDIELLO
È vero, nei miei testi c’è molto misticismo, molta religione, molto mito, passi di Bibbia, riferimenti ai Veda, alla Kabbalah, e sì, certo, c’è molta psichedelia, tutto quello che ha a che fare con la vita interiore mi interessa moltissimo, sono influenzato dal romanticismo tedesco, Hoffmann su tutti, dal surrealismo, dal realismo magico, ma anche da musicisti come Lennon o i Pink Floyd. Sono interessato a qualunque cosa faccia esplodere la testa e le percezioni, bisogna andare nel muso agli archetipi junghiani, sfidarli sul loro terreno, che è quello della sincronicità, a volte addirittura della schizofrenia. Non si può uscire da questo se si lavora seriamente su certi temi, e non c’entra solo il fatto che Pynchon, uno scrittore postmoderno fortemente influenzato dalla psichedelia, sia tra i miei punti di riferimento assoluti: il fatto è che il mio principale interesse è la sostanza della realtà, ma intesa nel senso più ampio possibile. Le visioni, i sogni, sono realtà. Quella che chiamiamo comunemente ‘realtà’ non è che la superficie delle cose. La vita allucinatoria è vera quanto la vita “reale”.
Mircea Cărtărescu
Tentare un’analisi di questa mastodontica opera di Cărtărescu, scrittore romeno nato nel 1956 e più volte indicato come possibile premio Nobel, è una sfida complessa e affascinante, proprio per la stessa natura dell’opera: oltre millecinquecento pagine nell’edizione italiana Voland, testo originale scritto a mano, per accumulazione progressiva, senza un progetto iniziale e senza revisione in corso d’opera, è strutturato come labirinto di ricordi personali, ricostruzioni di fatti reali e di trasfigurazione fantastica, intorno a una serie compatta e limitata di immagini-simbolo che assumono funzione di mitologia letteraria.
La struttura di Abbacinante è quindi un viaggio progressivo dalla visione alla realtà, anche la struttura a farfalla costituita dai tre volumi è al servizio di tutto questo. È però importante ricordare che non è un libro pensato a tavolino, se non nei suoi tratti generali. So che sembra incredibile, ma per fortuna ho i taccuini per provarlo: ho scritto tutti e tre i volumi a mano, senza editing e senza fare più schemi in corso d’opera, insomma quella che si trova nei libri è sostanzialmente la prima bozza, a parte la revisione e qualche taglio occasionale. Si tratta del frutto di un flusso ispirativo continuo, lento ma costante, quasi medianico, a metà tra il fare poesia in prosa e la scrittura automatica. Ogni mattina rileggevo l’ultima pagina fatta e procedevo, lentamente, seguendo l’onda e sforzandomi soprattutto di tenere legati i fatti e le chiavi simboliche.
Intervista di Vanni Santoni, Berlino 2015