«Terminus Radioso»: il post-esotismo di Antoine Volodine

Volodine è divenuto sempre più un oggetto sì misterioso, ma anche maggiormente letto, diffuso, adorato (quasi ovunque tranne che in Italia, dove soltanto il coraggio di alcune case editrici indipendenti ha reso possibile la lettura del suo lavoro). […] L’eversione romanzesca – se è lecito usare un’espressione tale – di Volodine non passa attraverso un avanguardismo generico e sbiadito, ma attraverso uno smottamento tellurico delle strutture narrative consuete, utilizzando un linguaggio elegante e tutto sommato lineare – salvo irruzioni sciamaniche di delirio eppure abbastanza sorvegliato – entro uno sguardo narrativo che anzitutto si propone di trovare una via di uscita dalla prosa di quota maggioritaria.

Filippo Polenchi, Sonnambulismo sovietico: Terminus Radioso di Antoine Volodine, Le parole e le cose2, 27 luglio 2017

Il caso dello scrittore francese Antoine Volodine e del post-esotismo, la corrente letteraria da lui fondata, è tra i più singolari nel panorama postmoderno internazionale. Sulla scia di Fernando Pessoa, ma solo fino a un certo punto, l’autore francese di origine russa ha creato intorno a sé una selva di eteronimi, raccontati poi nel romanzo Scrittori (2010): nomi che suonano come se provenissero dall’immensa area ex-sovietica e biografie inventate, un po’ come in La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño, benché a sfogliare i cataloghi delle case editrici, quattro di questi “scrittori” risultino autori a tutti gli effetti, con tanto di bibliografia. Il principale di questi eteronimi «in guerra contro l’universo capitalista e le sue innumerevoli ignominie» è Antoine Volodine stesso, che ha al suo attivo venti titoli tra il 1985 e il 2019; le sue pubblicazioni si intersecano con una serie di titoli apparsi dietro gli altri tre eteronimi: Elli Kronauer (cinque titoli in due anni, tra il ’99 e il 2001), Manuela Draeger (quattordici titoli, ancora “in attività”), infine Lutz Bassmann con cinque titoli. In totale, 44 pubblicazioni in 35 anni, tutte ascrivibili a Volodine stesso: una produzione notevole che si inscrive in un vasto programma editoriale. Finora sono stati tradotti in Italia sei titoli con il nome Volodine e uno come Manuela Draeger.

Il narratore tenta di scomparire. Si nasconde, delega la propria funzione e la propria voce a uomini di paglia, a eteronimi che farà esistere pubblicamente in sua vece. Uno scrittore di paglia firma i romånsi, un narratore di paglia orchestra la finzione narrativa, integrandosi al suo interno.

Antoine Volodine, Scrittori

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«Non sono riuscito a cambiare niente»

di FRANCO RICCIARDIELLO

«Ho parlato con disperata energia del diritto che la rivoluzione ha sulle nostre vite. Allora non disprezzavo ancora, come adesso, le parole.»

V.B.ŠKlovskij, La rivoluzione e il fronte

Ho da tempo maturato la convinzione che i libri siano, nella grande maggioranza dei casi, più interessanti di chi li ha scritti. Mi ostino a frequentare presentazioni librarie, che mi confermano la grande disparità tra l’umanità dell’autore e  il carattere del libro, come se gli scrittori infondessero la parte migliore di sé nella letteratura, permettendosi poi una vita ordinaria. Beninteso, non che questo sia negativo: se è la fiction la vera vita di uno scrittore, e la sua biografia un dato trascurabile, allora Vive la différence!

Questo effetto è ancora più evidente per gli autori del passato, dei secoli in cui la letteratura non era un’industria culturale ma una delle occupazioni delle classi alte, degli intellettuali e dei chierici.  Prendiamo un esempio invece più vicino a noi. Prendiamo Viktor Šklovskij, il critico russo che è tra i padri del formalismo, la cui Teoria della prosa (О теории прозы, 1925) è un testo fondamentale nella teoria della letteratura, soprattutto per il concetto di straniamento (остранение). Se cerchiamo una sua foto nella rete, lo scopriamo calvo e elegante, con vestito nero e papillon, e siamo autorizzati a immaginarlo in cattedra, in aule polverose, mentre brufolosi studenti universitari sostengono un esame cercando di ignorare la sua espressione disgustata per le castronerie che è costretto a ascoltare.

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