Io e Lei (4)

Franco Ricciardiello e la Scrittura

Quarta puntata del racconto sul mio rapporto con la scrittura. Il presente post riproduce la seconda parte della mia prefazione a una antologia di miei racconti: contiene il periodo centrale degli anni Novanta, quello che precedette la mia partecipazione al Premio Urania con “Ai margini del caos”.

continua dalla terza parte


Io e lei, parte II

(da Compagno di viaggio. Dieci racconti di fantascienza di Franco Ricciardiello, Marco Cordero editore, Genova, Giugno 2015)

In quegli anni dovetti constatare un fenomeno non proprio piacevole, almeno per me: ricevevo molte richieste di materiale da fanzine di ogni tipo, segno che il mio nome era ormai conosciuto nell’ambiente; qualsiasi cosa inviassi ai curatori veniva accettata senza richiesta di modifica, fossero raccontini già editi dieci anni prima, fondi di cassetto oppure pezzi scritti apposta. Decisi di mettere alla prova questo atteggiamento acritico, e partecipai sotto pseudonimo a un concorso letterario bandito addirittura dalla redazione di Intercom! Il racconto, intitolato Adriana, superò le selezioni per arrivare nella rosa dei finalisti.Siccome facevo parte di questa giuria finale, detti al mio racconto un voto medio-basso; arrivò comunque terzo classificato e uscì sul numero 136/137 di Intercom, nel 1994. Roberto Sturm però mi smascherò perché conosceva bene il mio stile di scrittura. Santoni fece comunque uscire il racconto con lo pseudonimo che avevo scelto io, Valeria Colombo.

Intercom n. 136/137 contiene il mio racconto “Adriana” pubblicato sotto pseudonimo

Quasi in contemporanea, Sturm e io giocammo lo stesso tiro a Cristiano Cascioli, inviandogli un racconto scritto a quattro mani che apparve su Baliset con lo pseudonimo Roberta Ricci: Cascioli però non sospettò nulla finché non glielo rivelammo. Il racconto si intitolava Quando c’era il mare, frase che trassi da un verso di Sergio Endrigo.

Le bibliografie di Valeria Colombo e Roberta Ricci continuarono per qualche tempo: insieme a Sturm e Santoni partecipai a un romanzo collettivo Cronache dei giorni sintetici, ma non avevamo un’idea complessiva del progetto e pubblicammo solo una prima parte. La carriera letteraria di Valeria Colombo invece continuò fino al 1996 con due racconti su Diesel Extra (Henriet sapeva dello pseudonimo) e sulla fanzine palermitana Terminus curata da Emiliano Farinella.

Entro la metà degli anni Novanta pubblicai su numerose fanzine, praticamente tutte quelle che non avevano la medesima posizione ideologica di Enrico Rulli: la romana Algenib di Fabrizio Frattari, la barese Future Shock di Antonio Scacco, L’Eterno Adamo di Mario Leoncini, e poi ancora Gli occhi di Medusa, Nettezze Arcane, Cybola, Oltre, Fanzine, Itaca.

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Io e Lei (2)

Franco Ricciardiello e la Scrittura

Continuo a pubblicare il lungo racconto sul mio rapporto con la scrittura che riprende, nella sua pare iniziale, un intervento pubblicato sulla fanzine Intercom, dietro invito di Danilo Santoni, nel 1989: Io e lei, dedicato al rapporto personale con la fantascienza.

Il post stavolta riproduce la seconda metà di quel primo intervento, e racconta gli anni dal 1985 sino a fine decade, con le prime affermazioni nel campo della fantascienza, e i primi sostanziali riconoscimeni, quelli che ti incoraggiano a continuare.


Io e Lei: Franco Ricciardiello e la fantascienza (parte II)

(da Intercom n. 105/106, 1989)

continua dalla prima parte

Il Premio Letterario città di Montepulciano con il suo milione di lire di primo premio faceva gola a tutti. Era il gennaio 1986 e avevo bisogno di un racconto per partecipare. Ancora una volta lo scrissi in una settimana, influenzato dalle mie letture sulla guerra di Spagna, da un libro fotografico del Touring Club, dal trench blu aviazione di una ragazza che frequentava con me un corso di spagnolo e dal ricordo di una finlandese dai capelli color del lino conosciuta più a nord del Circolo polare artico. Il titolo del racconto, Tutti i miti dell’Ebro, può essere fuorviante perché la narrazione si svolge a Córdoba. E, coincidenza, proprio mentre mi trovavo in viaggio a Córdoba mi raggiunse la notizia (per bocca di mio fratello) che mi ero piazzato secondo, che Prassi aveva portato a casa per me un attestato con la firma di Moravia (che fa sempre impressione sui genitori) e una targa di velluto e alluminio con il mio cognome scritto correttamente. L’assegno di cinquecentomila lire ci permise di acquistare la nostra prima automobile.

Considero a tutt’oggi [1989, NdA] questo racconto come il mio migliore, soprattutto per i seguenti motivi: 1) perché, come ho già detto, lo scrissi di getto, quasi senza cambiare una parola; 2) perché volevo creare per me una Spagna che ritenevo di non poter visitare quell’anno; 3) perché è il più politico dei miei racconti; 4) perché rappresenta la sessualità nel modo che mi è più congeniale; 5) per quel trench blu aviazione e quei capelli di lino; 6) perché trovo che luoghi come la Porta del Perdono e il Patio degli Aranci abbiano suoni ben più fantastici che Minas Tirith o Cimmeria; 7) perché per la prima volta usai in modo sistematico il dizionario dei sinonimi; 8) perché sono riuscito (mi pare) a scrivere venti cartelle con una trama pressoché inesistente, con un tempo soggettivo frantumato fra il passato, il presente e il futuro che alla fine mi ha lasciato in mente solo una sensazione di stagnazione, d’immobilità e fatalismo che mi pare rappresentino emblematicamente la letteratura odierna di fronte al tramonto culturale dell’occidente.

Nel frattempo il romanzo La rocca dei Celti era stato accettato dagli amici della Cooperativa Ambra, cui io stesso mi unii, e previa modifica di un capitolo si diede il via alla pubblicazione. Il secondo romanzo da me scritto abortì, perché avevo affrontato un tema troppo ampio per le mie forze: l’influenza della filosofia politica ed economica di John Locke su una società mondiale in cui la proprietà statale è suddivisa tra i cittadini a mezzo di azioni[i].

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