L’importante è cominciare

Nella primavera del 1994 scrissi per la fanzine Intercom un pezzo dal titolo L’incipit, nel quale, oltre a spiegare qualche nozione di creative writing sull’importanza del primo paragrafo di un racconto, o della prima pagina di un romanzo, proponevo ai lettori un piccolo quiz: dieci incipit ‘celebri’ della fantascienza, con la domanda: a quale romanzo di quale autore/autrice appartiene questo incipit?
Piergiorgio Nicolazzini, che oggi è tra i maggiori agenti letterati in Italia con la sua agenzia PNLA, e che in quegli anni collaborava con l’Editrice Nord, mi propose di riprendere il pezzo, di scegliere dieci nuovi incipit e di pubblicarlo sul COSMO SF, il bollettino gratuito che la casa editrice inviava a chiunque ne facesse richiesta, con una tiratura di decine di migliaia di copie.
Ne venne fuori il pezzo che segue, uscito sul numero 5/1994 (anno XXIII) di COSMO SF; vinsi il Premio Italia per il miglior articolo su pubblicazione professionale alla XXI Italcon a San Marino, nel 1995.


Non importa se lunga o breve, nel momento in cui inizia, una storia stabilisce un patto implicito con il lettore, lanciandogli dei segnali sul piano emotivo e intellettuale, ai quali egli decide di rispondere facendosi coinvolgere nella lettura. E in questo modo si attua il processo della narrazione. Ecco perché allora…

L’importante è cominciare

Nell’articolo che segue, Franco Ricciardiello, esamina la funzione e il rilievo che l’incipit assumeall’interno della narrativa fantastica e di fantascienza, dove la riflessione sulle tecniche narrative e sulla pratica della scrittura creativa si intreccia a un sottile e divertente gioco letterario. Ed è proprio un gioco quello che proponiamo ai nostri lettori alla conclusione dell’articolo.

L’INCIPIT

di Franco Ricciardiello

Quasi sempre, nel giudicare se un romanzo valga la pena di essere letto, ci lasciamo condizionare dalle primissime parole che appaiono sulla prima pagina. Può non essere giusto, è persino possibile che ci lasciamo sfuggire un capolavoro per il disinteresse provocato dalla frase iniziale, eppure avviene: per questo è importante dal punto di vista dell’ autore curare attentamente l’incipit di ogni opera di narrativa, lunga o breve che sia.

In un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa nell’ottobre del 1993, Mario Baudino così scrive a proposito del libro Incipit nel quale Fruttero e Lucentini hanno raccolto 756 celebri “attacchi” di romanzi: «gli attacchi spesso ci dicono già tutto, contengono nella propria energia nascosta il libro intero, o a volte solo l’intenzione di metterei fuori strada, di ingannarci, di prepararci una sorpresa».

L’inizio, dunque, come specchio dell’opera letteraria; ma anche come passaggio propedeutico alla narrazione. Malgrado sia opinione comune ritenere la narrativa esclusivamente un’arte creativa, soprattutto gli aspiranti autori dovrebbero prendere consapevolezza del fatto che scrittori non si nasce, bensì si diventa. Ben vengano dunque i numerosi manuali di “scuola per scrittori” e i corsi di creative writing che cominciano a diffondersi in Italia.

Ronald B. Tobias, autore de I temi e le strategie, vede determinati passaggi obbligati per l’incipit:

  • 1. Definizione del personaggio (o dei personaggi a piccoli gruppi) in modo che il lettore prenda confidenza;
  • 2. Definizione dello spazio di ambientazione;
  • 3. Inizio dell’azione, in modo che il lettore si trovi immediatamente coinvolto nella vicenda.

Consideriamo da questo punto di vista il seguente incipit:

Il giorno seguente, per ragioni ignote, si verificò un improvviso aumento di attività nelle torri di osservazione. La cosa cominciò durante la seconda metà della mattinata, e verso mezzogiorno, quando Renthall uscì dall’albergo per andare a trovare la signora Osmond, sembrava aver raggiunto il suo culmine. La gente se ne stava alle finestre e ai balconi, da un lato e dall’altra della strada: bisbigliavano eccitati tra loro, dietro le tende, e indicavano in su, verso il cielo.

J. G. Ballard, “Essi ci guardano dalle torri”

Possiamo immediatamente rilevare che il brano contiene in una manciata di righe:

  • l. Il nome di due personaggi;
  • 2. La citazione di una serie di coordinate spaziali (albergo, torri, finestre e balconi, il cielo) e temporali (mezzogiorno, mattino);
  • 3. L’azione del protagonista che esce per andare a trovare la signorina Osmond.

Inoltre, si intuisce nebulosamente (e questo stimola a continuare la lettura) che le torri si trovano in cielo.

Tecnicamente, si tratta di un incipit perfetto. D’altronde, Ballard sembra padroneggiare magistralmente la tecnica:

In seguito Powers aveva pensato spesso a Whitby e agli strani solchi che il biologo aveva scavato, presumibilmente a caso, su tutto il fondo della piscina vuota. Lunghi sette metri circa e profondi due centimetri e mezzo, formavano un elaborato tracciato simile a un ideogramma cinese che lo aveva tenuto impegnato tutta l’estate.

J.G. Ballard, “Le voci del tempo”

Provate, per curiosità, a ripetere con questo secondo brano il gioco di individuazione degli elementi indicati da Tobias. Vedrete che entrambi gli attacchi contengono un differimento dell’antefatto per immergere da subito il lettore nell’azione della vicenda.

Confrontate ora i precedenti brani di Ballard con il seguente:

Le voci esistono in un vuoto. 1/ vuoto non ha colore. Non è neppure buio. Esistono figure informi nel vuoto. Ci sono rumori muti. Ci sono vortici e pressioni, torsioni e strette. Le voci colmano le fratture del nulla. Le voci sono impazienti. «Dove?» chiedono. «Dove … ?»

Keith Roberts, “I tre volti del futuro”

Vi sembra un attacco che possa stimolare a continuare la lettura?

PER UN INCIPIT CHOC

Ansen Dibell, autrice di La trama, fornisce un consiglio pratico sul momento in cui scrivere l’inizio di una storia: «Per quanto riguarda l’inizio della vostra storia, cioè le parole che danno l’avvio al testo, è meglio aspettare quando sarete molto avanti nel corso della narrazione» (pag. 19), e ancora «prima avviate l’azione, poi fate un salto a ritroso per mostrare lo stato normale delle cose». Franco Gaudiano, nel suo recente Manuale di scrittura creativa, sembra perfettamente d’accordo quando affronta in un apposito capitolo la questione dell’incipit: «Non è data una regola fissa sul dove o sul come iniziare un racconto, ma esiste una tendenza sempre più marcata ad attaccare in medias res, nel mezzo della cosa o dell’azione. Si vuole stimolare immediatamente il lettore».

Diamo un’occhiata, ad esempio, a questo brano ormai celeberrimo:

Misero un segugio esplosivo sulle tracce di Turner a Nuova Delhi, sintonizzato sui suoi feromoni e sul colore dei capelli. Lo raggiunse in una strada chiamata Chandni Chauk, e si lanciò verso la sua BMW noleggiata, fra una selva di gambe nude e brune e ruote di tassì a pedale. Il nucleo era costituito da un chilogrammo di esogene ricristallizzato e TNT in scaglie.

William Gibson, Giù nel ciberspazio

Ad essere sinceri, non è che Gibson si abbassi in seguito a spiegare l’antefatto: si limita a scaraventare il lettore nella vicenda in modo che non prenda fiato.

Continuiamo con questo suggerimento di Ansen Dibell: «[iniziare direttamente in media res] significa cominciare la vera azione in coincidenza con, o persino durante, il primo conflitto o confronto che si presenta nella storia» (pag. 21). Se questo concetto vi sembra troppo radicale, gustate quello che segue: «Provate a pensare a una situazione nella quale sia coinvolto il vostro protagonista che possa guidare direttamente al confronto o alla risoluzione finale. Attenzione, non un’idea, non una descrizione, ma una situazione. Un’azione drammatica con qualche tipo di contrasto pertinente a quello che seguirà» (pag. 22).

Ed eccovi l’immancabile esempio tratto dalla sterminata casistica della narrativa di fantascienza:

Dopo un ‘oziosa discussione con il disinfestatore che veniva una volta al mese a irrorare l’esterno della sua casa nella sezione Ruxton di Baltimora, William Sterog rubò una tanica di Malathion, un veleno insetticida mortale, dal camion dell’uomo, e uscì una mattina presto, seguendo il percorso del lattaio del quartiere, e versò quantità medio-grandi in ogni bottiglia lasciata sui gradini di settanta case. Dopo sei ore dall’azione di Bill Sterog, duecento tra uomini, donne e bambini morirono tra convulsioni e dolori.

Harlan Ellison, “La bestia che gridava amore al cuore del mondo”

Vi sono tuttavia altri modelli di incipit, e mi sembra giusto citarli. L’inizio ad effetto, per esempio, sensazionalistico:

Benché io stia scrivendo questo nell’anno 1877, sono noto solo nel 1921. Né le date né i tempi verbali sono errati; lasciatemi spiegare.

Ward Moore, Anniversario fatale

Un simile incipit tuttavia costringe l’autore a mantenere le promesse durante la narrazione, e per non deludere il lettore deve venirne fuori una storia davvero sensazionale. Lo stesso effetto di straniamento, come un pozzo gravitazionale che risucchia il lettore, è quello di un romanzo di Christopher Priest:

Avevo raggiunto l’età di seicentocinquanta miglia. Al di là della porta chiusa i membri delle corporazioni si stavano radunando per la cerimonia durante la quale sarei diventato apprendista. Era un momento importante, che mi comunicava un senso di eccitazione e di ansia allo stesso tempo, il momento decisivo, culminante, della vita che avevo condotto fino allora.

Christopher Priest, Mondo alla rovescia

L’autore mette subito in chiaro che il romanzo non è ambientato nel nostro stesso universo: infatti il trascorrere del tempo in questa civiltà si misura nella distanza percorsa dalle città durante la loro traslazione sulla superficie del pianeta di Helward, il “mondo alla rovescia” del titolo.

Ecco un paio di esempi che sono diventati dei classici citati ovunque (soprattutto quello di Gibson):

Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.

William Gibson, Neuromante

C’era una volta un marziano che si chiamava Valentine Michael Smith.

Robert A. Heinlein, Straniero in terra straniera

È stato recentemente tradotto in Italia dall’Editrice Nord un romanzo il cui in cipit si avvia a diventare ugualmente leggendario:

– Entro cinque anni, il pene sarà obsoleto disse l’addetto alle vendite.

John Varley, La spiaggia d’acciaio

Come nella migliore tradizione (se è vero che sbagliando si impara), eccovi anche alcune chicche negative:

Il frastuono era cessato. Il fumo si levava in sottili volute grigie sopra la terra torturata, le staccionate divelte e i peschi smozzicati dalle cannonate. Il silenzio, se non la pace, scese per un istante dove gli uomini si erano scagliati gridando l’uno contro l’altro, spinti da un odio atavico, e avevano lottato fino all’ultimo sangue, prima di cedere, esausti.

Clifford D. Simak, La casa dalle finestre nere

– Attenzione, c’è un mutante laggiù!
AI grido d’allarme, Hugh Hoyland si abbassò, facendosi più piccolo possibile. Un proiettile metallico a forma d’uovo colpì la parete d’ac-ciaio a un centimetro dalla sua testa, con una forza capace di fracassargli il cranio.

Robert A. Heinlein, Universo

L’incrociatore di seconda classe Invincibile, la più grande unità in forza alla base della Lyra, stava attraversando il quadrante esterno della costellazione, su traiettoria fotonica. Gli ottantatré uomini dell’equipaggio giacevano addormentati nel tunnel d’ibernazione del ponte centrale.

Stanisław Lem, L’invincibile

C’è da sbadigliare. È come se gli autori non avessero riflettuto abbastanza sull’importanza di un buon attacco.
Ad esempio, secondo la tipologia di Tobias di cui abbiamo parlato sopra, soltanto il brano di Lem definisce lo spazio di ambientazione, mentre solo Heinlein si preoccupa di riportare il nome del personaggio. Sia Lem che Simak non fanno neppure un tentativo di introdurci all’azione. In Universo, si capirà solo dopo un certo tempo che l’azione è ambientata a bordo di una astronave. C’è da aggiungere che il brano di Lem è perfettamente in linea con la freddezza dell’intera narrazione, volutamente impersonale.

Vorrei inoltre segnalare la falsa poesia di un incipit forzatamente sdolcinato come solo Ray Bradbury sa costruire:

In primo luogo era ottobre, un mese eccezionale per i ragazzi. Non che tutti i mesi non siano eccezionali. Ma ce ne sono di buoni e di cattivi; come dicono i pirati. Prendete settembre, un mese cattivo: cominciano le scuole. Considerate agosto, un mese buono: le scuole non sono ancora incominciate. Giugno, senza dubbio, giugno è il migliore di tutti, perché le porte delle scuole si spalancano e settembre è lontano un miliardo di anni.

Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno

Mi rendo conto che la maggior parte degli autori italiani si inchinerebbero con ammirazione di fronte a questo esempio di prosa lirica, ma provate a meditare, mettendo a confronto lo zucchero di Bradbury con l’agrodolce di Sturgeon:

Sorpresero il bambino sotto le gradinate dello stadio del liceo, mentre stava facendo qualcosa di disgustoso, e lo espulsero dalla scuola elementare, che si trovava dall’altra parte della strada, e lo mandarono a casa, coprendolo di vergogna. Il bambino, allora, aveva otto anni. E faceva quella cosa disgustosa da molto tempo.

Theodore Sturgeon, Cristalli sognanti

Ecco l’antidoto a Bradbury! Il lettore non può fare a meno di continuare a leggere, attratto da quella promessa di morbosità; e quando scopre che la cosa disgustosa che fa Horthy Bluett è mangiare formiche, non può che ammirare il colpo da maestro dell’autore.

ALTRI ESEMPI

Il seguente esempio ci dipinge invece immediatamente un’atmosfera esistenziali sta:

L’esaurimento nervoso di Horselover Fat cominciò il giorno in cui ricevette la telefonata di Gloria, con cui gli chiedeva se avesse del Nembutal. Lui le domandò perché lo volesse, e lei rispose che aveva intenzione di uccidersi.

Philip K. Dick, Valis

A volte, anche la citazione di un luogo familiare può aiutare il lettore ad introdursi nella narrazione. L’esempio che segue punta subito il dito sul sobborgo di Londra in cui si svolge la vicenda nominando una stazione ferroviaria:

Lo sconosciuto giunse ai primi di febbraio, in un giorno invernale, venendo dalla brughiera attraverso il vento pungente e la fitta neve, l’ultima nevicata dell’anno. Proveniva, a quanto sembrava, dalla stazione ferroviaria di Bamblehurst, reggendo nella mano infilata in un grosso guanto una piccola valigia nera.

H. G. Wells, L’uomo invisibile

L’effetto di calamitare l’attenzione del lettore può essere ottenuto anche con lo straniamento prodotto da un linguaggio inconsueto, graffiante, persino violento:

Quando Moby Dick si svegliò un mattino dai suoi sogni inquieti, si trovò trasformato, nel suo letto di fuchi, in un mostruoso Ahab. Uscendo a stadi successivi dal grembo fradicio delle lenzuola, entrò barcollando in cucina e riempì d’acqua una teiera. C’era lisciva nell’angolo degli occhi. Mise la testa sotto il rubinetto e lasciò che l ‘acqua fredda gli scorresse intorno alle guance.

Harlan Ellison, “Alla deriva appena al largo delle isolette di Langerhans, ecc.”

L’importante, per la riuscita dell’effetto, è la consapevolezza dell’autore. Ursula K. Le Guin arriva a rendere un vivido realismo quotidiano con la ripetizione di luoghi comuni della comunicazione orale (realismo che servirà a rendere più “fantastico” il successivo svolgimento della narrazione):

– Cassiere al sette! e via, di nuovo tra le casse, a scaricare i carrelli, le mele tre per ottantanove, gli ananas a pezzetti in offerta speciale, mezzo gallone al due per cento, settantacinque, quattro e uno fa cinque, grazie, dalle dieci alle sei per sei giorni la settimana; e lui se la cavava bene. Il direttore, un uomo di limatura di ferro e di bile, si complimentava per la sua efficienza. Gli altri cassieri, più anziani, sposati, parlavano di baseball, di football americano, d’ipoteche, di ortodontisti.

Ursula K. LeGuin, La soglia

L’effetto opposto (straniamento spaziale e culturale) è ottenuto con la citazione di luoghi palesemente immaginari:

Quando Konrad Arflane si trovò senza una nave da comandare, lasciò la città-crepaccio di Brershill e si avventurò con gli sci attraverso l’immenso pianoro di ghiaccio, con l’intenzione di decidere se dovere vivere o morire.

Michael Moorcock, Il veliero dei ghiacci

Tutto ciò non significa che, nell’atto di cominciare un racconto, occorra cominciare a scrivere quelle che saranno le prime parole: un incipit più “meditato”, magari suggerito da un passaggio che sarà ripreso più avanti nella narrazione (e quindi scritto in precedenza), può aggiungere un tocco di originalità alla struttura del racconto. Cesare Segre, nel saggio “Il tempo curvo di Garda Màrquez”, ci parla dell’importanza fondamentale dell’ incipit nella struttura di questo romanzo dell’autore colombiano: «Il romanzo inizia […] con un anticipo […] e questo anticipo costituirà una formula ricorrente» (pag, VI). «Questi giri, più o meno ampi della ruota del tempo, hanno la funzione primaria di accennare, all’inizio di un ciclo vitale, alla sua conclusione, così che il presente sia anche già percepito nella prospettiva di passato che gli darà il futuro» (pag. VII).

Ma come superare il temibile blocco dello scrittore che sembra talvolta impedire al pensiero di coagularsi sul foglio di carta (o sullo schermo del PC)? Ancora Franco Gaudiano, nel suo manuale, azzarda una risposta che suggerisco tuttavia di prendere con beneficio di inventario, in quanto come regola potrebbe non essere di validità generale: «[…] un trucco semplice ed efficace per superare il bloc-co dello scrittore. Usare una qualsiasi parola d’avvio che nulla abbia a che vedere con l’argomento da trattare. […] Cavalcare alla ricerca di un legame sarà poi certamente più produttivo che non starsene lì a pensare a vuoto» (pag. 20).

Per terminare, è con vero piacere che riporto un brano di Gabriel García Márquez che, pur non figurando all’inizio di Cent’anni di solitudine, merita l’onore della citazione per la forza di sintetizzare in poche righe la vicenda di uno dei protagonisti che occuperà in seguito centinaia di pagine di narrazione:

Il colonnello Aureliano Buendia promosse trentadue sollevazioni armate e le perse tutte. Ebbe diciassette figli maschi da diciassette donne diverse, che furono sterminati l’uno dopo l’altro in una sola notte, prima che il maggiore compisse trentacinque anni. Sfuggì a quattordici attentati, a settantatre imboscate e a un plotone di esecuzione. Sopravvisse a una dose di stricnina nel caffè che sarebbe bastata ad ammazzare un cavallo. Respinse l’Ordine del Merito che gli conferì il presidente della repubblica. Giunse a essere comandante generale delle forze rivoluzionarie, con giurisdizione e comando da una frontiera all’altra, e fu l’uomo più temuto dal governo, ma non permise mai che lo fotografassero. Declinò il vitalizio che gli offrirono dopo la guerra e visse fino alla vecchiaia dei pesciolini d’oro che fabbricava nel suo laboratorio di Macondo. Malgrado avesse sempre combattuto alla testa dei suoi uomini, l’unica ferita se la produsse lui stesso dopo aver firmato la capitolazione di Neerlandia che mise fine a quasi venti anni di guerre civili. Si sparò un colpo di pistola nel petto e il proiettile gli uscì dalla schiena senza ledere alcun centro vitale. L’unica cosa che rimase fu una strada di Macondo intitolata al suo nome. Ciò nonostante, secondo quanto dichiarò pochi anni prima di morire di vecchiaia, nemmeno questo si aspettava il mattino in cui se ne andò coi suoi ventun uomini a riunirsi alle forze del generale Victorio Medina.

Franco Ricciardiello

BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE CITATE

I dati bibliografici delle opere citate si riferiscono alla prima e alla più recente edizione italiana (con ulteriore indicazione di ogni altra diversa traduzione e di eventuali edizioni pubblicate dall’Editrice Nord) con l’unica eccezione dell’opera di H. G. Wells, di cui viene riportata l’edizione da cui è tratta la citazione. Salvo esplicita indicazione, le citazioni sono riprese dal- la prima edizione riportata.

Si ringrazia per la consulenza Ernesto Vegetti.

J. G. Ballard, “Essi ci guardano dalle torri”, (“The Watch-Towers”, 1962), tr. Hilja Brinis, in Essi ci guardano dalle torri, “Urania” 371, Milano, Mondadori, 1965; tr. Hilja Brinis, in Carlo Fruttero e Franco Lucentini, a cura di,Il quarto libro della fantascienza, Torino, Einaudi, 1992.

J. G. Ballard, “Le voci del tempo”, (“The Voices or Time”, 1960), tr. Abramo Luraschi, Robot, 18, settembre 1977; rpt., tr. Lidia Lax, in Incubo a quattro dimensioni, “Oscar “ 842, Mondadori, 1978; rpt. tr. Abramo Luraschi, in Isaac Asimov e Martin H. Greenberg, a cura di, Le grandi storie della fantascienza: 1960,  “Classici Urania” 181, Mondadori, 1992.

Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno, (Something Wicked This Way Comes, 1962), tr. Remo Alessi, “Galassia” 82, Piacenza, La Tribuna, 1967; “BUR” 276, Milano, Rizzoli, 1978.

Ansen Dibell, La trama, (Plot, 1988), tr. Silvia Padulazzi, “Corso di scrittura creativa”, Milano, Editrice Nord, 1992.

Philip K. Dick, Valis, (Valis, 1981), tr. Delio Zinoni, in La trilogia di Valis, Milano, Interno Giallo/Mondadori, 1993.

Harlan Ellison, “La bestia che gridava amore nel cuore del mondo” (“The Beast That Shouted love at the Heart of the World”, 1968), tr. non indicato, Fantascienza, 3, [Ciscato], ottobre 1976; rpt. tr. Roberta Rambelli, “La bestia che gridava amore al cuore del mondo”, in Isaac Asimov, a cura di,I Premi Hugo 1955-1975, “Grandi Opere” 4, Milano, Editrice Nord, 1978, 1986; rpl. in Isaac Asimov, a cura di, Le grandi storie della fantascienza. Premi Hugo 1969-1972, “Oscar Fantascienza” 118, Mondadori, 1994. La citazione è nella traduzione di Roberta Rambelli.

Harlan Ellison, “Alla deriva appena al largo delle isolette di Langerhans: latitudine 38” 54’ N, longitudine 77” 00’ 13’ O” (“Adrift Just Off the Islets of Langerhans: latitude 38° 54’ N, longitude 77° 00’ 13’ W”, 1974), tr , Roberta Rambelli, in Isaac Asimov, a cura di, I Premi Hugo 1955-1975, cit.; tr. Nicoletta Vallorani, “Le isolettc di Langerhans”, in Byron Preiss, a cura di, Il ritorno dell’Uomo lupo, Milano, Interno Giallo/Mondadori, 1994.

Carlo Fruttcro e Franco l.ucentini, Incipit, Milano, Mondadori, 1993.

Franco Gaudiano, Manuale di scrittura creativa, “Corso di scrittura creativa” 7, Milano, Editrice Nord, 1993.

William Gibson, Neuromante, (Neuromancer, 1984), tr. Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli, “Cosmo Oro” 80, Milano, Editrice Nord, 1986; rpt. tr. riv., “Narrativa” 36, Editrice Nord, 1993.

William Gibson, Giù nel ciberspazio, (Count Zero, 1986), tr. Delio Zinoni, “Altri Mondi” [18], Milano, Mondadori, 1990; rpt. “Urania” 1179, Mondadori, 1992.

Robert A. Heinlein, Universo, (Orphans of the Sky; 1963), tr. non indicato, “Urania” 378, Milano, Mondadori, 1965; rpt. tr. Antonangelo Pinna, in Robert A. Heinlein, Universo – Fanteria dello spazio La Luna è una severa maestra, “l massimi della fantascienza” [6], Milano, Mondadori, 1984.

Robert A. Heinlein, Straniero in terra straniera, (Stranger in a Stranger Land , 1961), tr. Lucia Morelli, “SfBC” [101, Piacenza, La Tribuna, 1964; rpt . tr. Roberta Rambelli, “Cosmo Oro” 28, Milano, Editrice Nord, 1977; edizione «integrale» (1991), tr. Marco Pinna, “lperFICTION”, Milano, Interno Giallo/Mondadori, 1994. La citazione è nella traduzione di Roberta Rambelli.

Ursula Le Guin, La soglia, (The Beginning Piace, 1980), tr. Roberta Rambelli, “SF Narrativa d’Anticipazione” 27, Milano, Editrice Nord, 1981; rpt , “Narrativa” 20, Editrice Nord, 1991.

Stanisław Lem, L’invincibile, (Niezwyciezony, 1964), tr. Renato Prinzhofer, “Cosmo Argento” 36, Milano, Editrice Nord, 1974; rpt. “Oscar Fantascienza” 39, Milano, Mondadori, 1983.

Gabriel García Márquez, Cent ‘anni di solitudine, (Cien años de soledad, 1967), Milano, Feltrinelli, 1978; rpt., Mondadori, 1983.

Michacl Moorcock, Il veliero dei ghiacci, (The Ice Schooner, 1969), tr. Roberta Rambelli, “Galassia” 163, Piacenza, La Tribuna, 1972.

Ward Moore, Anniversario fatale, (Bring the Jubilee, 1953), tr. Beata della Frattina, “Urania” 141, Milano, Mondadori, 1956; rpt. tr. Marzio Tosello, “Classici Urania” 115, Mondadori, 1986. La citazione è nella traduzione dell’estensore del presente articolo.

Christopher Priest, Mondo alla rovescia, (lnverted World, 1974), tr. Marisa Caramella, “Sigma “ l, Milano, Moizzi, 1975; rpt. tr. Maria Luisa Caramella [sic, ma nella medesima traduzione], “Cosmo Oro” 113, Milano, Editrice Nord, 1990.

Keith Roberts, I tre volti del futuro, (The Inner Wheel, 1970), tr. Gianni Montanari, “Galassia” 202, Piacenza, La Tribuna, 1974.

Cesare Segre, “Il tempo curvo di García Márquez”, in I segni e la critica, Torino, Einaudi, 1969; rpt , come introduzione a Cent ‘anni di solitudine, Milano, Mondadori, 1983.

Clifford D. Simak , La dalle finestre nere (Way Station, 1963), tr. Beata della Frattina, “Urania” 351, Milano, Mondadori, 1964; rpt “Classici Urania” 176, Mondadori, 1991.

Theodore Sturgeon, Cristalli sognanti, (The Dreaming Jewels, 1950], tr. Tom Arno, “Urania” Milano, Mondadori, 1953; rpt , tr. Ugo Malaguti, “Classici della fantascienza” Bologna, Libra Editrice, 1973; rpt. “Cosmo Oro” 62, Milano, Editrice Nord, 1984; rpl. tr. Nicoletta Vallorani, in Theodore Sturgeon, Cristalli sognanti Nascita del superuomo I figli di Medusa Venere più X, “I massimi della fantascienza” [23], Mondadori , 1990. La citazione è nella traduzione di Ugo Malaguti.

Ronald B. Tobias, I temi e le strategie, (Themeand Strategy, 1989), tr. Carla Della Casa, “Corso di scrittura creativa” 4, Milano, Editrice Nord, 1992.

John Varley, La spiaggia d’acciaio, (Steel Beach, 1992), tr. Enzo Verrengia, “Cosmo Argento” 250, Milano, Editrice Nord, 1994.

H. G. Wells, L’uomo invisibile, (The Invisible Man, 1897), tr. Mario Monti, in La Macchina del tempo – L’isola del dottor Moreau L’uomo invisibile, “Oscar Fantascienza” 89, Milano, Mondadori, 1990.


Copyright @ 1994 by Franco Ricciardiello. Apparso originariamente in forma diversa in Intercom, 134-135, primavera 1994. Si ringraziano l’autore e i responsabili di Intercom per la gentile collaborazione.
Copyright ©1994 by Editrice Nord

Nella pagina seguente proponiamo adesso un gioco ai nostri lettori: siete in grado di indovinare il romanzo da cui sono tratti gli incipit che seguono? Scrivete esattamente l’autore e il titolo dell’opera negli appositi spazi, staccate la pagina e speditela a: Editrice Nord, via Rubens 25, 20148 Milano.

Molti sono i romanzi e i racconti che possono vantare un incipitoriginale, brillante ed efficace, che cattura l’attenzione e si fissa indelebilmente nella memoria. Per accrescere la varietà di esempi sul modo migliore per iniziare un’opera narrativa e costituire una sorta di guida ideale che possa diventare oggetto di nuovi spunti di riflessione teorici e pratici, vi invitiamo a segnalare nell’apposito spazio il vostro incipit “ideale”, o semplicemente preferito, quelli che giudicate più efficace Q che vi è rimasto impresso nella memoria (naturalmente devono riferirsi ad opere di narrativa fantastica, fantascienza, fantasy, horror, ecc. e deve trattarsi di un’opera pubblicata professionalmente, con esclusione quindi di testi inediti e, ovviamente, degli esempi citati nell’articolo e nel questionario). Per l’ incipit che intendete segnalare, indicate l’autore, il titolo dell’opera e (possibilmente) l’editore. Pubblicheremo sul Cosmo SF gli incipit più interessanti fra quelli che i lettori saranno riusciti a rintracciare, oltre alle soluzioni di quelli qui sotto proposti.

Numero 1

Il corriere appoggia la fronte contro strati di vetro, argon, plastica anti-proiettile. Osserva una cannoniera sorvolare la città a media altezza, come una vespa cacciatrice, la morte appesa sotto il torace in un liscio baccello nero.
Qualche ora prima alcuni missili sono caduti in un sobborgo settentrionale; settantatré morti, ancora nessuna rivendicazione. Ma qui, sulle ziggurat coperte di specchi lungo il viale Lazaro Cardenas, scorre la carne luminosa dei giganti, urlando la sua litania di sogni notturni alle avenidas in attesa: gli affari come al solito, il mondo non finisce questa sera.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 2

Ormai ciascuno sa come trovare dentro di sé il significato della vita.
Ma l’umanità non è sempre stata così fortunata. Meno di un secolo fa gli uomini e le donne non avevano un facile accesso alle scatole di rompicapi che sono dentro di loro.
Non sapevano nominare neppure uno dei cinquantatre portali dell’anima.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 3

Farò il mio rapporto come se narrassi una storia, perché mi è stato insegnato, sul mio mondo natale, quand’ero bambino, che la Verità è una questione d’immaginazione. Il più solido dei fatti può soccombere o prevalere, a seconda dello stile in cui è esposto: come quel bizzarro gioiello organico dei nostri mari, che si fa più brillante quando una donna lo indossa e, indossato da un’altra, sbiadisce, si fa opaco e diventa polvere. I fatti non sono più solidi, coerenti e rotondi, e reali, di quanto non lo siano le perle. Entrambi, però, sono sensibili.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 4

Era una fresca, limpida giornata d’aprile e gli orologi segnavano l’una. Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al rigore del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell’ingresso agli Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia entrasse con lui.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 5

Alle tre e trenta della notte del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò diede inizio agli squilli dei videofoni.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 6

La moglie lo aveva stretto fra le braccia, come per tenere la morte lontana da lui. Egli aveva esclamato: «Mio Dio, muoio!  Si era aperta la porta ed egli aveva visto, fuori, un dromedario gigantesco, aveva udito tintinnare i sonagli dei finimenti sfiorati dal vento caldo del deserto. Poi una enorme faccia nera sotto un gran turbante nero era apparsa nel riquadro. L’eunuco nero era entrato nella stanza come una nuvola, con una scimitarra smisurata in pugno. Il Distruttore dei Piaceri, il Dissociatore. La morte era giunta.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 7

Era un’età dorata, un’epoca di grandi awenture, di vita intensa e di morte crudele… ma nessuno lo pensava. Era un futuro di fortuna e di rapina, di saccheggio e di furto, di cultura e di vizio… ma nessuno lo ammetteva. Era un’epoca di estremi, un affascinante secolo di mostruosità… ma nessuno l’amava.
Tutti i mondi abitabili del sistema solare erano occupati. Tre pianeti e otto satelliti e undici milioni di milioni di abitanti brulicavano in una delle epoche più eccitanti che fossero mai esistite, eppure tutte le menti desideravano ardentemente tempi diversi, come sempre.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 8

La ragazza dalle lunghe gambe era l’alfa e l’omega, il principio e la fine racchiusi e intrecciati indissolubilmente nello stesso involucro. L’operazione cominciò quando gli apparve su una spiaggia della Florida, facendo crollare la sua euforia; e terminò quando la rintracciò in una scritta, sopra una tomba, vicino a una cisterna  nabatea. Il balzo tra questi due punti fu enorme.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 9

C’è l’oro, Wayne, polvere d’oro dappertutto! Svegliati! Le strade d’America sono tutte pavimentate d’oro!
In seguito, quando attraccarono l’Apolio al molo abbandonato della Cunard, nella parte più bassa di Manhattan, Wayne ricordò, con rinnovato divertimento, l’eccitazione di McNair. Il giovane capotecnico, testardo ma solitamente timido, gesticolava scompostamente e la barba risplendeva come una lanterna accesa.

                                                                                                                                                               Soluzione:

Numero 10

Mentre percorre a mezzanotte la Quinta Strada, Spofforth comincia a fischiettare. Non conosce il titolo del motivo, e non ci tiene a saperlo. È un motivo complicato, e lo fischietta spesso, quando è solo. È nudo fino alla cintola, e scalzo; indossa soltanto un paio di calzoni khaki; sente sotto le piante dei piedi la vecchia pavimentazione sconnessa. Sebbene cammini al centro dell’ampia strada vede intorno a sé alti ciuffi d’erba, dove il marciapiedi si è incrinato e spezzato da molto tempo e attende riparazioni che non verranno mai.

                                                                                                                                                               Soluzione:

L’ incipit che vorrei segnalare è il seguente:

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