Valerio

Non avrei voglia di scrivere questo. Ancora troppo forte è l’amarezza. Sento però di dovertelo.

È strano che nel pensare a te, sia prima che dopo quel 18 aprile, mi tornino alla mente soprattutto ricordi di noi due in Francia: noi autori italiani di Urania, Masali e il sottoscritto, ci arrivammo grazie allo straordinario successo oltralpe del tuo Eymerich. Ci siamo conosciuti però in Italia, a Torino, in occasione di un ritrovo di appassionati. È soprattutto a te, oltre che a Lippi, che devo la mia vittoria al premio Urania: fosti tu a importi su quanti nella giuria, come Curtoni, ritenevano che Ai margini del caos fosse fuori standard rispetto alla collana da edicola, e che meritasse altro tipo di collocazione editoriale. Ma riuscisti a convincerli che rimandarlo a altra destinazione equivaleva a non pubblicarlo. Mi restituisti, e l’ho ancora, la copia dattiloscritta che leggesti tu, con la tua calligrafia che dice Intelligente, ben scritto, avvincente, e il voto: 9.

Perché tutti questi ricordi francesi? Il tuo seguitissimo incontro con i fan a Nancy, la sala piena di giovani, e tu che spiegavi in un francese dall’accento spigoloso, ma dal vocabolario estremamente preciso, il fascino del tuo inquisitore, che definisti un véritable fasciste. Le camminate notturne per le vie di Nantes, la città di Jules Verne, insieme a Masali, Lippi, Nicolazzini. Il congresso al parco multimediale Futuroscope a Poitiers, quando durante una pausa dei lavori uscimmo per andare a vedere sullo schermo IMAX del parco l’edizione in francese di eXistenZ di Cronenberg. Quella volta che sulla Rive Gauche a Parigi mi presentasti Cesare Battisti, che al tempo era conosciuto come scrittore di polar perché nessuno ricordava la sua condanna all’ergastolo, e poi a ora di cena tu e Masali ci seminaste perché il vostro editore Doug Headline non voleva offrirla anche a Nicolazzini; allora noi due andammo a cena insieme a Giuseppe Lippi, che nei vicoli del Quartier Latin si fece catturare dal canto di sirena di una donna bellissima all’ingresso di un ristorantino egiziano, solo che all’interno a servirci c’erano solo camerieri baffuti e sudati che correvano tra i tavoli con enormi vassoi di cous cous.

Ricordavi ogni cosa, eri attento a ogni particolare. Aiutavi chiunque, anche l’ultimo, sconosciuto esordiente. Alla premiazione di un concorso a Torino dove non ti presentasti, mi consegnarono una targa da farti avere, ma non l’hai mai voluta: eri per il materialismo storico, però ti interessavano più le persone e le idee che i riconoscimenti formali.

Ecco. Non avrei avuto voglia di scrivere questo. Oggi ho visto una foto scattata al tuo funerale: la cassa di legno posata in terra, il cuscino di fiori freschi, le bandiere rosse sotto la pioggia. Non avrei mai voluto scrivere questo.

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