Franco Ricciardiello, LUNGO LE STRADE CHE VANNO DA REIMS A PARIGI. Francesco Ricciardiello alla battaglia di Bligny, 130 pagine, € 10,00, autopubblicazione disponibile su Amazon
Nonno Francesco, che tutti chiamavano con il diminutivo napoletano, Ciccio, aveva già 74 anni quando nacqui io. Morì nel 1970, quando io ne avevo nove. Non ho molti ricordi di lui. Viveva a Mugnano di Napoli, dove mio padre è nato, io in Piemonte, dove mio padre mise su famiglia.
Il poco che sapevo di lui veniva da mio padre Benito, ottavo di dodici figli. Raccontava che suo padre aveva fatto la Grande guerra, che per lui era finita una settimana più tardi perché era stato inviato in Francia con il contingente italiano, dove aveva combattuto agli ordini di Peppino Garibaldi, nipote di Giuseppe; durante una battaglia nel bosco di Bligny, in fiamme, del suo battaglione sarebbero scampati solo in due, lui e un altro.
Mi misi in testa di verificare se i fatti tramandati da mio padre, un po’ reali e un po’ fantastici, trovassero conferma in documenti ufficiali; trovai subito riscontri incredibilmente aderenti agli scarni dati che ricordavo.
Quella che noi italiani chiamiamo “battaglia di Bligny” è in realtà un episodio della colossale Seconda battaglia della Marna, combattuta nel 1918 a nordest di Parigi. A questo scontro partecipò un corpo d’armata italiano, inviato a combattere a fianco dell’alleato francese, e che fu investito dall’offensiva tedesca a sudest di Reims, in un bosco che si trova presso l’abitato di Bligny.
Tre quarti dei caduti di tre interi anni di guerra, nel 51° reggimento di fanteria cui apparteneva nonno Francesco, morirono il 15 luglio 1918 sul fronte della Marna. Lo scontro sulla montagna di Bligny, e poi nei boschi intorno al fiume Ardre, fu un inferno. I battaglioni erano accerchiati, senza viveri né acqua, senza medicinali per i feriti; furono bombardati con proiettili esplosivi e gas velenosi, senza potersi nascondere in trincee che non esistevano, e quando terminarono le munizioni, dovettero difendersi con contrattacchi alla baionetta. Incendiarono il bosco per fermare i tank tedeschi.
Giuseppe Ungaretti, che combatteva nella stessa divisione di nonno Francesco, scrisse la sua poesia più famosa, Soldati, nel bosco di Bligny:
Si sta
come d’autunno
sugli alberi
le foglie
Lo scrittore Curzio Malaparte, ufficiale degli Arditi nella stessa brigata di nonno Francesco, scrisse anni più tardi il poema I morti di Bligny giocano a carte.
Un’ altra estate è tornata,
sciami d’insetti ronzano nell’aria dolce,
e i morti giocano a carte nell’ombra verde
del Bois des Eclisses, del Bois de Courton,
sul pendio di Marfaux e di Nanteuil la Fosse,
lungo le strade che vanno da Reims a Parigi:
morti italiani
morti tedeschi
morti inglesi
morti francesi e senegalesi
Mi sono domandato per quale ragione la terribile storia della battaglia nel bosco non sia oggi patrimonio di tutta la famiglia; il mio stimolo di partenza è stato solo quello scarno ricordo, “solo due sopravvissuti del mio battaglione”, che non contiene, non può assolutamente contenere il senso della drammatica esperienza in Francia. E non può essere soltanto la distanza temporale, la perdita di efficacia del racconto nel passaggio di padre in figlio: deve essere qualcos’altro di più profondo, connaturato non all’esperienza vissuta ma alla capacità di raccontarla.
Tra coloro che hanno vissuto la stessa storia, chi è arrivato al racconto scritto (Malaparte, Ungaretti) aveva la padronanza della lingua per farlo. Come avrebbe potuto un contadino piccolo proprietario, seppure alfabetizzato, possedere i vocaboli per comunicare il terrore, l’attesa, la prossimità della morte?
Non credo con questo scritto di restituire la parola a mio nonno, troppo tempo è passato e l’esperienza si è trasformata nell’ombra di un ricordo; ma voglio comunque tentare di dare la parola a chi in pratica non la ottenne mai.