Oggi 14 luglio, voglio celebrare l’anniversario della data scelta come inizio della Rivoluzione francese riproponendo il mio romanzo Termidoro, pubblicato cinque anni fa da Delos Digital e ancora presente nel catalogo: una storia a capitoli alterni ambientata metà nel futuro prossimo (2088) e metà nel 1794, l’anno della “dittatura giacobina” del Comitato di salute pubblica.
Franco Ricciardiello

Fine 2088, le aspettative di vita sono enormemente allungate, in Europa le classi più anziane detengono saldamente le leve del potere. Parigi si prepara per celebrare il trecentesimo anniversario della presa della Bastiglia. La multinazionale Dàxuéshì Xīhăi, principale partner commerciale della Sorbona, vuole produrre per l’anniversario della Rivoluzione un lungo reality show nel quale i vincitori di un concorso si troveranno a interagire virtualmente nei luoghi e nel tempo della rivoluzione: la presa della Bastiglia, l’Assemblea costituente, eccetera. Questo è possibile grazie alle possibilità offerte dalla scienza e dalla tecnologia di viaggiare attraverso il tessuto spaziotemporale per inviare nel passato minuscole telecamere in grado di restituire un flusso quantistico di informazioni: immagini tridimensionali, suoni, odori. Il filosofo Renoir, docente universitario, è l’ispiratore della Gioventù Dorata, un gruppo di dissidenti che organizza nelle catacombe di Parigi concerti musicali e cerimonie segrete. Renoir pretende una maggiore responsabilità di governo per i più giovani; per mettere i bastoni tra le ruote al potere, progetta un film-verità alternativo al reality ufficiale su uno dei momenti cruciali della rivoluzione: la caduta di Robespierre e la fine della dittatura montagnarda. Incaricato delle riprese è il protagonista del romanzo “Termidoro”, Massenzio Manns, uno studente italiano che frequenta il corso di Cinematografia alla Sorbona. Renoir riesce a assicurarsi la sua collaborazione come operatore grazie all’influenza di Aïcha, studentessa della sua stessa età e attivista animalista. Ma Renoir ha anche un ambizioso progetto parallelo: riportare alla luce, dalle catacombe dove sono stati gettati, i resti mortali di Maximilien Robespierre per dare loro sepoltura, in modo da fare pubblicità al progetto di film-verità.
La trama parallela a capitoli alterni presenta gli avvenimenti filmati da Massenzio con la telecamera quantistica, su incarico di Renoir.
Durante gli ultimi giorni di luglio 1794, il Termidoro del calendario repubblicano, i rapporti di potere all’interno del gruppo dirigente rivoluzionario si sono logorati. Robespierre, Saint-Just e Couthon sono ai ferri corti con una parte del Comitato di Salute pubblica e con gli ex-Terroristi della Convenzione, che temono di essere messi sotto accusa per gli eccessi nella repressione. I loro nemici, che d’ora in poi saranno conosciuti come “termidoriani”, si coalizzano e votano a sorpresa la destituzione e l’arresto dei robespierristi, ma la reazione popolare riesce a liberarli. I capi montagnardi sono irresoluti, i termidoriani riescono a trascinare la guardia nazionale a occupare il Municipio e farli prigionieri. I seguaci di Robespierre vengono giustiziati in massa. Sarà la fine del momento più radicale della Rivoluzione, l’avvio della restaurazione della borghesia termidoriana.
L’incipit dei capitoli ambientati nel futuro
E che dire della sconsolante morte del marinaio Vakulinčuk? E perché questa frase continua a girare nella testa di Massenzio Manns come il ritornello di una canzone di Dalit Devi? I suoi passi battono un tempo di 4/4 per le strade del XIII, oggi è il primo giorno di Parigi finalmente libera dal traffico privato. 18 novembre 2088, mancano poco più di sei mesi al trecentesimo anniversario della Rivoluzione, ogni spazio libero della città è occupato dalle facce degli aspiranti Protagonisti, che qua in rue de Tolbiac sono alte come i frontali dei palazzi.
L’autunno apre con brevi colpi di vento le falde del carlango blu petrolio di Massenzio, e gli ricorda che deve ancora votare le condizioni atmosferiche per la settimana prossima. Come è strano vedere queste strade senza il consueto traffico di automobili private. Un grosso tram snodato di un lucido colore lavanda percorre silenzioso il centro della carreggiata, preceduto dal sottile bip-bip del segnale acustico. I Protagonisti fanno l’occhiolino dagli oled sulle sue fiancate; sullo sfondo il trambusto dei primi passi della Rivoluzione, trecento anni fa.
18 novembre 2088, Parigi è riconsegnata nelle mani dei flâneurs e Massenzio Manns è felice anche se ha solo venti anni.
E che dire della sconsolante morte del marinaio Vakulinčuk?
Massenzio solleva il braccio sinistro e passa le dita nella parte interna della manica del carlango. Il menu appare sul tessuto, lui sfoglia rapidamente gli indici e vota: 12° C — Tempo di Tormenta — Senza precipitazioni, poi controlla l’andamento delle scelte: solo 35% di preferenze per il cielo coperto, se continua così la settimana prossima sarà di nuovo sereno. Tanto peggio: i francesi non riescono a apprezzare l’incanto di Parigi nel clima rigido.
Un lampo abbagliante negli occhi, Massenzio ha attraversato senza accorgersi uno schermo molecolare, ma perché fluttua così basso? Alza la testa verso l’immenso rettangolo che inizia all’altezza del suo naso e termina dieci metri più in alto, in corrispondenza delle mansarde di rue de Domrémy. Una bellissima gazzella di spalle si volta di tre quarti per osservarlo quaggiù ai suoi piedi, anche se lei esiste solo dal girofianchi in su, sorride appena e gli strizza l’occhio. Tra sei mesi potrebbe essere vestita da cameriera, con cuffia di cotone e una di quelle larghe gonne che coprono fino alla caviglia, in punta di piedi dietro gli artiglieri che pigiano la polvere da sparo nei cannoni puntati contro la Bastiglia.
L’incipit dei capitoli ambientati nel passato
La mattina dell’ottavo giorno del mese di Termidoro, nell’anno II della Rivoluzione, Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre si sveglia con il fermo proposito di recarsi, per la prima volta da due mesi a questa parte, alla seduta della Convenzione nazionale.
Alle sei del mattino il sole è già alto su Parigi, l’aria è soffocante come sotto il coperchio di una casseruola. Il vecchio calendario cristiano, dichiarato decaduto nell’ottobre del 1793, oggi riporterebbe la data del 28 luglio: piena estate sulla Francia settentrionale, sereno tendente al torrido. Qualcosa di inesorabile bolle in pentola. I miasmi e il calore di rue Saint-Honoré entrano a ondate di vibrazione dalla finestra socchiusa, insieme ai consueti rumori del mattino: i cerchioni di ferro delle ruote contro l’acciottolato, le grida dei venditori ambulanti di maioliche, il brusio basso delle suppliche dei mendicanti, ancora numerosi malgrado anni di interventi assistenziali della Repubblica.
Robespierre si alza senza fatica dal materasso, si sente leggero nonostante gli angoscianti impegni della giornata. Éleonoire Duplay ha già depositato una brocca d’acqua fresca fuori dalla porta della stanza; Maximilien ne versa il contenuto nel catino smaltato per le abluzioni del mattino, un rito che considera fondamentale per la riuscita dei propositi quotidiani. Slaccia la camicia da notte e rimane a torso nudo nella sottile corrente d’aria tra la finestra e la porta socchiusa delle scale, che piacere. Si rinfresca con cura e incipria con attenzione la parrucca, la medesima che possedeva quando è giunto da Arras a Versailles cinque anni prima, sconosciuto avvocatuccio di provincia eletto agli Stati generali del regno di Francia. Rigira la parrucca sulla punta del dito e sospira di delusione: è in condizioni miserrime, infeltrita e arruffata, i capelli spezzati e consumati. Come quasi ogni giorno, si ripromette di mettere da parte quanto necessario per acquistarne una nuova. Non si illude che il suo aspetto gli conferisca qualche influenza supplementare sui deputati della Convenzione, ma nutre la convinzione che ci si aspetti da lui un rigore estremo a partire dal rapporto con se stesso, e che la sua immagine esteriore sia uno specchio virtuoso dell’immagine della Repubblica.
La parola “specchio” lo costringe a alzare gli occhi sulla lastra di vetro argentato nella cornice colorata sulla parete, alle spalle del piatto da barba. Françoise Duplay, la padrona di casa, ha acquistato questa specchiera espressamente per l’affittuario, quando il giovane giacobino di provincia si è trasferito qui tre anni fa, prima che diventasse il più illustre tribuno del club e della Convenzione. Fino dai primi giorni della sua presenza, la cittadina Duplay e le tre figlie vanno fiere del comportamento e dell’igiene corporale del pensionante. In questa epoca di condizioni igieniche terribili, di sovraffollamento epidemico nei faubourg del centro storico — più di mille abitanti per ettaro compressi in edifici sempre più alti e stretti — Maximilien Robespierre è un modello di pulizia personale, l’unico fra i 749 deputati della Convenzione nazionale a fare il bagno almeno una volta al giorno.
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Qui c’è un post di Giulia Abbate da L’arte di scrivere felici che parla di Termidoro
