Il 31 ottobre 2018 è la data d’uscita in libreria del mio Storie di Torino, terzo volume di una serie dedicata a storie di letteratura, cinema e musica in alcune città: prima Parigi (2017), poi Venezia (2017). In tutti e tre i casi ho persorso una serie di itinerari per toccare luoghi in cui sono state girate scene di film, dove sono ambientati espisodi di romanzi e racconti, dove vissero musicisti, registi e scrittori. L’itinerario è un pretesto per raccontare le trame di quei libri, i restroscena di quei film, la genesi di quella musica. Un doppio viaggio, quindi: una camminata nelle strade e nelle piazze, e una passeggiata parallela in una biblioteca virtuale, che delinea il carattere di una città così come si è formato nell’imamginario comune, a partire dalle storie che ha ispirato agli autori.
Senza l’Italia, Torino sarebbe più o meno la stessa cosa. Ma senza Torino, l’Italia sarebbe molto diversa.
Umberto Eco
Che Torino sia la meno italiana delle città d’Italia, o almeno la più europea, appare evidente allo straniero appena arrivato. Città tardiva, chiusa per secoli in un quadrilatero di mura che rappresenta una frazione minima della superficie odierna, è cresciuta con una espansione rigidamente programmata, quartiere dopo quartiere, proseguendo in lunghe linee rette la centuriazione romana del I secolo: una griglia virtuale sovrapposta a un angolo di pianura protetto dalla confluenza tra due fiumi, con un asse ruotato di 26° in senso orario rispetto al meridiano. Con il tempo, il prolungamento ad libitum delle vie raggiunge confini naturali — i fiumi, le colline, i laghi.
L’espansione di Torino intorno al Quadrilatero romano è dunque un fatto tardivo: oggi sembra incredibile che la città abbia raggiunto la riva del Po soltanto duecento anni fa, dopo la Restaurazione, quando la Francia rivoluzionaria abbatte le mura e le porte romane. La prosecuzione delle strade in linea retta, la moltiplicazione del pattern originario come se fosse uno stampo da ripetere, con l’effetto di prolungare a croce le assi del cardo (che oggi raggiunge l’ospedale Mauriziano a sud) e del decumano (a ovest lungo via Cibrario, a est fino al Po con via Verdi), è il risultato di un’espansione programmata dagli ingegneri dei duchi di Savoia nel corso del Seicento.
Il trasferimento della sede dei duchi di Savoia da Chambéry è l’evento che comporta la necessità di creare una capitale quasi dal nulla, considerate le dimensioni di Torino a quel tempo. L’espansione fisica ha coinciso con la trasformazione del suo temperamento prevalente da militare a industriale; oggi nell’era della post-industrializzazione la sua identità appare sfuggente, difficile da definire, come se non volesse mettersi in mostra.
La maggioranza delle Storie di Torino sono di autori, registi e musicisti italiani, ma si ramificano in una vasta geografia di riferimenti, a loro volta intrecciati in una quantità di direzioni. Se nella cultura italiana la città ha un posto apparentemente secondario, è un fatto contingente dovuto solo a determinati aspetti nel carattere dei suoi abitanti — una “questione antropologica”.
Questo libro racconta principalmente Storie di letteratura, cinema e musica. Per quanto riguarda la narrativa, a partire dal secondo dopoguerra c’è stata un’esplosione di ambientazioni torinesi, opera non solo di autori locali, dal momento che la notevole tradizione editoriale della città — pensiamo alla casa editrice Einaudi e al quotidiano La Stampa — ha esercitato il suo fascino anche su autori con altre origini.
Sorprendente è anche il protagonismo cinematografico della città, non solo perché Torino è la culla dell’industria cinematografica italiana, ma perché ci sono registi che la adottano come ambientazione ideale, alternativa a scenari più consueti come Roma, Milano, Venezia. Una semplice lista dei film girati in città, dal neorealismo a oggi, è un fil rouge che attraversa la storia del cinema italiano.
Più difficile invece rintracciare le Storie di musica, a parte straordinarie eccezioni (gli autografi di Antonio Vivaldi alla Biblioteca nazionale universitaria, la fondazione della Rai) perché da questo punto di vista Torino sembra chiusa in una sorta di bolla esclusiva. Così é soprattutto la musica popolare la protagonista delle sue Storie, con una particolarità sorprendente, che apparirà logica durante lo svolgimento degli itinerari: sono infatti sostanzialmente due i soggetti protagonisti delle canzoni che parlano della città, la questione sociale, e la forte impronta nell’immaginario internazionale, soprattutto anglosassone, della sindone (the shroud of Turin).
Pensavo che Torino era una città da penetrare: ogni antro, con vetrina o senza, buio o illuminato, aveva in fondo un mistero, proprio in fondo e proprio un mistero… Una città così pulita, diritta, castigata: eppure, c’era un dentro di torbido così seducente!
Rossana Ombres, “Baiadera”
Questo viaggio tra le straordinarie Storie di Torino nasce dall’incontro tra un percorso mentale — la città che porto impressa nel mio immaginario, derivata da libri letti, film visti e musica ascoltata, e la geografia reale che ho percorso, respirato, ammirato e anche fotografato nei sei itinerari di lunghezza variabile in cui il testo è diviso: la riva sinistra del Po, la collina sulla riva opposta, un terzo percorso lungo l’asse nord-sud, uno in direzione est-ovest, due intrecciati nel centro storico così denso di Storie; infine, un epilogo lungo dodici chilometri seguendo esclusivamente i portici di Torino, un percorso unico al mondo.
Il lettore può seguire passo dopo passo le mie orme, dal momento che fornisco nel testo puntuali indicazioni sulle vie da seguire, ma può anche compiere questo viaggio esclusivamente in maniera virtuale, abbandonandosi completamente alla lettura che sarà forse meno avventurosa, ma altrettanto avvincente.
Franco Ricciardiello
STORIE DI TORINO
luoghi e protagonisti della letteratura, del cinema e della musica
390 pagine Ed. Odoya 2018