di EMILIANO MARRA
Il presente post è un estratto dalla tesi di dottorato “Storia e contro-storia. Ucronie italiane: un panorama critico” di Emiliano Marra, coordinatrice prof.ssa Anna Storti, supervisore prof.ssa Sergia Adamo, anno accademico 2013/2014, Università degli studi di Trieste
[…] Tre racconti ucronici usciti negli anni Novanta rappresentano forse i testi più significativi del periodo, se si tralasciano il corpus di opere che de Turris sta preparando in questi anni per Settimo Sigillo e che apriranno la strada ad Occidente[1]. Si tratta di tre opere di Franco Ricciardiello, anch’esso autore vicino agli ambienti cyberpunk italiani, usciti in maniera irregolare su varie riviste e raccolte fra il 1991 e il 1995. Attualmente, Franco Ricciardiello è uno degli autori più importanti e originali della produzione fantascientifica italiana, sia per profondità critica che per solidità stilistica (spesso abbastanza sciatta nella produzione SF nostrana). Questi tre testi possono essere inquadrati tra le opere che danno l’avvio della produzione matura dell’autore di Vercelli, la quale culminerà con la vittoria del Premio Urania nel 1998 grazie a un romanzo non propriamente definibile come fantascientifico o ucronico (Ai margini del caos, 1998), ma che rappresenta uno degli esiti più articolati e complessi della produzione SF italiana degli ultimi anni[2]. Il secondo fra questi racconti[3], peraltro, è stato anch’esso un testo di grande successo nella microeditoria fantascientifica italiana, raggiungendo (in una piccola raccolta) il numero enorme di sessantamila copie vendute: se non fosse successivo al progetto di de Turris dell’antologia Fantafascismo! (1984) e quasi coevo al primo dei testi pubblicati da Settimo Sigillo (Gli anni dell’Aquila di Passaro, 1996), si potrebbe quasi pensare che la produzione fantafascista legata agli ambienti di estrema destra sia nata come reazione al successo di Ricciardiello. Infatti, l’autore – che in questi anni collaborerà assiduamente a IntercoM, partecipando alle due antologie online di testi ucronici – è noto per una produzione fantascientifica, se non militante, fortemente posizionata a sinistra[4], e questo fatto risulta chiarissimo a almeno due fra questi tre racconti. Un romanzo ucronico immediatamente successivo rispetto ai Margini del Caos (Einstein e la luna), verrà invece rifiutato da “Urania” e non sarà mai pubblicato[5].
Il primo di questi brevi testi che voglio considerare, Una bambola di stoffa rubata[6], è un’ucronia di cui non viene specificato il nexus event, in quanto non strettamente necessario agli scopi dell’opera. Infatti il testo, scritto per un quotidiano e ripubblicato più volte in rivista, vuole essere un ribaltamento allostorico delle problematiche dell’immigrazione dalla sponda sud verso la sponda nord del Mediterraneo: sono gli anni in cui l’Italia, per la prima volta, è soggetta a flussi migratori massicci, accompagnati dalle prime manifestazioni rilevanti di xenofobia del secondo dopoguerra. Ricciardiello delinea quindi un corrispettivo ucronico di questa situazione in cui, durante il secondo dopoguerra, l’Europa si è inspiegabilmente impoverita (infatti il POD[7] non viene delineato) e i suoi abitanti sono costretti ad attraversare clandestinamente il mare per raggiungere un nord Africa opulento e, di conseguenza, democratico (soprattutto l’Egitto). Il racconto dell’odissea di un cittadino italiano costretto ad emigrare e poi rimpatriato a forza è particolarmente vivido e descritto con uno stile privo di fronzoli retorici e di tentazioni moralistiche.
Ma e il secondo testo fra questi, Torino, ad essere estremamente importante per la presente indagine, anche perche (oltre ad essere legato all’ambientazione de Una bambola di stoffa rubata[8]) è forse il primo caso, per l’appunto, di un’ucronia italiana che descrive una società in cui il fascismo è riuscito a sopravvivere alla guerra mondiale, se si tralascia Asse pigliatutto[9] (il cui focus è la modalità di questa sopravvivenza e non il dopoguerra) e La grande mummia[10] che, per quanto notevole, è un testo umoristico lontano dai rapporti vivi con i dibattiti storiografici e filosofici a cui la narrativa ucronica è affine. Se si valuta poi lo schieramento politico di Ricciardiello, non stupisce che il suo particolare fantafascismo si concentri nella descrizione del crollo del regime negli anni Sessanta, piuttosto che nella caratterizzazione della società fascista post-bellica. Torino presenta, ad ogni modo, importanti affinità con il racconto ucronico precedente: in entrambi Ricciardiello glissa sul nexus event che ha provocato la divergenza[11] (non è dato sapere nel dettaglio come il regime sia riuscito a uscire indenne dalla guerra), inoltre in tutti e due i testi il mondo arabo risulta particolarmente progredito e democratico, soprattutto rispetto a un’Italia ancora fascista e autarchica; il terzo punto di contatto è che, nelle divaricazioni di Ricciardiello, vengono introdotti lievissimi aspetti avveniristici, pertinenti più a un immaginario prettamente fantascientifico che ucronico (la tecnologia è leggermente più progredita rispetto alla nostra).
Ad ogni modo, se le narrazioni fantafasciste prodotte negli ambienti della destra radicale hanno anche uno scopo apologetico/propagandistico, il racconto di Ricciardiello non serve a propugnare ideali e valori antifascisti (che l’autore dà per scontati), appesantendo così la narrazione con inserti pedanti e retorici: anzi, l’universo dell’Italia degli anni Sessanta in mezzo alla guerra civile e sotto l’attacco dei paesi arabi è descritto con tutte le sue sfumature di grigio, lontano da ogni forma di manicheismo ideologico. In realtà, come ammetterà lo stesso Ricciardiello nell’apparato critico della riedizione di Torino nella raccolta Saluti dal lago di Mandelbrot[12], il suo racconto si propone come un ribaltamento ucronico della prima guerra del Golfo, svoltasi negli anni immediatamente precedenti alla stesura dell’opera. Questo concetto originale e autonomo di “veicolazione di informazione compressa”, fa sì che l’ucronia di Ricciardiello sia qualcosa di estremamente particolare nel panorama complessivo del genere: raramente, infatti, i riferimenti alla realtà del lettore sono totalmente slegati, come in questo caso, dallo scenario allostorico. Il fascismo vittorioso è quindi un mero pretesto per riferirsi alla guerra in Iraq, creando così una deformazione doppia rispetto alla storia alternativa tradizionale.
Ad ogni modo, questo importante testo di Ricciardiello permette di spostare parzialmente a sinistra l’asse delle narrazioni fantafasciste italiane, aprendo così la strada a quei cicli che, negli anni Duemila, rappresenteranno una reazione narrativa all’ucronia italiana incentrata sul regime fascista, ovvero quelli di Giampietro Stocco e di Enrico Brizzi.
L’ultimo racconto che cito è forse il meno riuscito fra questa selezione, ma risulta importante perché anticipa una corrente della fantascienza ucronica che in Italia esploderà solamente all’inizio degli anni Dieci, ovvero lo steampunk. La rosa bianca di Bonaparte[13], infatti, oltre a rappresentare forse il primo caso di un’ucronia italiana incentrata su uno dei filoni più proficui della storia occidentale di queste narrazioni, ovvero i nexus event sulla vita di Napoleone, si distingue più che altro per l’individuazione di un particolare POD (anche in questo caso, non specificato, come tipico nelle ucronie di Ricciardiello) e per la descrizione di un insieme di anacronismi tecnologici che presentano tutte le caratteristiche tipiche del sottogenere in questione. Considerando che The Steampunk Trilogy di Paul Di Filippo, che dà la fisionomia attuale a questa corrente, è incredibilmente coeva a questo testo di Ricciardiello (1995, una prova ulteriore della grande originalità e indipendenza dello scrittore piemontese), si può supporre che le fonti siano le stesse di Di Filippo, magari se non Pavane di Keith Roberts (1968), sicuramente The Difference Engine (1990) di Gibson e Sterling, vista la militanza di Ricciardiello nella stessa sottocultura di questi autori statunitensi, ovvero il cyberpunk[14].
Questo breve racconto, dunque, descrive un giovane e geniale Napoleone ai tempi del Direttorio, in grado di promuovere un balzo tecnologico enorme nell’esercito della Francia repubblicana, dotandolo di rudimentali carri armati a vapore e sfruttando al massimo le scoperte di Volta nel campo dell’elettricità.
In questo, il testo presenta alcune singolari affinità con la protoucronia di Geoffroy (il Napoléon Apocryphe, 1836), anche se nel romanzo francese il grande balzo tecnologico in avanti (che, in questo caso, è avveniristico e non anacronistico) accade dopo la vittoria nella campagna di Russia e la conquista del mondo da parte di Napoleone. Ma il fatto che avvicina questo testo di Ricciardiello a quello di Gibson e Sterling è la grande retrodatazione dell’invenzione del computer: nella Francia rivoluzionaria divergente del racconto, infatti, lo sviluppo della pascalina e stato talmente consistente da anticipare persino le scoperte di Ada Lovelace e di Charles Babbage nel secolo successivo, portandole a compimento già a fine Settecento: la caratteristica più inquietante dell’esercito del giovane Napoleone sono infatti degli androidi a molla molto simili agli esseri umani e programmati con dei rulli di schede perforate. L’importanza del racconto sta tutta quindi nel suo essere a pari passo con le idee della narrativa coeva anglosassone e non tanto nella resa delle stesse, la quale presenta varie carenze di tipo logico che richiedono un’eccessiva sospensione dell’incredulità da parte del lettore (gli androidi, pur essendo dei prototipi, sono praticamente indistinguibili dagli esseri umani).
In ogni caso, questo trittico di testi risulta centrale nello sviluppo dell’ucronia italiana, soprattutto se si pensa che vengono pubblicati negli anni immediatamente precedenti al successo di Occidente. La grande diffusione di Torino, pur all’interno di una piccola antologia e nei circuiti della microeditoria, rappresenta, forse, il primo notevole riscontro commerciale, prima del caso scatenato dalla saga di Farneti.
© Emiliano Marra, 2014
[1] Marco Farneti, Occidente, Editrice Nord, 2001 [NdC]
[2] Ai margini del Caos è inoltre uno dei libri della collana ad aver venduto in assoluto più copie: «Vendite totali al 30-6-2000: in edicola 10.862, in libreria 6.405, totale 17.267; 537 copie sono state distribuite omaggio, 12.751 copie sono infine quelle immesse nel circuito remainders (rendiconto vendite Arnoldo Mondadori Editore SpA aggiornato al 206-7-2000)» [NdA]
[3] Franco Ricciardiello, Torino, in Franco Forte (a cura di), Fantasia (raccolta Millelire n. 5), Terni, Stampa alternativa, 1995. [NdA]
[4] «Importante sottolineare come l’evoluzione dello stile di Ricciardiello non intacchi minimamente i contenuti dei suoi lavori, contenuti di denuncia e forte impegno sociale. D’altronde l’autore non ha mai nascosto ne le sue idee politiche ne il suo impegno sul versante sociale. Fondamentale quanto evidente, nella sua narrativa, la componente politico-ideologica che usa quasi sempre senza retorica (salvo in qualche racconto degli esordi) e mai a sproposito. È proprio questa componente che lo contraddistingue, fin dai primi racconti che pubblica, da una produzione italiana poco restia (a parte rare eccezioni oggi fortunatamente sempre più frequenti) ad affrontare temi qualificanti ed impegnati. Purtroppo in Italia per anni ha prevalso una concezione di letteratura di fantascienza neutra, concezione sostenuta da una cultura di destra ancora oggi presente ma che mostra attualmente evidenti segni di cedimento sotto i colpi portati da autori motivati e politicamente schierati. Ricciardiello, senza dubbio, e uno degli esponenti più rappresentativi di questa corrente. Convinto assertore dell’autonomia della fantascienza italiana rispetto a quella di lingua anglosassone, si e sempre battuto con solide argomentazioni, sia dalle pagine di riviste amatoriali che professionali, a sostegno di questa ipotesi. E ogni suo racconto pesa come un macigno sopra la testa di coloro che pensano il contrario.» Roberto Sturm, Presentazione, in Franco Ricciardiello, Saluti dal lago di Mandelbrot, Milano, Delos Book, 1998, p. 5. [NdA]
[5]La pubblicazione di Einstein e la luna è prevista per l’estate 2018 presso Meridiano Zero [NdC]
[6] Franco Ricciardiello, Una bambola di stoffa rubata, La Gazzetta del Mezzogiorno, 14.08.1991.
[7] Point of divergence, punto di svolta da cui le narrazioni ucroniche separano la loro storiografia interna da quella assodata e da noi percepita come autentica.[NdC]
[8] Anche se a prima vista non è del tutto chiaro, Ricciardiello afferma come l’universo narrativo dei due racconti sia lo stesso: «Torino e Una bambola di stoffa rubata sono ambientati nella stessa ucronia: l’industrializzazione ha preso la via del medio oriente anziché dell’Europa.» Emiliano Farinella, Parlando di ucronie con Franco Ricciardiello, in Delos n. 48.[NdA]
[9] Lucio Ceva, Asse pigliatutto, Mondadori 1973.[NdC]
[10] Vanni Ronsisvalle, La grande mummia, Rusconi 1980 [NdC]
[11] Siamo nel 1966 e nel Nord Italia è scoppiata l’insurrezione coordinata dal PCI clandestino, dopo che l’invasione della Svizzera da parte del regime fascista guidato da Galeazzo Ciano (ma con Mussolini come capo di stato) ha provocato un attacco indiscriminato da parte dei paesi arabi, i quali coventrizzano Torino. La storia si svolge su piu piani temporali, ma racconta essenzialmente di un gruppo di partigiani che si rifiutano di consegnare Ciano agli alleati francesi (che hanno occupato il Piemonte) per poterlo giustiziare ed evitare che possa salvarsi grazie ai giochi diplomatici. Il punto di vista e quello di Edoardo Bertinetti, ex assistente universitario e collaboratore di Pavese passato in clandestinita: infatti, l’unico POD ad essere delineato nel dettaglio e quello sul destino di Cesare Pavese, il quale sopravvive al suicidio nel 1950 (perché non usa i sonniferi, ma si spara al cuore, mancando il bersaglio).[NdA]
[12]«Come ho già detto nella prefazione di “Con gli occhi di Lavrentij”, “Torino” è il massimo esempio di cio che intendo con “veicolazione di informazione compressa”, un esperimento letterario che ho tentato in alcuni dei miei scritti più recenti. La compressione dellinformazione dovrebbe permettere al lettore di ricevere dal testo letterario una quantità di indicazioni molto superiore a quella esplicitamente fornita dallautore; questo è possibile se la narrazione si svolge in un terreno di conoscenza comune che permette allo scrittore di veicolare informazione semplicemente citando alcuni avvenimenti che si suppone il lettore conosca a menadito. La principale “situazione implicita” nel racconto “Torino” consiste in un parallelo tra lItalia ucronica del mio 1966 e lIraq reale del 1991 (guerra del Golfo). Le analogie che dovrebbero rappresentare il “terreno comune” fra l’autore e i suoi lettori sono le seguenti: Benito Mussolini = Saddam Hussein / Invasione della Svizzera = Invasione del Kuwait / Intervento militare egiziano = Intervento militare USA / “Coventrizzazione” di Torino = Bombardamento di Baghdad / Occupazione francese intorno a Torino = Occupazione siriana di lembi di Iraq / Insurrezione comunista = Insurrezione curda e sciita.≫ Franco Ricciardiello, Saluti dal lago di Mandelbrot,Milano, Delos Book, 1998, p. 98. [NdA]
[13] Franco Ricciardiello, La rosa bianca di Bonaparte, Shining III (1995) 2. [NdA]
[14] In un’intervista rilasciata a Delos, Ricciardiello dimostra di avere una concezione della fantastoria molto più larga rispetto ai limiti della pure uchronia. Oltre a dichiarare la sua predilezione per il racconto di Gibson e Sterling, di fatto inquadra lo steampunk come una vera e propria ucronia, dichiarando maggiore interesse per le allostorie basate su una divergenza tecnologica, piuttosto che per quelle canoniche incentrate su un nexus event ben definito nella storiografia canonica. Inoltre, definisce ucronici pure alcuni suoi testi difficilmente inquadrabili come ucronie pure (ovvero Con gli occhi di Lavrentij e La scala d’oro). Del resto, i testi allostorici italiani che Ricciardiello preferisce sono quelli più marcatamente fantascientifici e non definibili come ucronie pure (Morselli nemmeno viene nominato). Probabilmente è a causa di queste ragioni che le allostorie di Ricciardiello sono prive di un punto di divergenza ben individuabile all’interno dell’universo narrativo. «The difference engine di Gibson e Sterling (La macchina della realtà, Mondadori) è forse in assoluto l’ucronia che preferisco: la macchina differenziale di Charles Babbage si è evoluta già nel XIX secolo in un computer azionato dalla forza del vapore. […] Per quanto riguarda l’Italia, voglio ricordare I biplani di D’Annunzio di Luca Masali, uno spunto veramente originale sull’aviazione italiana durante la Grande guerra, e i lavori di Pierfrancesco Prosperi: Seppelliamo Re John mi e piaciuto più di Garibaldi a Gettysburg. […] Le scoperte scientifiche e l’innovazione tecnologica sono fra i fatti storici più interessanti, e la storia economica è probabilmente la più diretta analisi delle loro conseguenze. Temo che una delle ragioni per cui le storie ucroniche vedono spesso un evento militare come origine della “biforcazione alternativa” […] sia la maggiore conoscenza dei fatti politici piuttosto che dell’influenza delle scoperte scientifiche. Vige ancora un pregiudizio abbastanza fondato: la storia è una sequenza cronologica di eventi, scandita dalle date delle battaglie, delle incoronazioni e delle scoperte geografiche. […]» Quale dei due punti di partenza ti pare più interessante? La speculazione sui fatti della politica o su quelli della scienza? «Sono fortemente tentato di rispondere “La seconda che hai detto”, anche se non si tratta di due serie di eventi scollegati. […] Con gli occhi di Lavrentij e La scala d’oro sono due ucronie atipiche: nel primo c’e una rappresentazione ipertecnologica dell’invasione nazista dell’Unione Sovietica, nel secondo l’evoluzione biologica dell’umanita ha permesso la sopravvivenza di un solo sesso, quello femminile.» Emiliano Farinella, Parlando di ucronie con Franco Ricciardiello, in Delos, n. 48. [NdA]