Hanging Rock, la pietra scartata

IL CINEMA AUSTRALIANO E IL FINALE APERTO DI «PICNIC AD HANGING ROCK»

Nell’introduzione a un prezioso e raro volumetto del 1987, The Secret of Hanging Rock, pubblicato in Australia da Angus Publishers, l’agente letterario John Taylor mette l’accento su un dato difficile da smentire: se il romanzo di Joan Lindsay del 1967 non avesse quel finale aperto che ha stimolato la curiosità dei lettori, difficilmente il regista Peter Weir e la sua produzione avrebbero deciso di acquistarne i diritti cinematografici. E siccome l’industria del cinema australiano si è praticamente costruita sopra la inusitata fortuna internazionale di quell’unico film, Taylor enuncia un paradosso: senza quell’invisibile mattone, “la pietra che il costruttore rifiuta” di biblica derivazione, non esisterebbe il cinema australiano contemporaneo. E subito suggerisce un corollario, perché in realtà il manoscritto che Joan Lindsay consegnò alla casa editrice conteneva un finale esplicito — che centinaia di curiosi appassionati si sono messi inutilmente a cercare, e che ha perfino generato un intero libro, The Murders at Hanging Rock, nel quale Yvonne Rousseau propone cinque possibili soluzioni al giallo narrativo, partendo unicamente dai dati contenuti nel romanzo (dal momento che ancora non era divulgato il possibile capitolo finale).

Vedrò di procedere con ordine. La trama innanzitutto, identica per romanzo e film: il giorno di San Valentino dell’anno 1900 una ventina di studentesse di un esclusivo collegio australiano non distante da Melbourne, si recano per il tradizionale picnic presso una formazione rocciosa isolata nella pianura. Quattro ragazze chiedono il permesso di osservare da vicino la rocca prima di tornare al collegio, ma durante l’ascesa succede qualcosa di inesplicabile. Miranda, la studentessa più ammirata e benvoluta, guida altre due compagne ancora più in alto, allontanandosi per sempre.

L’insegnante di francese dà l’allarme, e si accorge che la sua collega di matematica è scomparsa a sua volta, senza che nessuno lo notasse. Nei giorni successivi si dispiegano le ricerche infruttuose della polizia e degli abitanti della cittadina. Finalmente una settimana più tardi, la solitaria ricerca di un giovane inglese in vacanza presso parenti permette di ritrovare l’allieva Irma Leopold ai piedi di un monolite di roccia, in stato di incoscienza e parzialmente spogliata, assolutamente immemore di ciò che è accaduto.

Le ricerche riprendono, inutilmente. Si teme uno stupro di gruppo, o la morte dell’insegnante e delle ragazze in qualche anfratto della rocca. L’evento inspiegabile continua a mietere vittime: la piccola Sara Weyburne, compagna di stanza di Miranda, per esempio, e la direttrice Mrs Appleyard. Nella seconda parte, il romanzo e il film seguono trame secondarie che lasciano apparentemente in disparte il tema principale, e quando si chiude l’ultima pagina, o scorrono i titoli di coda, l’enigma rimane irrisolto.

Ricordo che quando vidi questo film, alla sua uscita sul grande schermo, rimasi profondamente colpito da alcune sequenze (l’ascesa delle ragazze guidate da Miranda verso l’Hanging Rock, che sembra preludere a un evento soprannaturale) e dal finale irrisolto — o meglio, aperto, dal momento che è risolto dal punto di vista narrativo. E questo enigma insoluto è ciò che rimane in mente allo spettatore, a distanza di anni.

Nel 1987 John Taylor, agente letterario di Joan Lindsay, pubblica The Secret of Hanging Rock, che contiene il presunto ultimo capitolo (il XVIII) del romanzo, di cui nessuno sospetta l’esistenza. Sostiene che il testo gli fu donato dall’autrice nel dicembre 1972, poco dopo la vendita dei diritti cinematografici, con l’impegno a non pubblicarlo finché lei fosse in vita. Una sorta di premio, dal momento che Taylor avrebbe indovinato la soluzione in qualche passaggio nel capitolo III, in cui si racconta l’ascesa alla rocca, non collima perfettamente; c’è una specie di ripetizione con le studentesse che raggiungono due volte due piattaforme circolari, come se l’autrice giocasse con il tempo del racconto.

Taylor sostiene che il manoscritto originale del capitolo XVIII pervenutogli è battuto a macchina, e che non esistono copie manoscritte del testo originale del romanzo negli archivi della casa editrice. Il capitolo finale sarebbe stato espunto dalla pubblicazione su richiesta dell’editore, salvo il recupero di un passaggio all’interno del capitolo III, effettuato probabilmente tagliando e incollando il frammento di carta in questione (al tempo non esistevano word processors). Joan Lindsay si sarebbe poi sempre attenuta alla versione pubblicata, ritenendola l’unica versione finale — e non a torto, considerato il successo ottenuto. Non solo: avrebbe sempre considerato illegittime e irritanti le insistenti richieste di spiegazione “autentica” provenienti dai numerosissimi fan del romanzo e, soprattutto, del film. La storia di Picnic a Hanging Rock era per lei conclusa con la versione definitiva pubblicata dalla casa editrice.

Nel tempo si è scatenata una vera e propria caccia alla soluzione di un mistero che in realtà neppure esiste, dal momento che il romanzo non è certo un mystery bensì, come evidenzia Paolo Mereghetti, una storia sul disagio di vivere, “tanto più inquietante in quanto non prevede vie d’uscita”. Primo elemento che induci in tentazione, le poche righe che l’autrice ha preposto al testo vero e proprio:

Se Picnic a Hanging Rock  sia realtà o fantasia, i lettori dovranno deciderlo per conto proprio. Poiché quel fatidico picnic ebbe luogo nell’anno 1900 e tutti i personaggi che compaiono nel libro sono morti da tanto tempo, la cosa pare non abbia importanza.

Verrebbe da pensare che questa avvertenza si possa prendere solo come una variazione sul classico “i personaggi sono di fantasia, ogni riferimento a persone reali è puramente casuale.” E invece no. Con il successo del libro, e soprattutto del film, si scatena la curiosità dei lettori a caccia di conferme sui giornali dell’epoca. Inutilmente, è ovvio. Yvonne Rousseau è stata la prima a puntare il dito su un fatto che qualsiasi calendario perpetuo avrebbe potuto evidenziare: il 14 febbraio del 1900 non era un sabato, bensì un mercoledì.

Oggi non esiste un’opinione unanime degli appassionati sull’autenticità del capitolo XVIII — i contrari pensano, evidentemente, che si tratti di una speculazione a fini di lucro di John Lindsay, che non teme di essere smentito. Io ho letto il testo così come pubblicato dall’agente letterario, con il commento di Yvonne Rousseau, e devo dire che non solo è plausibile all’interno della logica dell’autrice, ma collima perfettamente con ogni punto rimasto irrisolto, prima di tutto la ragione per cui Greta McCraw, l’insegnante di matematica, segue le allieve sull’Hanging Rock — e, aspetto non secondario, alcune anticipazioni che sembrano preludere a una spiegazione soprannaturale.

Nel suo commento, Yvonne Rousseau fa risalire infatti la soluzione di Lindsay alla concezione del soprannaturale nella cultura degli aborigeni australiani, filtrata attraverso l’occultismo di matrice europea, con un richiamo alla percezione del tempo nel mistico russo Pëtr Dem’janovič Uspenskij. Il (presunto?) capitolo XVIII inizia infatti con queste parole:

Sta accadendo adesso. Come è accaduto fin dal momento in cui Edith Horton è fuggita inciampando e urlando verso il pianoro. E come accadrà fino alla fine del tempo. La scena non cambierà mai, neppure per la caduta di una foglia o il volo di un uccello. Per le quattro persone sulla Roccia la recita avverrà sempre nel dolce tramonto di un presente senza passato. La loro gioia ed agonia saranno nuove senza fine.

Gli interessati possono leggere la traduzione integrale, opera di Roberto Mengoni, sul blog carusopascoski.  Il testo originale, con commento di Yvonne Rousseau, è rintracciabile sullo stesso sito.

Joan Lindsay, Picnic a Hanging Rock, trad. Maria Vittoria Malvano, Sellerio, 2016 ISBN 9788838915949

Joan Lindsay, The Secret of Hanging Rock, Harper Collins, Londra 2016, ISBN 978-1925416541

Yvonne Rousseau, The Murders at Hanging Rock, Sun Books 1988, ISBN 978-0725105525

 

4 pensieri su “Hanging Rock, la pietra scartata

  1. Ok, Franco, BELLISSIMO pezzo, questo! Hanging Rock è un mistero che intriga moltissimo anche me, che ne so molto di meno di te, comunque 🙂
    Il film di Weir mi piacque tanto, il romanzo l’ho letto a metà ma ero davvero piccola e non riuscii a continuarlo. Come ci arrivai?
    Avevo una malattia esantematica (o un’influenza, boh), avevo assaltato la biblioteca di mio papà divorando tutti gli Alan Ford e poi tutti i Louis L’Amour che aveva… e alla fine lui impietosito andò in edicola e mi comprò un albo nuovo, di un personaggio che non conoscevo: MARTIN MYSTERE.
    L’albo era questo: http://shop.sergiobonelli.it/scheda/7853/Almanacco-del-Mistero-1996.html
    …con una soluzione davvero pazzesca al mistero insoluto del Picnic a Hanging Rock.
    Che altro dire… grazie per questa tua disquisizione, grazie alla quale riprenderò il romanzo. E grazie per questa madeleine domenicale che mi hai fatto sperimentare ^_^
    Un abbraccio! 🙂

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    • E’ uno di quei film che quando sei giovane ti disturbano, percepisci che non è il solito Hollywood: tutta la tensione accumulata non serve a preparare il disvelamento, ma viene sviata verso altre direzioni. E rimane a lungo nella memoria, e ti viene voglia di rivederlo più volte, e forse cambia il tuo gusto: cominci a pensare che un altro mondo è possibile — non la realtà parallela che forse si può intuire dietro la scomparsa, ma un mondo in cui le domande che pone la letteratura sono più importanti delle risposte che dà il cinema.

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