«STORIE DI PARIGI» IN PUBBLICAZIONE AD APRILE.
È in corso di impaginazione presso la redazione dell’editore Odoya «Storie di Parigi», ilracconto della mia camminata nelle vie della capitale francese. Il percorso che ho seguito per toccare tutti i luoghi di interesse letterario, musicale e cinematografico, è progettato per seguire come in una collane la suddivisione in Arrondissement della città, che disegna un tragitto a chiocciola dal più esterno, il XX, al più centrale, il I.
La divisione della città in unità amministrative chiamate Arrondissement risale alla Rivoluzione (legge del 19 Vendemmiaio anno IV, 11 ottobre 1795); in origine gli Arrondissements erano dodici, ognuno diviso in quattro quartiers che ricalcavano le sezioni rivoluzionarie del 1790, abolite dopo il colpo di stato del Termidoro che portò alla caduta di Robespierre. Nel 1859, con l’ampliarsi dell’area urbana ai faubourgs limitrofi e fino alla cinta muraria, gli Arrondissements diventano 20 e raggiungono i confini odierni. L’idea del prefetto barone Haussmann, avallata dall’imperatore Napoleone III, è quella di estendere i confini della città fino alle mura di cinta: il problema è che queste includono all’interno o tagliano a metà almeno 23 comuni alla periferia della capitale. Il progetto iniziale prevede la numerazione progressiva dei nuovi Arrondissements con il primo in alto a sinistra sulla carta e l’ultimo in basso a destra; ma questo provoca un’alzata di scudi tra gli influenti notabili di Passy, che si vedrebbero attribuire il numero XIII: non per ragioni scaramantiche, ma perché nella precedente situazione di dodici unità, il modo di dire “se marier à la Mairie du XIII Arrondissement” (sposarsi al municipio del XIII) era un eufemismo per “vivere insieme senza essere sposati”. Come mediazione il sindaco dell’abolito comune di Passy propone una numerazione che segua una spirale a partire dal Louvre e fino alla periferia orientale: in questo modo il numero 13 tocca agli abitanti di un quartiere popolare, immuni da prudérie perbenista.
L’allargamento della capitale fino alle mura Thiers comporta l’abolizione di 11 comuni limitrofi e lo smembramento di altri 12; quattro di questi si trovano interamente all’interno della cerchia, e vengono assorbiti da Parigi: Belleville viene smembrato tra il XIX e il XX per ostacolare l’organizzazione della classe operaia, qui particolarmente forte; anche il faubourg Saint-Antoine, storica fucina di rivolte proletarie negli ultimi ottanta anni dalla Rivoluzione in poi, viene separato tra due Arrondissements. Sette comuni sono divisi tra Parigi (la parte all’interno della cerchia di mura) e i comuni limitrofi. Infine, la parte di altri 12 comuni interna alle mura è annessa alla capitale. In questo modo la superficie della città tra il 1860 e il 1954, quando Parigi raggiunge i limiti e i confini attuali, aumenta di oltre un terzo.
Oggi le dimensioni e soprattutto il numero dei residenti variano in maniera considerevole: il più piccolo Arrondissement come superficie è il II (Bourse, 99 ettari), il più grande il XV (Vaugirard, 848 ettari); la popolazione oscilla tra i 17.767 abitanti del I (Louvre) ai 201.975 del XVIII (Buttes-Montmartre), mentre la maggiore densità si registra nell’XI (Popincourt), 42.074 ab/km2. Ogni Arrondissement ha un proprio sindaco e un proprio municipio; i consiglieri eletti con più voti siedono anche nel consiglio comunale di Parigi.
Il mio itinerario parte dall’Arrondissement con numerazione più alta (XX, Ménilmontant) seguendo un percorso organizzato in modo da toccare i punti evidenziati nell’Arrondissement prima di passare al successivo:
XX – Ménilmontant | XV – Vaugirard | X – Entrepôt | V – Panthéon |
XIX – Buttes-Chaumont | XIV – Observatoire | XIX – Opéra | IV – Hôtel de Ville |
XVIII – Buttes-Montmartre | XIII – Gobelins | VIII – Élysée | III – Temple |
XVII – Batignolles-Monceau | XII – Reuilly | VII – Palais-Bourbon | II – Bourse |
XVI – Passy | XI – Popincourt | VI – Luxembourg | I – Louvre |
Quando muovo lungo l’avenue du Père Lachaise i primi passi della camminata che mi porterà in un itinerario a spirale attraverso tutta la città, è un grigio pomeriggio di domenica. Dietro i vetri e le verande di nylon pesante dei bistrots di place Gambetta c’è chi osserva i passanti con una tazzina di café-noisette tra le dita. Le strade sono piene di gente e tutti sembrano avere una destinazione, anche se fra di loro deve esserci qualche flâneur senza meta.
Trovo significativo che il primo a parlare seriamente del flâneur sia lo stesso autore al quale oggi attribuiamo il concetto di Modernità: è quindi difficile non iniziare da lui un itinerario nelle Storie di Parigi. Charles Baudelaire è il primo che ha la felice intuizione di mettere il camminatore solitario in relazione con l’essenza della Modernità: “Così egli va, corre, cerca. Cosa cerca? A colpo sicuro quest’uomo, così come l’ho dipinto, questo solitario dotato di un’una attiva immaginazione, che sempre viaggia attraverso il grande deserto degli uomini, ha uno scopo più elevato di quello d’un semplice flâneur, uno scopo più generale, diverso dal fuggitivo piacere di circostanza. Egli cerca questa cosa che ci permetterete di chiamare modernità, perché non c’è parola migliore per definire l’idea in questione. Si tratta, per lui, di liberare dalla moda ciò che essa può contenere di poetico nello storico, di estrarre l’eterno dal transitorio.”
Dunque il flâneur è una creazione della città moderna: la fascinazione del paesaggio urbano non può che manifestarsi agli albori della nostra era e in un agglomerato urbano percepito come stratificazione umana, storico-architettonica, culturale. Il percorso che io ho scelto è un itinerario attraverso la cultura popolare, ma probabilmente qualsiasi metropoli cresciuta lentamente, per strati successivi, si rivelerebbe adatta.
Fotografie © Franco Ricciardiello