«BABILONIA», da Erodoto, Storie, I, 180-181
Da una parte e dall’altra il muro si spinge con le sue braccia fino al fiume; di là, poi, una curva, e, lungo le due rive del fiume, si alza un muraglione di mattoni cotti. Quanto alla città, che è piena di case a tre e quattro piani, è divisa in strade diritte, tanto le parallele, quanto le perpendicolari che portano al fiume.
In corrispondenza di ciascuna strada, si aprivano delle piccole porte nel muraglione che costeggiava il fiume: tante di numero quante erano le vie fra le case. Anche queste porte erano di bronzo e portavano direttamente al fiume.
Ciascuna delle due parti della città aveva, nel suo centro, una grande costruzione: l’una il palazzo reale con un muro di cinta grande e forte, l’altra il santuario delle bronzee porte di Zeus Belo (che esisteva ancora ai miei tempi), di forma quadrangolare, ogni lato lungo due stadi.
Nel centro del sacro edificio è costruita una torre massiccia lunga uno stadio e larga altrettanto. Sopra questa torre ve ne è sovrapposta un’altra, e un’altra ancora sopra la seconda e così via fino a otto torri. Nell’ultima torre c’è un gran tempio, nell’interno del quale vi è un gran letto, adorno di bei drappi, e, accanto, è apprestata una tavola d’oro.
Nessuna statua è eretta in quel luogo; nessun essere umano passa colà la notte, soltanto un’unica donna del paese, quella che il dio ha scelto fra tutte, a quanto affermano i Caldei, che sono i sacerdoti di questo dio.
Foto © Mariella Ferrari, 2016