DALLA NASCITA DELLA MODERNITÀ AL SUO TRAMONTO: LETTERATURA, CINEMA, MUSICA.
Meno di un mese fa ho sottoscritto con la casa editrice Odoya un contratto per la pubblicazione di un libro lungo oltre un milione di battute, uscita prevista nel periodo di Pasqua 2017. Si tratta del racconto di una passeggiata autunnale di sette giorni e cinquanta chilometri nelle vie di Parigi; nasce dal confronto fra una Parigi mentale, costruita su letteratura, cinema e musica, e l’esperienza reale della città, l’avventura della camminata urbana.
In origine l’idea era quella di un itinerario di visita differente dai consueti viaggi per turismo e per lavoro: un percorso integralmente a piedi attraverso tutta la metropoli, ma senza seguire i classici tragitti trasformati in guida turistica per camminatori. Ho consultato tutta la letteratura sulla capitale francese, tutto il cinema e la musica nella mia collezione personale, e marcato sopra un plan de Paris ingrandito 2:1 ogni punto di questo itinerario nella mia Parigi mentale: spazi dell’ambientazione di racconti e romanzi, non solo della letteratura francese, legati alla biografie di scrittori, musicisti, registi, attori cinematografici, luoghi che hanno inciso sulla percezione di una Parigi “letteraria” più di ogni altra città al mondo, che da iter ideale per una formazione artistica umanista diventa luogo privilegiato per la comprensione della Modernità.
Ma come tracciare l’itinerario, con quale ordine, in che modo riprodurre l’ipertesto di una Parigi mentale? La riposta è forse implicita nella topografia di questa città smisurata? In fondo, per quanto grande possa essere la Parigi reale, sarà comunque più piccola dell’astratta Parigi intellettuale.
La mappa della capitale francese mostra una suddivisione in 20 unità geografiche di media dimensione, gli Arrondissements, che nella percezione dei parigini possiedono un’identità determinata dall’architettura, dai modi dell’abitare, dall’atmosfera. Ho elaborato un itinerario che mi permettesse di toccare in un percorso a spirale tutti gli Arrondissements, partendo dal XX alla periferia orientale e fino al I nel centro geografico della città: un tracciato centripeto a forma di spirale, complicato da deviazioni per toccare tutti i punti individuati, che disegnato sulla planimetria ha assunto un andamento caotico, frattale, una linea a chiocciola con inizio al cimitero Père Lachaise e termine sull’Île de la Cité.
Ho scelto di non mettermi nello stato d’animo dello scrittore che compie ricerche sull’ambientazione, né quello del pellegrino che si avvia verso luoghi sacri dell’arte: dopotutto, la letteratura, il cinema e la musica vivono altrove, non nei siti dove vengono concepiti, scritti, filmati. All’inizio ho pensato che l’atteggiamento migliore fosse quello del flâneur, parola che non ha un corrispettivo esatto in italiano, e indica “chi vaga senza meta nelle vie della città”. Non è flâneur per esempio chi segue un itinerario extraurbano; s’intende infatti che le sue lunghe passeggiate a piedi siano rigorosamente inscritte nel territorio urbano, preferibilmente una metropoli — e non è un caso che la flânerie sia nata proprio a Parigi.
Il primo a scrivere sul flâneur è Charles Baudelaire, in un articolo apparso nel 1863 su Le Figaro, intitolato Le peintre de la vie moderne (“il pittore della vita moderna”):
Per il perfetto flâneur, per l’osservatore appassionato, è una gioia immensa eleggere domicilio nel numero, nel mutevole, nel movimento, nel fuggitivo e nell’infinito. Essere fuori casa e sentirsi lo stesso ovunque a casa propria; vedere il mondo, essere al centro del mondo e restare nascosto al mondo, tali sono alcuni dei piccoli piaceri di questi spiriti indipendenti, passionali, imparziali, che la lingua non può che definire in maniera maldestra. L’osservatore è un principe che gode ovunque dell’incognito. L’amante della vita fa del mondo la propria famiglia, come l’amante del bel sesso si fa una famiglia con tutte le bellezze trovate, trovabili e introvabili; come l’amante di quadri vive in una società incantata di sogni dipinti su tela. Così l’amante della vita universale s’immerge nella folla come in un immenso serbatoio d’elettricità. Lo si può anche paragonare a uno specchio grande come questa folla; a un caleidoscopio dotato di coscienza, che a ogni movimento rappresenta la vita multipla e la grazia che promana da tutti gli elementi della vita.
Mi sono presto accorto però della differenza con il flâneur di Baudelaire, che non ha una meta precisa, mentre il mio itinerario era tracciato in modo da toccare una serie di punti predeterminati, anche se l’atteggiamento era il medesimo: l’uomo che vaga a piedi per le vie della città — nel mio caso, con una mappa Michelin e una fotocamera — che si aggira nella sterminata superficie abitata. La città è il vero e proprio territorio sacro della flânerie, secondo Walter Benjamin, la metropoli è la realizzazione dell’antico sogno umano del labirinto. Però il mio itinerario in questo labirinto era rigidamente determinato prima della partenza, e come si può definire un camminatore che percorre Parigi seguendo una programmazione ben determinata? Forse un non-flâneur?
Mi sono quindi reso conto che mi accingevo a un viaggio a più dimensioni: non solo nella metropoli di inizio autunno e nella mia Parigi mentale, una fitta rete di riferimenti intrecciati tra musica, storia, letteratura e cinema, ma soprattutto un viaggio nella Modernità che qui a Parigi è nata il 14 luglio 1789, con la Grande Rivoluzione, e sempre qui è morta in un’altra data arbitraria ma non troppo, il 14 giugno 1940, giorno in cui la Wehrmacht vittoriosa sfila ai piedi dell’Arc de Triomphe.
“Lo spazio si avvicina al flâneur,” scrive Walter Benjamin nei Passagenwerke, “che in nessun’altra città può trovare una risposta precisa come qui. Infatti in nessun’altra città è stato scritto di più, e qui sulle strade si sa di più che altrove sulla storia di interi paesi,” e altrove aggiunge: “Nella storia dell’umanità poche sono le cose di cui sappiamo tanto quanto della storia della città di Parigi. Migliaia e migliaia di volumi sono stati dedicati esclusivamente allo studio di questa minuscola macchia sulla superficie terrestre. Di alcune strade si conosce la sorte attraverso i secoli di quasi ogni singola casa.”