«CONTINUUM HOPPER»: RACCONTI FANTASTICI SULL’ARTE.
Oggi, sabato 15 ottobre, partecipo a Milano in occasione di Stranimondi alla presentazione di Continuum Hopper, antologia uscita nel mese di settembre presso le Edizioni Della Vigna: una raccolta di racconti (tredici autori italiani e due americani) incentrati sul rapporto tra arte visiva e letteratura; tra questi un mio inedito scritto per l’occasione, Città di porcellana, storia di un docente universitario che si è sempre espresso a favore della superiorità dell’arte astratta su quella figurativa. “L’affermazione di uno statuto dell’Arte autonomo dalla rappresentazione della realtà è un’invenzione occidentale”, è la massima che lo guida nell’insegnamento e nell’attività critica.
Due avvenimenti tuttavia sopraggiungono a sconvolgere questa sua posizione dogmatica: prima l’emozione involontaria provata dalla visione di un dipinto del giapponese Hokusai, poi le opere esposte in un vernissage organizzato dalla moglie, gallerista di professione. Il castello delle sue convinzioni crolla rovinosamente di fronte all’abisso dell’inconscio, trascinandolo in una serie di avvenimenti inspiegabili, come se avesse acquisito la sensibilità di vedere oltre il velo squarciato dell’esperienza sensoriale: una sordomuta che recita endecasillabi di Dante Alighieri, sogni di sconvolgente realismo in cui vola su una città immensa e sconosciuta, una giovane pittrice che si sveste nuda per dipingere. Per trovare risposta alla febbre che lo travolge, dovrà prendere un aereo e volare fino al cuore dell’Asia.
La letteratura di fantascienza non ha una frequentazione assidua dei territori dell’arte, anche a causa del suo peccato originale: nata da speculazioni su tecnologia e scienza, cresciuta attraverso i cliché estetici dell’avventura, si è spesso trovata in imbarazzo nel confronto con la materia artistica. Nelle immaginarie società del futuro, raramente l’espressione artistica è protagonista dell’ambientazione, che si fonda su ipotesi tecnologiche o politiche.
Nella prefazione a Continuum Hopper, Luca Ortino, curatore insieme a Gian Filippo Pizzo e Roberto Chiavini), passa in rassegna alcuni dei pochi esempi contrari; citando a caso, La grotta dei cervi danzanti di Clifford Simak, poi Theodore Sturgeon, Occhi non soltanto per vedere di Isaac Asimov, e ancora Ian Watson.
Oltre a questi testi, vorrei ricordare anche La sinfonia delle tenebre (1970) di Dean R. Koontz, la cui idea è un’innovazione scientifica nel campo della musica classica, e il lavoro abbastanza esaustivo contenuto nella Grande Enciclopedia della Fantascienza.
A ogni modo, è evidente come uno tra gli autori più attirati dall’argomento sia proprio Ian Watson: come sottolineato da Mirko Tavosanis nella presentazione di La luna e Michelangelo, tradotto e pubblicato su Intercom, nei quattro racconti dell’autore inglese da lui letti, c’è al centro della narrazione un’opera d’arte, e in tre casi su quattro quest’opera è una città extraterrestre costruita da una civiltà aliena, che vive la propria socialità come un prodotto artistico.
Mi piace immaginare che la Città di porcellana del mio racconto sia un’opera dello stesso genere.
Mirko Tavosanis, “Città, arte e natura in Ian Watson, ovvero Prolegomeni ad una lettura tematica”, Intercom, Terni, 2000
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